Rete, consenso e intelligenza: 4 domande a David Weinberger

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Grazie a Che Futuro, a Telecom Italia e al Festival della Scienza di Genova incontro David Weinberger. Parliamo del suo ultimo libro La Stanza Intelligente e di Intelligenza e conoscenza in Rete. Ma anche di città, politica e mobile.

Marco Massarotto: David, come si genera il consenso (politico, verso un’idea o un candidato o commerciale, verso un brand o un prodotto) attraverso l’intelligenza e la conoscenza in Rete?

David Weinberger: Se per “consenso” intendiamo consenso unanime non è possibile: il consenso unanime non c’è mai stato. Non siamo nemmeno d’accordo sul fatto che due più due faccia quattro, c’è chi lo nega.

Se invece intendiamo aggregare una maggioranza allora non è ancora chiaro se Internet renda questo più facile o più difficile.

Di sicuro siamo su un medium che fa “scalare” velocemente la conoscenza e lo fa grazie al disaccordo. Possiamo dire che “il disaccordo fa scalare la conoscenza”.

Il disaccordo e il dibattito che conseguentemente ne nasce. Si può dire che il consenso va cercato attraverso il dissenso quindi, attraverso la discussione che fa crescere la conoscenza.E la Rete è il mezzo principe del dibattito, della discussione, del confronto.

Addirittura quando siamo tutti d’accordo online, c’è chi definisce questo fenomeno “Eco Chamber“e ritiene che occorra spezzare quel consenso e aprirsi a nuove opinioni, quasi che si debba continuare a discutere eternamente o meglio, si debba cercare il consenso coltivando il dissenso.

MM: Non so quanto tu sia aggiornato sulla situazione politica italiana, ma in Italia esiste uno straordinario caso di comunicazione politica digitale.

So che conosci Beppe Grillo e il suo movimento nato e cresciuto online.

Alle prossime elezioni i sondaggi lo danno al 20% e ora stanno scegliendo i candidati online sul blog. Beppe Grillo dice di essere solo un garante e chiede di votare sul suo blog i candidati. Non è chiaro se voteranno con un sondaggio, se conteranno i like su facebook o se decideranno discutendo. Come si può giungere a un voto e a un accordo sui candidati attraverso un blog?

DB: La conoscenza è correlata al proprio dominio di appartenenza. Il modo in cui decidiamo cosa ha valore dipende dal campo in cui siamo. E lo stesso vale per le decisioni. Per esempio la conoscenza e le decisioni nel mondo scientifico sono molto diverse da quelle nel mondo legale o in quello religioso.

Ognuno di questi mondi ha delle regole molto specifiche. È sempre stato così e non può essere altrimenti.

Ci sono molti modi di votare online che funzionano benissimo. Penso a ReddIt che funziona molto bene con il sistema di “Pollice Su”, “pollice Giù”.

Si può spammare? Sì, ma non è produttivo perché il sistema reagisce e se per una volta tra tante il più votato è una schifezza e tutti sano che è spam è un male davvero minore nell’insieme.

Non so se conoscete l’Internet Engineering Task Force, un gruppo che prende decisioni molto importanti sui protocolli Internet, dei “super Geek” che decidono per “humming”, cioè emettendo un suono a bocca chiusa di approvazione o diniego.

È anonimo, si percepisce anche se uno solo è meno convinto o se molti si astengono; chi, invece, è molto convinto emette un suono più forte che viene “pesato” di più e la sensazione di insieme determina quello che all’ IETF chiamano “rough consensus“. È una rappresentazione fisica del consenso della stanza.

Insomma, ogni decisione è presa in un contesto specifico diverso e se va bene in quel contesto, va bene.

MM: Hai scritto un libro in cui affermi che in una stanza piena di persone la più intelligente è la stanza. Possiamo affermare questo anche per una città? Le città possono essere delle grandi smart room?

DB: Le città sono sempre state acceleratori della civilizzazione.

Le città sono state “smart room” dunque, ma non abbastanza smart.

Lascia che ti faccia un esempio. Sono il Condirettore della biblioteca dell’Harvard Innovation Lab: ho suggerito ai bibliotecari di pensare alla biblioteca come a una piattaforma. Trasformare una biblioteca in una piattaforma vuol dire condividere tutto quello che la biblioteca sa attraverso tutti i possibili canali.

In primis attraverso lo spazio fisico della biblioteca, come già avviene, ma anche – nonostante la stupidità delle leggi sul Copyright – fornendo i metadati sulle opere e su chi le consulta, rispettando le leggi sulla Privacy ovviamente. Chi legge cosa, quando. La biblioteca diventa un “social object”, un community network.

Tornando alle città, avrei una proposta. Perché non cominciamo a permeare le città di “disponibilità di rete”, e non intendo di cavi e collegamento, ma di network, creando comunità di interessi a cui si possa prendere parte?

E per fare questo comincerei proprio dalle biblioteche: queste sono già centri di conoscenza, sono una risorsa affidabile. Devono iniziare a lavorare sugli open data e aggregare e connettere le persone e favorire lo scambio di conoscenza tra persone.

MM: L’ultima domanda che ti faccio, David, riguarda il mobile.

Ormai siamo arrivati al punto dove Internet è sempre più mobile e lo è per la maggioranza delle persone. Addirittura per molti Internet sarà esclusivamente mobile, non avranno mai avuto un computer, ma solo uno smartphone o un tablet.

Come cambia l’intelligenza collettiva con il mobile?

DB: Nel mio libro ho scritto che il link è un invito a espandere la conoscenza; il punto un modo per confinarle e delimitarla.

Questo vale molto nel confronto tra testo cartaceo e ipertesto. Sul mobile le cose stanno andando un po’ diversamente. Le Apps sono degli spazi delimitati e chiusi e gli smartphone sono fantastici per fare foto o video e per il Social Networking, ma lo sono molto meno per scrivere o per bloggare.

Non sono convinto che la crescita del mobile arriverà a prosciugare il web, ci sarà sempre chi userà i computer, ovviamente e creerà siti con testo e con dei link utilizzabili attraverso anche i device mobili. Sono forme non ancora immaginate.

Credo che il mobile sarà dominante, ma anche che i blog resteranno come parte dell’ecosistema a cui si affiancheranno altre forme di fruizione, quali il mobile appunto.

MM: E il video?

DB: Ci vuole molto tempo per guardare i video. Il testo è comprimibile all’infinito, posso saltare i paragrafi o leggere molto lentamente o scansionare solo le prime righe di un paragrafo e leggerlo molto velocemente. Ci sono dei meravigliosi usi del video online, ma sarà difficile che il testo sparisca.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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