Scuola, Renzi rimandato a settembre

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Non ci resta che aspettare gli esami di maturità per vedere se il premier Matteo Renzi ha davvero studiato o gli impegni presi oggi sulla scuola, nel discorso al Senato, sono solo “parole, parole, parole”, come cantava Mina.

L’ex sindaco di Firenze ha puntato sull’edilizia scolastica e sugli asili nido ma stupisce che non abbia accennato ad altre urgenze che vi sono nella scuola italiana: la necessità di dotare le aule di lavagne interattive e banda larga per supportare lezioni on-line; l’importanza dello studio dell’inglese in maniera diversa, la formazione degli insegnanti e l’eliminazione del precariato.

Il 27 marzo presso la Corte di Giustizia Europea si terrà l’udienza sulla reiterazione dei contratti a tempo determinato, oltre il termine massimo dei 36 mesi di servizio, fissato dalla direttiva europea n.70/1999.

Questo potrebbe provocare un “terremoto” in Italia con il quale il Governo dovrà fare i conti. Eppure oggi al Senato, non vi è stato un solo cenno alla questione.

Mentre negli Stati Uniti, il presidente Obama, ha annunciato ConnectED il programma (‘Initiative’) che consentirà a tutte le scuole americane di connettersi a internet ad alta velocità (banda larga) e di avere il wi-fi entro cinque anni in tutte le scuole americane, in Italia, nemmeno Renzi, ha dato un segnale di reale cambiamento in questo verso.

E non c’è bisogno di andare ogni mercoledì mattina nelle scuole, come ha promesso il premier, per comprendere lo stato della situazione italiana. Chi fa il maestro è stanco di retorica.

Renzi è convinto che per “restituire valore sociale all’insegnante c’è bisogno di un cambio di forma mentis, non di denaro, di riforme, ma solo del rispetto di chi va nelle classi e si assume su di sé il compito di essere “collaboratore della creazione della libertà”.

Troppo poco. Noi maestri abbiamo bisogno di essere formati, di avere una scuola che ci permetta di fare lezione senza usare i libri, di risorse che ci consentano di uscire dalle nostre aule, di stipendi che non siano gli ultimi della classifica in Europa. Oggi non siamo più considerati perché la scuola stessa ci considera operai alla catena di montaggio dell’istruzione.

Il premier è altrettanto certo di risolvere il problema dell’edilizia scolastica: “Abbiamo bisogno di intervenire dal 15 giugno al 15 settembre, con un programma straordinario – dell’ordine di qualche miliardo di euro, e non di qualche decina di milioni – da attuare sui singoli territori, partendo dalle richieste dei sindaci e intervenendo in modo concreto e puntuale”.

Dichiarazioni che hanno ottenuto il plauso anche di Cittadinanzattiva che da anni chiede un’anagrafe puntuale e precisa sulla questione.

Ora i casi sono due: o chi ci ha governato finora è stato un incapace o Renzi sa fare miracoli.

Va comunque dato atto all’ex sindaco di aver compreso che serve investire sugli asili nido. Secondo Eurostat nel 2009 (ultimo dato disponibile) l’Italia investiva per le famiglie con bambini e minori appena l’1,4% del Pil, una quota superiore solo a quella della Polonia e di Malta.

Renzi sembra aver chiara questa situazione quando afferma che “un bambino che non frequenta l’asilo nido ha un’occasione in meno rispetto a un suo coetaneo di un altro Paese”.

Ora attendiamo la prova del nove.

Bologna, 25 febraio 2014Alex Corlazzoli

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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