Lo startupper appassionato di moda fonda l’impero di e-commerce Yoox

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Un tranquillo ragazzo di provincia nato a Ravenna ha costruito la Amazon del mondo della moda. Federico Marchetti, 45 anni, “The Geek of Chic” – come l’ha incoronato The New Yorker in un lungo profilo – è il fondatore di YOOX, uno dei pochi giganti Internet nati in Europa: vende moda online a clienti in 100 Paesi (456 milioni di euro di fatturato 2013) e impiega oltre 800 dipendenti.

New Yorker su Federico Marchetti

Nata nel 2000, la start up di Marchetti avrebbe potuto morire subito come tante altre dot.com crollate quell’anno insieme al Nasdaq (la Borsa americana dei titoli tecnologici). Ma lui ha tenuto duro e al suo fianco, a finanziarlo e a dargli fiducia, ha avuto la fortuna di avere Elserino Piol, uno dei protagonisti del lancio della Programma 101 di 50 anni fa.

Non è un caso. Un filo rosso lega gli innovatori di ieri a quelli di oggi e mostra la via lungo la quale gli imprenditori italiani possono continuare a crescere e avere successo anche domani, se hanno il coraggio di rischiare tutto per realizzare il loro sogno, lavorandoci giorno e notte. Il sogno di Marchetti era farsi la sua start up. “Per carattere non sono adatto a lavorare dentro una struttura dove comandano altri – spiega -. Credo di avere quella vena di follia per decidere di fare l’imprenditore, necessaria ovunque ma in particolare in Italia”.

Fin da quando era ragazzino, a Ravenna, Marchetti dice di aver sempre cercato di “inventarsi delle cose” e di aver sempre avuto “la smania di vedere il mondo”.

“Così sono andato prima a Milano per l’università, a studiare Economia alla Bocconi, dove mi sono laureato nel ’93, e poi a New York per il Master in business administration (Mba) alla Columbia university, che ho conseguito nel ’99 – continua a raccontare –. L’Mba a New York è stato molto importante culturalmente. Il corso in sé mi ha insegnato come si fa un business plan e mi è stato utile per imparare l’abc del fare impresa. Ma è stato soprattutto vivere a New York ed essere esposto alle sue diverse culture che mi ha fatto crescere molto. Per un ragazzo di provincia come me, muovermi da Ravenna a Milano mi aveva già aperto la testa dieci volte, il passaggio da Milano a New York me l’ha aperta cento volte.

I due anni in cui ho vissuto là erano quelli del boom di Internet e mi hanno fatto capire le sue potenzialità. Ma in generale ho assorbito la cultura americana, l’idea di poter costruire qualcosa partendo da zero. Già coltivavo il mio American dream. Così ho deciso di farlo diventare un Italian dream”.

Federico Marchetti fotografato da Jonathan Frantini

L’Internet mania del ’98-’99 alcuni la ricordano solo come l’euforia irrazionale che ha bruciato miliardi di dollari degli investitori in Borsa. Ma Marchetti la vede dal punto di vista dell’imprenditore: “Sono molto riconoscente verso quegli anni di esplosione delle dot.com, perché in quel clima ho ottenuto il primo finanziamento a YOOX. Mi ricordo di una volta che ero nella sala d’attesa di una società di venture capital: ho visto uscire dall’ufficio un ragazzo ventenne, croato, con addosso degli scarponi, felicissimo perché aveva in tasca un finanziamento di qualche milione di dollari. È stato un periodo d’oro, che per la prima volta ha aperto l’accesso ai capitali per chi non l’aveva mai avuto. Se devo criticare qualcuno, non è certo quel ragazzo, ma forse la superficialità del mondo finanziario, non abbastanza selettivo nel decidere gli investimenti”.

Finito l’Mba Marchetti aveva accettato di tornare in Italia a lavorare per la società di consulenza Bain & co. a patto di occuparsi del settore retail. “Ho sempre avuto una passione per il business della vendita al consumatore – spiega -. La moda fa parte del retail e per questo l’ho scelta per farci la mia start up. Ma forse l’ho fatto anche perché ho sempre avuto un certo gusto nel vestirmi, in anticipo sui trend. A 14 anni, per esempio, mentre ero a Londra avevo notato degli scarponcini gialli nella vetrina di un negozio in periferia, mi erano piaciuti e me li ero comprati: erano i Timberland e due anni e mezzo dopo sono diventati di moda in Italia. E il piumino Moncler che mio fratello maggiore usava solo sciando, io invece lo indossavo in città molto prima che fosse trendy”.

Tornato da New York, Marchetti si era messo a tavolino a chiedersi: “Che cosa posso fare partendo dal mio Paese, per avere un vantaggio competitivo su scala globale?”. La sua risposta: “Coniugare moda e Internet. Quella mi è sembrata la strada giusta da provare, anche se non conoscevo nessuno nel settore”.

Da Bain & co. aveva resistito tre mesi. “A Natale del ’99 mi sono licenziato e ho cominciato a cercare capitali di ventura per creare YOOX – racconta Marchetti -. Il rischio fa parte dell’attività d’impresa e a un certo punto ti devi buttare. Dal gennaio 2000 ho battuto alla porta di tanti venture capitalist italiani, ma tutti mi chiedevano ‘chi altro investe?’: insomma, nessuno era sicuro di fare il primo passo. Elserino Piol è stato il primo che non solo mi ha fatto i complimenti, ma si è mosso a una velocità incredibile: dopo un primo contatto con i suoi collaboratori, l’ho incontrato all’inizio di febbraio e a marzo lui ha deciso di investire nella mia start up. Mi ha subito colpito come un uomo perbene, di cui ti puoi fidare e lui ha capito che si poteva fidare di me. Abbiamo tuttora un ottimo rapporto, lo considero il padre spirituale di YOOX e i suoi consigli sono sempre preziosi. Nei momenti più difficili, quando ero solo, mi è stato vicino dandomi supporto anche morale. Tuttora siede nel consiglio d’amministrazione di YOOX e guardo a lui come al mio faro”.

Il progetto di YOOX era semplice e rivoluzionario: creare un mercato online dove i grandi marchi della moda potessero vendere i capi di fine stagione e il surplus della stagione precedente a prezzi scontati.

Il nome in sé non ha un significato, ma Marchetti l’ha scelto breve e facile da ricordare e pronunciare: “Filosofeggiando posso dire che Y e X sono i cromosomi dell’uomo e della donna e 00 è l’unità del codice binario di Internet. Uomo e donna on line”, aggiunge.

“Per iniziare ho chiesto consigli a chiunque, amico o conoscente, potesse aiutarmi: una giornalista newyorkese della moda, un buyer, un banchiere e così via – ricorda Marchetti -. Poi sono andato dagli stilisti italiani e ho raccontato il mio sogno: fare da interprete fra i due mondi della moda e dell’online. Essere un outsider non mi ha intimidito. Se vieni da ‘fuori’ sei fortunato, perché non hai niente da perdere”. L’inizio è stato duro. “Per fare la tua start up devi rinunciare a tutto, fare ogni possibile sacrificio – ricorda Marchetti -. Ma non ti puoi mai sedere. In questi 15 anni l’intensità del mio impegno in azienda non è mai scesa, anzi è perfino aumentata. Se qualcuno mi immagina ricco e rilassato a farmi il weekend in campagna, si sbaglia completamente”.

Il primo importante cliente di YOOX è stato Renzo Rosso, il fondatore di Diesel, e il suo supporto ha presto convinto Giorgio Armani a concedere un po’ dei suoi prodotti a Marchetti. Poi sono arrivate tutte le altre griffe. Inoltre dal 2006 YOOX ha cominciato a gestire anche l’e-commerce dei principali marchi del lusso, da Armani a Zegna, da Bottega Veneta a Saint Laurent: organizza per loro la logistica, le consegne, il customer service e mette a loro disposizione tutti i dati accumulati sui gusti e le abitudini di shopping dei clienti YOOX, una miniera di informazioni utili per il marketing.

La copertina di Wired UK dedicata a Marchetti

YOOX è diventata grande perché il suo fondatore ha pensato in grande fin dall’inizio. “In Italia si celebra il bello del piccolo, contro le grandi aziende – osserva Marchetti -. Così le dimensioni tipiche delle aziende italiane sono molto inferiori a quelle americane. YOOX ha cominciato con 25 milioni di euro di capitale, fosse nata negli USA ne avrebbe avuti 500 o 700 di milioni. Ma io ho cercato di farla globale fin dall’inizio, sfruttando la fama internazionale dei marchi che YOOX vende. Il 21 marzo 2000 ho fondato l’azienda e tre mesi dopo ho lanciato il sito, che fin dal primo giorno era sia in italiano sia in inglese e operativo in tutta Europa; poi appena possibile l’ho aperto anche negli Usa, in Giappone e in Cina”.

Quando è scoppiata la Bolla di Internet nel 2000, Marchetti dice di non aver provato paura. “Avevo un sogno e guardavo al lungo termine, sapevo di aver bisogno di dieci anni per far funzionare bene YOOX – sottolinea –. Il crollo del Nasdaq, l’attacco alle Torri gemelle, la bancarotta di Lehman brothers: sono eventi di fronte ai quali devi assumere più rischi o aggiustare il tuo business plan”. Il suo ha funzionato così bene che il 3 dicembre 2009 YOOX si è quotata alla Borsa di Milano (l’unica Ipo, offerta pubblica iniziale di azioni di quell’anno): dal prezzo dell’Ipo le sue quotazioni si sono rivalutate del 260% (dati al 13-10-14).

Un problema per le start up italiane oggi, secondo Marchetti, è ancora non poter contare su venture capitalist professionali nel nostro Paese: “Quelli validi sono sempre anglosassoni. E il governo e le banche commerciali ci provano, ma non possono fare il mestiere del venture capital”.

Sull’Italia Marchetti continua a scommettere: ha deciso di investire 100 milioni di euro in tecnologia e logistica dal 2013 al 2015. E fra gli otto “pilastri” o valori di YOOX ha inserito il “codice genetico italiano”, così definito: “YOOX Group è un brand nato in Italia da cui attinge la vocazione estetica, il prodotto moda e design conosciuto in tutto il mondo e la capacità di coniugare flessibilità e complessità”. Aggiunge: “Cerco anche di promuovere il nostro Paese in tutti i modi possibili, per esempio aiutando la Pinacoteca Ambrosiana sia dal punto di vista finanziario sia con iniziative per darle visibilità”. Ma i clienti restano sempre in cima alle preoccupazioni di Marchetti: “Con YOOX devono comprare e insieme divertirsi – spiega -, per questo devo inventare di continuo nuove categorie per sorprenderli. Il retail è sempre più entertainment. Ed è anche la progressiva integrazione fra negozio di mattoni e quello virtuale”.

Il 17 ottobre Marchetti è stato celebrato come l’Alumnus Bocconi dell’anno 2014, perché – ha motivato Pietro Guindani, presidente della Bocconi Alumni Association – “grazie al suo talento di innovatore, Federico ha regalato all’Italia la prima azienda globale nel mondo del retailing online. Federico Marchetti è dunque un modello per tutti i nostri Alumni, un modello a cui ispirarsi e da emulare”. Un modello non solo per i bocconiani, è giusto aggiungere, ma per tutti i giovani italiani che possono attingere speranza e carica da questo commento dello stesso Marchetti: “YOOX è la dimostrazione che in Italia è ancora possibile fare impresa partendo da zero e facendo leva sul vantaggio competitivo di essere italiani in alcuni settori dove abbiamo una marcia in più”.

MARIA TERESA COMETTO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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