I grand chef e la semplicità della creazione in cucina

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Il lusso della semplicità. Era stato il filo conduttore l’anno scorso, ed è stato riproposto quest’anno a Identità Golose, il congresso internazionale di chef giunto alla settima edizione. Ma la ricetta è stata arricchita da “I segni e i gesti“, attraverso i quali in cucina nascono le creazioni dei grandi dei fornelli.

Chef di prestigio sono arrivati da tutto il mondo, tenendo conferenze che, inevitabilmente, si trasformano in viaggi attraverso il gusto e i sapori delle loro ricette. Innovative, ci mancherebbe, ma sempre nel solco della tradizione.

Perchè, come spiega Aimo Moroni (il luogo di Aimo e Nadia, Milano, due stelle Michelin), «per me l’innovazione è il risotto alla milanese», quello che andava a mangiare al Savini, in Galleria. E poi ancora ricorda i rustin negaa, così come Paolo Teverini, che gestisce l’omonimo ristorante a Bagno di Romagna, si concentra sui cappelletti.

«Nel mio menù li chiamiamo cappelletti alla moda di Artusi» spiega, per poi raccontare una ricetta che viene da lontano, e perdersi nei dettagli: i veri cappelletti sono molto piccoli, dovrebbero starcene 25 in un cucchiaio, quindi sappiate che se nel cucchiaio ce ne stanno solo due vuol dire che sono troppo grossi.

Alle “ricette che il tempo non cancella” dell’Artusi, Alberto Capatti – rettore dell’Universtà di Scienze Gastronomiche – ha dedicato un intero pomeriggio, durante il quale cuochi del calibro di Massimo Bottura (Osteria Francescana, Modena, due stelle Michelin), Igles Corelli (Locanda della Tamerice, Valli di Ostellato) e Marcello Leoni (Il sole, Trebbo di Reno) rivisitare le ottecentesche ricette dell’Artusi.

La manifestazione ha regalato una tre giorni, dal 30 gennaio al primo febbraio, in cui oltre 60 grandi chef si sono esibiti nella preparazione di ricette prelibate, salate e dolci, raccontate nei minimi dettagli: ostriche, caviale, aragoste, salse sofisticate? No, il sapore antico dell’orto campano di Gennario Esposito (Torre del Saracino, Vico Equense), oppure l’orto invernale di Mauto Colagreco (Mirazur, Mentone).

E le ricette dal mondo dei grandi maestri: il ragazzo prodigio svedese Magnus Nilsson (Favinken Magasinet), che non ha macchinari in cucina e usa come additivi solo il sale e le erbe, il portoghese trapiantato a Londra Nuno Mandes (Viajante), e l’inglese che vive a New York Paul Liebrandt (Corton) il giapponese Yoshihiro Narisawa (Les Creations de Narisawa, Tokyo), che ha studiato e cucinato in Francia ma anche da Ezio Santin, all’Antica Osteria del Ponte di Cassinetta di Lugagnano, alle porte di Milano.

Il tutto, condito dalla cornice di altre due manifestazioni: Winelove, l’appuntamento con il vino di qualità a prezzi accessibili, e un Risotto per Milano, con 11 grandi chef che hanno proposto le rispettive versioni del piatto milanese.

Un vero week end da gourmet e un omaggio al made in Italy. Perchè, per concludere ancora con Aimo, «insieme alla moda la cucina italiana sta ai primi posti nel mondo».

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Scritto da luxu

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