WUD 2014 e perché è necessario pensare all’utente per progettare

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Lo scorso 13 novembre abbiamo festeggiato la prima edizione romana deI WUD, ovvero World Usability Day, ovvero la Giornata Mondiale dell’Usabilità nata nel 2005 come iniziativa della Usability Professionals Association per garantire una più semplice usabilità dei servizi e prodotti (digitali e non) importanti per la vita umana. E’ stato un giorno speciale per noi organizzatori, per gli speaker e anche per i tanti che dalle 9 della mattina fino al tardo pomeriggio hanno affollato il parterre di Parco Leonardo, teatro della manifestazione.

Le danze sono state aperte da Riccardo Falcinelli che ha incantato la platea con il suo talk sull’importanza della grafica che si muove su media e piattaforme diverse, cercando lo specifico estetico e funzionale degli artefatti fisici e digitali.

Subito dopo è salito sul palco il nostro ospite d’onore, Vitaly Friedman, guru del responsive web design e fondatore di Smashing Magazine, il “tempio” di tutti i web designer. La lunga e bella mattinata è stata poi scandita dagli interventi di Matteo Flora, che ha fatto uno dei più bei interventi mai ascoltati in Italia sulla brand reputation, e da un rassicurante Raffaele Boiano sull’importanza dei feedback.

La sessione pomeridiana è stata introdotta da Claudia Vago che, sfidando il maltempo che nei giorni scorsi ha devastato la sua regione, è venuta a parlarci di come va costruita una campagna elettorale quando i media ufficiali non ti considerano e quando i fondi non ci sono. Sono poi seguiti gli interventi di Sara Bruno sull’importanza del coinvolgimento nella comunicazione interna di un grande Internet Service Provider italiano, della coppia Jacopo Pasquini e Simone Giomi sul ricorso alla valutazione euristica per avvicinare le aziende alla User Experience.

Dulcis in fundo uno strepitoso Stefano Dominici ha spiegato perché i test di usabilità sui prototipi cartacei sono un potente strumento per validare precocemente le scelte progettuali fatte al livello di architettura informativa, flussi di interazione e struttura informativa delle pagine. L’ultimo intervento, invece, è stato di Alessandra Petromilli sul come gestire un redesign di un progetto web responsivo, analizzando numeri e statistiche.

Vi starete chiedendo: ma perché io che non sono designer dovrei festeggiare una giornata dedicata all’usabilità e all’engagement? Questa storia potrà dare risposta alla domanda.

Esiste un palazzo alla periferia di Roma che risale agli anni Ottanta e che è stato inspiegabilmente progettato con sei gradini piuttosto ripidi che separano il portone dall’accesso alla strada. Il risultato di questa meravigliosa idea iniziale è che se siete portatori di handicap, se avete bambini piccoli, o se solo dovete trasportare dei mobili o una lavatrice, sarete costretti a portarli in spalla.

Dopo soli 30 anni l’amministratore del suddetto condominio ha finalmente deciso che era giunto il momento di dire basta ad una tale “tortura”, e ha dato il via libera per l’installazione di una rampa di accesso. Quando l’ho visto mi ha reso felice: non ho bambini, non sono portatore di handicap e non trasporto lavatrici, ma sono contento alla sola idea che nessuno deve più fare sforzi immani per questa rampa. Il problema è che quando hanno finito la rampa, c’era qualcosa di terribilmente sbagliato. Che non noti subito se non ti immedesimi in chi la rampa la deve usare.

In pratica, come avrete notato, se voglio andare dritto sul marciapiede per fare una passeggiata o accedere altrove, non posso. Devo fare il giro. Poiché sono un adorabile rompiscatole ho scritto all’amministratore che, inoltrando la questione allo studio di progettisti, ha ricevuto una risposta che suona più o meno così: abbiamo realizzato la rampa nel modo migliore per ridurre il dislivello tra il portone e il marciapiede. Probabilmente è vero, dal loro punto di vista.

Quello che non hanno invece fatto è stato immedesimarsi in uno stakeholder di questa rampa: non si sono posti il problema di tutti i possibili usi. Per loro è assolutamente ovvio che se hai una carrozzina o trasporti un mobile, devi essere facilitato ad arrivare solo alla rampa, mica avere il diritto di andare dritto passeggiando. L’importanza e la forza dell’usabilità, tuttavia, non si esaurisce in questo esempio di vita vissuta (chissà quante ne son capitate anche a voi!).

Progettazione incentrata sugli utenti e approccio olistico sono concetti utili anche per ripensare e riprogettare uno spazio pubblico

Dove pubblico non è sinonimo di “nessuno”, ma di tutti. Cosa che potrebbe aiutarci a rendere usabile questo Paese, insomma.

CARLO FRINOLLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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