United Ventures, Massimiliano Magrini: “Perché l’Italia può superare la sfida della digitalizzazione e diventare competitiva”

L'Italia è un Paese sempre più propenso agli investimenti. Ne è certo Massimiliano Magrini, co-founder e managing partner di United Ventures, che investe in tecnologie digitali.

Massimiliano Magrini, Founder United Ventures
Massimiliano Magrini, Founder United Ventures

Massimiliano Magrini è un pioniere nel settore digitale. Dopo un’esperienza di Country Manager di Google Italia in un tempo che cominciava a masticare internet (2002-2009), si è indirizzato al venture capital per investimenti in società tecnologiche. Rispetto ad altri Paesi, l’Italia in questo campo soffre un gap di circa dieci anni. Eppure, i trend confermano un aumento nella propensione agli investimenti, sia a livello privato che istituzionale. Come si muove il Paese e quali asset possono rendere l’Italia digitalizzata davvero competitiva? Lo abbiamo chiesto a Massimiliano Magrini, co-founder e managing partner di United Ventures.

In che modo United Ventures ha modificato il mercato di riferimento?

“United Ventures è società indipendente specializzata in investimenti di venture capital che gestisce due fondi per un totale di asset under management di 190 milioni.

Si tratta di una delle prime società di venture capital che punta a progetti tecnologici che crescano a livello internazionale. Inoltre, abbiamo appena annunciato il lancio di un nuovo fondo growth da 150 milioni di euro con TIM come anchor investor, per supportare in Italia e all’estero iniziative imprenditoriali ad alto potenziale di crescita e forte contenuto tecnologico”.

United Ventures è specializzata in investimenti in tecnologie digitali: a che punto siamo in Italia?

“L’Italia ha circa 15 volte meno il venture capital rispetto ad altri Paesi. Oggi questa carenza determina uno svantaggio competitivo per i founder italiani. Eppure, negli anni il nostro Paese può vantare imprenditori capaci in grado di sviluppare impresa a livello internazionale. Per diventare competitivo a livello europeo, l’ecosistema italiano deve integrare le sue componenti e consolidare la filiera del finanziamento dell’innovazione in tutte le sue fasi.

In questa prospettiva, il lancio del nostro nuovo fondo growth costituisce senz’altro un importante tassello in questo processo di rafforzamento”.

UV Founders - Paolo Gesess, Mario Mariani e Massimiliano Magrini

Come individuate i progetti da sostenere?

“A United Ventures riceviamo mediamente 2mila proposte di investimento all’anno, incontriamo circa 250 imprenditori e scegliamo i cinque investimenti che riteniamo più competitivi. Il processo di investimento segue due linee: da una parte le capacità imprenditoriali del team candidato, dall’altro le tesi di investimento in settori che suscitano il nostro interesse”.

Ci fa un esempio di successo e insuccesso?

“United Ventures ha investito in Moneyfarm, la società che ha innovato l’ambito dell’asset management. Nel 2012 con loro abbiamo investito in un settore che non aveva legittimità di tipo digitale. In altri casi, abbiamo fatto sottostima delle complicazioni e difficoltà degli imprenditori nel realizzare il progetto: questa è la storia di ogni progetto. Va, però, ricordato che è propria del venture capital avere risultati che non vanno. Gli investimenti in un portafoglio di venture capital rispecchiano un numero limitato di iniziative che hanno successo. Può capitare di sottostimare le difficoltà”.

E per quanto riguarda il rischio?

“Il rischio nel venture capital è un tema interessante. Storicamente, un asset class decorrelata dal ciclo economico è in grado di dare dei risultati strutturali e il rischio viene gestito. Al contrario, il singolo investimento ha in sé il concetto di rischio. Spesso questo dipende dalla mancanza di venture capital che, nel nostro Paese, è stata lunga dieci anni”.

Massimiliano Magrini sul palco di Tech Insights 2019

Lei è stato Country Manager di Google Italia. Ha visto negli ultimi anni dei cambiamenti nel settore digitale italiano?

“Assolutamente sì. La mia precedente esperienza in Google è stata un’opportunità per verificare la caratteristiche del contesto italiano in rapporto agli altri Paesi. L’Italia non è un Paese particolarmente avanzato nell’utilizzo delle tecnologie digitali, il cui impatto è stato in passato sottostimato. Dopo lo scoppio della bolla di Internet nel 2000, l’Italia ha smesso di investire nelle tecnologie per circa dieci anni. Oggi questo gap determina sia un ritardo strutturale degli investimenti in venture capital, sia lo sviluppo di società tecnologiche che – come abbiamo visto in questa fase di lockdown – hanno dato un importate contributo allo sviluppo di servizi cruciali per la società. Va detto che, in questa fase storica, l’iniziale svantaggio competitivo si sta compensando. Lo dimostra la nascita di più fondi: il Fondo Italiano e il Fondo Innovazione, svolgendo questo ruolo di anchor investor istituzionale, danno una spinta al settore”.

Quali sono i progetti futuri?

“United Ventures individua e investe in iniziative imprenditoriali che abbiano la possibilità di realizzare innovazioni di valore strategico in un periodo di 10 anni. Di recente abbiamo annunciato un investimento da 3 milioni nella nella startup healthtech InSilicoTrials, che consente alle aziende farmaceutiche e di dispositivi medici di accelerare le attività di ricerca e sviluppo attraverso una piattaforma collaborativa e accessibile di modelli di simulazione. Abbiamo investito nel mondo dell’agritech con xFarm, che aiuta le aziende agricole a svilupparsi digitalmente e rendere più efficace e produttivo il loro lavoro. Siamo sempre alla ricerca di imprenditori in grado di portare il processo di digitalizzazione in settori che sono oggi ancora largamente analogici. Supportiamo imprese capaci di rendere efficienti e competitivi interi settori industriali, cercando di arrivare prima degli altri. A questo proposito menziono l’investimento che abbiamo fatto in Exein, una piattaforma di firmware cybersecurity per l’internet delle cose, sia per device privati sia per strutture pubbliche, come nelle grandi infrastrutture o nella trasmissione di energia elettrica. In Italia possiamo superare il gap nella digitalizzazione ed essere competitivi tanto quanto gli altri Paesi: negli ultimi anni questo trend è confermato da una maggiore propensione agli investimenti, anche grazie all’entrata sul mercato di operatori istituzionali”.

Nelle foto (a partire dall’alto):

UV Founders – Paolo Gesess, Mario Mariani e Massimiliano Magrini
Massimiliano Magrini sul palco di Tech Insights 2019

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Scritto da Marco Grieco

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