Perché nella scuola del ministro Giannini non c’è nulla di innovazione

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“Se lei fosse il Ministro della Pubblica istruzione, quale sarebbe il primo atto che farebbe?”. Quando nei dibattiti mi rivolgono questa domanda, non ho un attimo d’esitazione e affermo con convinzione: “Formazione obbligatoria per tutti i docenti e innovazione digitale”. Non è la stessa risposta che giovedì scorso, il nuovo inquilino di viale Trastevere, ha dato al Paese, presentando alla settima commissione del Senato, le linee programmatiche del suo dicastero.

Leggendo il documento presentato dal ministro, balza all’occhio che i temi della formazione e dell’innovazione digitale, non sono tra le priorità di chi governerà nei prossimi anni le politiche scolastiche. Anzi, le parole “tecnologia” ed “informatica” non sono neanche menzionate. A differenza del sostantivo “valutazione” che, per esempio, è citato undici volte su sedici pagine.

Di là dagli aspetti “statistici”, il Ministro, ha tracciato delle linee programmatiche, dove finalmente si fa riferimento all’urgente necessità di “rinnovare gli organi collegiali, garantendo la piena funzionalità dell’organo consultivo nazionale e degli organismi necessari ai diversi livelli d’intervento locale”. Così ha avuto la capacità di andare oltre l’oggi, oltre l’emergenza, per pensare ad un nuovo Testo Unico sulla scuola visto che ad oggi facciamo riferimento ancora ad una norma del 1994. Nel documento presentato, trova spazio anche l’idea di una scuola aperta al territorio e alla cittadinanza. Dopo l’epoca Carrozza, l’era Giannini torna ad “incoraggiare lo studio della filosofia, della storia dell’arte, della musica” e punta “all’alfabetizzazione motoria e sportiva”.

Di scuola digitale si parla solo a pagina 14 (non a caso verso la fine del discorso): “Una scuola che offra infrastrutture e connettività, a partire dal wi-fi all’interno degli istituti ma che sappia anche evolvere metodologie, linguaggi e contenuti della didattica.

Perché l’iPad non è solo un libro di plastica e di vetro, ma un modo completamente nuovo di scoprire, fare propri e condividere i saperi. Tutto questo tenendo conto che, per il digitale come per le lingue straniere, prima si parte e meglio è. E quindi è importante iniziare fin dalla primaria”.

Di là che sarebbe stato “politicamente corretto” parlare di tablet e non del prodotto di una società. Tuttavia, se da una parte il ministro in merito all’edilizia scolastica, a pagina sei del documento, cita numeri e dati in merito alle scuole troppo vecchie e ai finanziamenti messi a disposizione dal Governo Renzi, in questo caso, non viene dato un solo numero:

  • quante sono le scuole che hanno bisogno di avere infrastrutture digitali per poter svolgere una lezione 2.0?
  • Quante Lim vi sono nelle nostre classi?
  • Quante connesse?
  • Quanti soldi vi saranno a disposizione per l’investimento tecnologico dei nostri istituti?
  • Quanti tablet hanno i nostri ragazzi?
  • Che farà il ministro Giannini con la lobby degli editori che già fermò la Carrozza in merito alla questione ebook?

Son certo che anche l’inquilino di Trastevere conosce i dati Eurispes – Telefono Azzurro che fotografano una scuola primaria dove l’86,6% non usa mai il tablet per fare lezione e solo il 34,8% il computer.

Non è forse un’emergenza questa?

Non solo. La questione innovazione digitale deve andare di pari passo con il tema della formazione dei docenti. Il ministro dedica attenzione alla formazione dei futuri insegnanti ma non si ferma a riflettere sull’urgente necessità di istruire chi è già nel mondo della scuola, magari da anni. Anzi si torna a parlare in abbondanza di valutazione (“è il singolo capitolo che può decidere da solo se saremo in grado di dare al Paese una scuola moderna nella funzionalità e negli obiettivi”), di Invalsi ma senza formazione dei docenti è chiaro che qualsiasi Invalsi darà sempre gli stessi risultati. Chi scrive non è contrario ad un sistema che monitori per valorizzare le risorse e per migliore la qualità della scuola italiana ma operando ogni giorno, tra i banchi, mi rendo conto di quanto sia prioritario formare i formatori prima di iniziare l’ennesimo processo di valutazione di un sistema titanico.

BolognaALEX CORLAZZOLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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