Due gemelli, una passione per le due ruote nel cuore della Sardegna

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“Billia era un pittore di simboli e le sue tele erano i cavalli. Ogni cavallo aveva una storia cicatrizzata sul suo corpo fatta di segni quasi illeggibili ma evidenti. Poi arrivava Billia e magicamente quel disegno cambiava, si evolveva in un arabesco che ne alterava l’onda di forma. Da lì quel cavallo volava sulla terra con forza e veemenza. Qualcosa era cambiato. Quel cavallo non era più lo stesso, si era evoluto in una scultura dinamica”.

Simone e Giordano Loi

Billia era il loro nonno. Così inizio a conoscere Simone Loi, pittore, uno dei due fratelli. E lui prosegue: “Se vuoi conoscere il bello devi scendere nel fango e sporcarti le mani, l’argilla è la materia della creazione. L’impronta dell’artista e della vibrazione del suo soffio danno vita all’arte.

Le sculture dinamiche sono questo. Dall’argilla al movimento attraverso il respiro del motore, dal cavallo alla motocicletta il passo è breve. Lentamente, come l’erosione del vento, la superficie dell’argilla cambia pelle, si riveste di squame di carbonio e di pittura rossa pronta a solcare l’asfalto. C’è un segreto in queste opere e risiede nell’infondere l’anima agli oggetti. Questo segreto corre lungo la superficie delle cose create dalla natura e non può essere palesato se non attraverso una lunga contemplazione. Questo segreto, o meglio quest’anima, si chiama asimmetria. In questo caso è la leggera asimmetria che separa una scultura da un oggetto di design, è l’asimmetria che ti fa accarezzare il corpo di queste moto per cercare di carpirne la profondità e lì, in quelle profondità, trovi l’unicità di te stesso, ritrovi il volto della tua amata due ruote”.

Vengo da una famiglia di artisti e motociclisti con il sogno di unire sotto il segno della passione qualsiasi cosa si possa creare

“Durante i miei studi sulla scultura mi sono sempre incuriosito su una problematica in particolare: il dinamismo, inteso quasi come soffio vitale da infondere alla materia, l’illusione dell’energia sul punto di esplodere, la calma statica di un immediato divenire. Possono dirsi queste caratteristiche già presenti nella scultura classica e cardine della ricerca futurista. Nelle mie creazioni cerco di esprimere il concetto di dinamismo in tutte le sue sfaccettature, partendo dalle sculture classiche fino ad arrivare al design motociclistico. Da qui nasce il concetto di sculture dinamiche. Il mio modus operandi implica un accurato studio teorico, simbolico e formale che porta alla realizzazione dell’opera con tecniche appartenenti alla scultura e plastica classica, abbinate alle più moderne lavorazioni.

I miei ultimi pezzi esclusivi, sono motociclette ispirate all’archetipo animale, frutto di uno stile organico. La firma personale e la cura dei dettagli vengono applicate con lo stesso criterio sia ad opere complete, sia a particolari da integrare a forme pre-esistenti”.

Giordano Loi

Giordano Loi, l’altro fratello, è uno scultore appassionato di moto. Il suo sogno è aprire una fabbrica di moto. Lavorano insieme. E avete già capito di che pasta sono fatti. Dove? Sardegna, where else? Per la precisione Dorgali. Nasce l’8 marzo 1982. O meglio, nascono, col gemello identico Simone, con cui condivide buona parte delle passioni. Convivono per nove mesi dentro una bolla d’acqua e continuano a confrontarsi e confondersi quotidianamente. I genitori sono degli artisti, entrambi hanno frequentato l’Istituto d’Arte di Nuoro, oreficeria babbo Salvatore, stampa e tessitura mamma Maria. Sin da bambini l’educazione viene indirizzata verso la conoscenza dei grandi artisti: Van Gogh, Gouguin, Caravaggio, insieme alle tavole anatomiche degli affascinanti dinosauri che puntualmente venivano studiati e copiati con le matite colorate.

Chi entrava nella loro bottega orafa, Guskin Gioielli, poteva trovarli sul banco mentre copiavamo o “la sedia con pipa” o “i mangiatori di patate” oppure dei fantastici animali della savana presi da un libro di fiabe. Tra un disegno e l’altro cominciano anche ad avvicinarci allo sbalzo e cesello, tecnica realizzativa della maggior parte dei gioielli della bottega orafa, dapprima il padre presentava una lastra d’argento, faceva vedere delle sagome in cartoncino da ricalcare sulla superficie con una punta traccia, una volta scelta una forma che poteva piacere sono stati poi dei punzoni decorati in maniera diversa che avrebbero inciso la superficie e creato la decorazione di un centrale, di un bracciale, Queste decorazioni erano simboli antichi e come tali evocavano idee, ma a quel tempo non potevano conoscerne i meandri, era un gioco e come ogni bel gioco si stava trasformando in passione.

Questo gioco li ha accompagnati per tutto il corso degli studi, e grazie a questo hanno potuto acquistare di volta in volta delle moto su cui applicare l’estro creativo. Sin da subito le cose originali o uguali ad un’altra non gli sono mai piaciute, ogni oggetto aveva solo bisogno che qualcuno gli restituisse l’anima

L’iniziazione alle moto è avvenuta contemplando un 450 Desmo monociclindrico da gara che babbo Salvatore teneva nel cortile. Va da sé che allo schiudersi delle uova i pulcini seguissero mamma Ducati in ogni sua evoluzione, era il primo amore. Sound Desmo come imprinting. Salvatore modificava le sue moto e loro modificavano le biciclette. Correttamente il padre li insegnò a levigare i telai, per poi verniciarli con le bombolette spray, delle opere uniche, e già la pignoleria cominciava a farsi sentire. Da lì in poi è stata una escalation di cilindrata e potenza, il primo motorino modificato, la prima 125 e subito sulle Ducati per realizzare dei prototipi.

La regola è sempre stata soltanto una: conoscere, approfondire e poi trasgredire l’ordine costituito dal maestro per andare oltre

L’arte è sempre stata la meta da raggiungere e così arrivano gli anni dell’Istituto Statale d’Arte a indirizzo oreficeria e poi dell’Accademia delle Belle Arti di Urbino, dove si laureano e specializzano: Giordano in Scultura e Simone in Pittura. Simone si specializza nella simbologia onirica e nella possibilità di rappresentazione del sogno, la psicologia della forma e percezione dentro al sogno diventano terreno d’indagine delle sue tesi così come nelle sue opere d’arte contemporanea. Nella sua seconda Tesi “Il Segreto di Alice – Sogno Ermetico nel Paese delle Meraviglie” del 2007/8 decripta Alice nel Paese delle Meraviglie e ne restituisce un’interpretazione completamente nuova in una stratificazione di significati su più livelli, il nonsense, il sogno, la simbologia ermetica, le sue illustrazioni e le tavole alchemiche a cui s’ispira l’Opera di Carroll. Oggi oltre a collaborare con Giordano nella supervisione dei progetti per le sculture in movimento continua a lavorare come artista.

Una passione per due: i fratelli Loi e la loro moto

La scultura applicata alla motocicletta è il tema portante delle due tesi di Giordano, la prima “Prototipi” è del 2004/2005 e presentava in una performance Chimera, la scultura dinamica in bronzo applicato sulle spoglie di una Suzuki RgV 500. In Prototipi spiegava la genesi dell’opera, dal mito classico alla realizzazione delle sovrastrutture della motocicletta usando i canoni della scultura classica: l’argilla per definire i volumi e i calchi in gesso per ricavarne poi gli stampi sui quali infondere il bronzo e i materiali compositi. Il processo di trasformazione era sempre lo stesso, prendi una moto senza anima (sempre con grande rispetto verso chi l’ha creata), la purifichi del superfluo e dalle sue ceneri erigi una nuova moto asimmetrica, una scultura che evade dall’immobilità del contesto museale. S’infrangono le barriere, la scultura si muove, si può toccare e chiede di essere vissuta a tutta velocità.

Con questa opera, aggressiva e spettacolare, partecipa al primo salone internazionale dedicato al mondo delle 2 Ruote, 01/01/2006 al XII° International Bike Expo, Padova, una motocicletta rivestita di bronzo non si era mai vista, riscosse tantissimi consensi, e grazie a questo clamore ne parla per la prima volta con un noto designer interno alla Ducati. Il parere dato da un vero professionista era quello che cercavano da tempo, studiarono l’opera del giovane Giordano, illustrando certe caratteristiche che dal particolare anatomico diventavano linee di Design. Il designer Ducati, divertito dal progetto, buttò lì una provocazione: “ bella, ma è troppo scultura… fammi vedere cosa riusciresti a realizzare partendo da questa idea in direzione di design industriale”. Da lì in poi è chiaro quale sarebbe stato il suo progetto futuro. Continuano le sperimentazioni e nel 2007/8 è la volta della Tesi di specialistica dal titolo Moto nell’Arte tra design e scultura e della presentazione della Desmo Infinito realizzata nel 2006.

Una passione su due ruote per i fratelli Loi

La carenatura è realizzata da Giordano prima in argilla sul telaio nudo della motocicletta Ducati 999 poi seguono i calchi a perdere ed in fine la stratificazione in fibra di carbonio, Kevlar e tessuto di vetro. L’unico problema è che gli stampi che sono serviti per realizzare il corpo della moto sono stati distrutti. “Questa è una cosa che si è personalmente imposto, per estremizzare l’unicità di quest’opera” asciutto e sicuro precisa Giordano. Oltre che essere bella esteticamente la nuova sovrastruttura accoglie meglio il pilota, è più stretta tra le gambe e i pesi sono stati distribuiti con un criterio diverso rispetto all’originale.

Una volta realizzato il prototipo è sempre lui il primo tester sia su strada che su pista, bisogna conoscere fino in fondo il proprio prodotto ed essere certi dell’efficacia dell’opera. Su invito di un amico impiegato nella catena di produzione della Ducati andò a fare la mia prima visita guidata in fabbrica. “Era aprile e partii da Urbino con la tuta in pelle e la mia Desmo Infinito, la sella racing mi fece ricordare che non era una moto da trasferta autostradale, ma filava fluida a tutta velocità, senza vortici o turbolenze aerodinamiche, le carene erano perfette, protettive, la mia teoria sposava le leggi della fluidodinamica. Dal casello di Borgo Panigale, sede della Ducati, cominciai ad esaltarmi, stavo andando nella fabbrica dei miei sogni. Il primo momento epico fu l’ingresso dal cancello principale, dopo avere percorso il rettilineo sgasando le barriere mobili mi fecero entrare come se fossi di casa. Il bello è che mi scambiarono per qualcuno del reparto ricerche e sviluppo e solo dopo che ebbi parcheggiato una guardia mi si avvicinò incuriosito dalla motocicletta. Spiegai che ero uno studente e stupefatto mi disse di stare tranquillo, chiudeva un occhio. Di lì a poco si sparse la voce di una moto rossa particolare e tutti i designer e i tecnici scesero a vedere di cosa si trattasse. Fino ad allora la Desmo Infinito l’avevano vista solamente nelle riviste del settore. Io feci il giro della fabbrica come un normale appassionato, dopo poco tempo il mio cellulare squillò. Un amico che lavorava in fabbrica mi diceva che potevo fare un colloquio di lavoro. Stupefatto mi accompagnarono “nei piani alti”, riconobbi il designer che avevo conosciuto a Padova, mi faceva i complimenti, la Desmo Infinito era notevole, avevo talento e se volevo potevo lavorare con loro… Io ero al settimo cielo”.

La sua Desmo infinito venne prima esclusa dal wdw 2010 come migliore 10 special al mondo, per poi essere accolta alla finale a furor di popolo. Vinse il terzo premio al mondo. E’ una storia ancora tutta da scrivere.

E’ il mito che si ripete e Davide contro Golia ci insegna a spingerci oltre e a non piegarci dal fato. Oggi le sue motociclette sono pubblicate in tutto il mondo e sono pronti per creare un sogno, aprire una fabbrica di motociclette in Sardegna, a Dorgali

La passione e la gioia di fare sono le stesse di quando dipingevano le biciclette. E non vi abbiamo ancora parlato delle tele di Simone e di come la sua filosofia oramai permei tutte le attività della Famiglia Loi di Dorgali. Ma questa è la sfida per voi: andate a trovarli a Dorgali (in provincia di Nuoro) e rimarrete a bocca aperta. Come è accaduto a noi. Ci crediamo, li abbiamo messi nel mirino con priorità n. 1. Li abbiamo conosciuti grazie al progetto Make in Nuoro. Ne vedremo delle belle.

NICOLA PIRINA

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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