Quando l’immigrazione diviene fonte di innovazione

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Entro in Che futuro! in punta di piedi, affascinata dai tanti e geniali autori che ne fanno parte e che contribuiscono di volta in volta a raccontare idee e persone che vogliono proiettare l’Italia verso il futuro.

Startup Italia, Open Science, Agenda Digitale, Smart City/Green City, Makers, Digital Life e Social Innovation. Sette grandi temi accomunati dalla determinazione di chi ogni giorno sogna di cambiare il mondo, anche in piccolo.

Per lavoro e per passione mi occupo di sociale, con particolare attenzione al tema dell’immigrazione e delle cosiddette seconde generazioni. Ciò che più mi interessa è cercare di veicolare un nuovo concetto di cittadinanza italiana che tenga conto della rinnovata composizione della nostra società.

Non so se ve ne siete accorti, ma l’Italia è a pieno titolo un paese multiculturale.

Cittadini provenienti da tutto il mondo hanno deciso di fare del Bel paese la loro nuova casa. Qui hanno deciso di lavorare, avere una vita sociale, innamorarsi, sposarsi, fare figli. Nulla di strano se non fosse che quando si parla di immigrati si entra in un campo minato in cui a destra, sinistra, su e giù, si innesca una spasmodica levata di scudi. C’è chi vede nell’immigrazione una minaccia all’integrità culturale, sociale ed economica del paese. Chi ci vede un manipolo di disperati da soccorrere e accudire. Chi infine ci vede una risorsa per il futuro dell’Italia. Tre approcci completamente diversi da cui discendono azioni differenti.

Partiamo da un presupposto. Quando trattiamo di immigrati parliamo innanzitutto di persone di diverse età, provenienti da diversi paesi, con background culturali diversi.

Già questo punto di partenza potrebbe essere rivoluzionario. Troppo spesso i cittadini stranieri vengono infatti erroneamente percepiti come un unico magma indistinto.

Profili diversi quindi, ma uniti da un minimo comun denominatore: l’inarrestabile ricerca di opportunità.

Chi lascia il proprio paese, i propri affetti, le proprie sicurezze porta con sé un surplus di energia e un’impareggiabile volontà di costruirsi un futuro migliore. Accade così anche per i cervelli italiani in fuga all’estero. Si giocano il tutto per tutto e questa determinazione molto spesso porta buoni frutti.

La consapevolezza che anche gli immigrati possano essere un importante fattore di innovazione in Italia mi ha convinto a far parte di Chefuturo! Ho sentito la necessità di raccontare le storie di questi nuovi italiani, anche se so che non sarà facile.

Quante volte avete sentito dire “Loro ci rubano il lavoro e ci impoveriscono” e ancora “Cosa vogliono?” Già il lavoro non c’è per noi. Figuratevi per loro!”.

Potrei elencarvi dati che provano il contrario. Grazie agli immigrati il saldo demografico italiano è attivo, le casse dell’INPS vengono rimpolpate anche con i loro contributi e l’imprenditoria straniera (soprattutto femminile) è in forte crescita.

Numerosi libri e manuali non sono purtroppo riusciti a spiegare l’importanza di poter contare su nuove energie e nuove prospettive soprattutto perché gli immigrati vengono da molti considerati un’entità a parte.

Noi. Loro. Il punto che divide questi due mondi è uno dei principali ostacoli alla costruzione di un futuro veramente competitivo e innovativo per l’Italia.

Mentre gli altri paesi accolgono a braccia aperte i giovani italiani in fuga (scienziati, architetti, designers, medici, ingegneri, cuochi, camerieri…) noi non valorizziamo i cervelli che vengono da noi.

Eppure molti nostri giovani trasferitisi all’estero, vengono incoraggiati a sviluppare attività, imprese, ricerche, perché chi li accoglie è consapevole dell’opportunità di cui tutti beneficerebbero in termini di risorse e creazione di posti di lavoro.

Anche gli Stati Uniti d’America hanno capito che per far ripartire l’economia bisogna incoraggiare cittadini stranieri ad andare a innovare lì, da loro. Nel discorso che il Presidente Barack Hussein Obama ha tenuto a Las Vegas a sostegno della riforma sull’immigrazione, tra le azioni da mettere subito in campo per far crescere l’economia c’è anche quella di agevolare i visti d’ingresso per chi voglia sviluppare attività, startup, imprese sul territorio statunitense perché come afferma il Presidente: “Molto meglio che lo facciano da noi che in altri paesi”.

Google, Yahoo, Intel, Instagram, Apple, tutte realtà nate da cervelli stranieri che hanno però creato posti di lavoro per cittadini americani e contribuito a rendere gli Stati Uniti una grande potenza economica.

Creatività. Innovazione. Crescita. Opportunità. Obiettivi raggiungibili anche qui da noi, solo a patto che la società italiana riesca a trovare un campo comune di obiettivi e prospettive a cui tutti possano aderire e in cui non ci siano un noi e un loro, ma un NOI capace di costruire un futuro condiviso e in cui sia valutato il merito delle persone e non la nazionalità.

Troppo ambizioso? Forse sì, ma è solo puntando in alto che si possono raggiungere risultati alti.

Stay tuned!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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