Caro Pisapia, c’è una Milano che deve diventare il cuore di Expo 2015

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Questa lettera aperta segue l’intervista al Sindaco Pisapia pubblicata il 19 maggio sul Corriere della Sera nella quale il Sindaco afferma che l’inchiesta su Expo 2015 non deve prendere la scena e lancia tre giorni di eventi sul valore dell’esposizione. “La manifestazione”, afferma Pisapia, “è fatta di migliaia di volontari, nuovi posti di lavoro, e rilancio economico. In questo contesto c’è la possibilità di affrontare – e risolvere – anche la questione di Uber scoppiata in questi giorni.

Egregio signor sindaco,

Le scrivo sull’onda dell’emozione. Dopo due giorni spesi a riflettere sulla questione Uber, e dopo aver letto la sua intervista sul Corriere di lunedì 19 maggio che mi ha dato l’energia giusta per indirizzarle questa lettera;

Le scrivo come sua elettrice, che, in dolce attesa, e con altri due bambini al seguito ha passato i suoi pomeriggi di giugno del 2011 (che caldo!) a volantinare per una Milano migliore.

Le scrivo come milanese che ama la sua città e che ci abita da più da 40 anni.

Le scrivo, infine, come cittadina attiva, come autrice di Collaboriamo (Hoepli 2013), il primo libro che ha portato in Italia i temi dell’economia della condivisione, e come fondatrice del sito collaboriamo.org che promuove contenuti e servizi sulla sharing economy.

Le scrivo per dirle che sono d’accordo con lei signor sindaco. Anch’io “scommetto su Expo 2015, e soprattutto, su Milano”. Come Lei, infatti, sono convinta che l’occasione che abbiamo davanti sia straordinaria (quando ci ricapiterà più?) e che sapremo coglierla. Se, e solo se, però, riusciremo a trasformare l’Expo nell’Esposizione di tutti e in un’occasione per creare una città migliore. Mettiamoci al lavoro, tutti, fin da subito.

Come giustamente Lei afferma, signor Sindaco, oggi i milanesi sono già in movimento. Stanno facendo rete per affrontare i sei mesi di Expo 2015. Ho potuto costatare di persona, in un incontro che ho organizzato il 15 aprile scorso, quanta energia e entusiasmo c’è fra associazioni, startup, imprese sociali. Ed è proprio per questo che sono d’accordo ancora con lei quando afferma che Milano reggerà l’impatto con 20 milioni di turisti. E, anzi, aggiungo: lo reggerà ancor di più se saprà trasformare questo picco di affluenza in un momento straordinario di innovazione sociale e culturale.

Oggi in Italia ci sono più di 140 piattaforme collaborative, 161 social street, e un numero infinito di attività, laboratori, associazioni, start up che propongono i principi della collaborazione.

In Italia sta diventando normale condividere la propria abitazione, il posto auto, il trapano, l’ufficio e così via. Questi servizi funzionano e crescono perché offrono benefici tangibili: permettono alle persone di procurarsi un’entrata extra, di risparmiare, di far bene l’ambiente, di socializzare, di risolvere problemi in un momento come questo di difficoltà. Milano, come sempre, si pone all’avanguardia di questo movimento. Solo in città ci sono circa 40 startup e molte social street attive. Un tessuto collaborativo che nasce, come giustamente dice Lei, da quel capitale umano che ci invidia tutto il mondo e che, fortunatamente, ci ha fatto rinascere in tempi e forme diverse.

Ora, provi a immaginare signor sindaco, se tutto questo straordinario tessuto collaborativo si mettesse in moto per l’Expo 2015. Se i visitatori che arrivassero nella nostra città potessero conoscere i milanesi andando a dormire a casa loro, cenando nelle loro case, incontrandoli nei negozi, visitando i quartieri e il territorio attraverso i loro occhi, avendo loro come guide, o muovendosi con le loro macchine? I viaggiatori – non più turisti – avrebbero l’occasione di scoprire una città diversa fatta di piccole esperienze uniche e di percorsi personalizzati di conoscenza. I cittadini, le associazioni, le imprese sociali avrebbero l’occasione di guadagnare qualcosa da queste attività sentendosi parte integrante di un evento e non mero corollario.

Naturalmente tutto questo dovrebbe svolgersi nel pieno rispetto delle regole e anche di tutte quelle categorie di persone che, almeno in apparenza, rischiano di perdere qualcosa dall’avanzare di questi servizi (penso ai taxisti, ma anche a negozianti e albergatori). Perché l’innovazione non può e non deve essere per pochi, ma è vera solo se riesce a coinvolgere tutti.

Oggi, Signor Sindaco, io credo che l’amministrazione milanese abbia l’incredibile opportunità di facilitare questo tessuto collaborativo in movimento, agendo da abilitatore e non da gestore (ruolo che dovrà sempre più svolgere in futuro). Abilitare significa muoversi come una piattaforma che genera fiducia e appartenenza, facilita le relazioni, offre servizi di valore aggiunto, disegnando l’ambiente in cui avvengono le interazioni senza però influenzare gli attori che vengono abilitati. E quindi, in questo caso, significherebbe:

  • Regolamentare. Facendo, cioè, uscire i servizi collaborativi dalla zona grigia in cui agiscono oggi (compreso Uber), e trovando soluzioni per ammortizzare l’impatto su quelle categorie che da queste innovazioni potrebbero perdere benefici; piuttosto che separando, dal punto di vista fiscale, la posizione di chi usufruisce di questi servizi in maniera temporanea, per guadagnare qualche entrata extra, da chi invece li utilizza a tempo pieno facendoli diventare un secondo lavoro (si veda la soluzione di Amsterdam con Airbnb); o ancora, adottando il regolamento pubblicato da Bologna che regola e semplifica le attività che i cittadini desiderano svolgere per migliorare la propria città.
  • Organizzando, facilitando, per esempio, le relazioni avviando tavoli per favorire la contaminazione fra categorie più tradizionali (penso ai commercianti per esempio che hanno tanto bisogno di innovazione e di gestire i loro spazi in maniera differente) e le start up (che hanno bisogno di spazi fisici sul territorio e anche di competenze organizzative); ma penso alle imprese sociali che oggi non sanno come innovare il proprio servizio ma che potrebbero diventare straordinari fruitori dei servizi collaborativi; penso anche ad alberghi che nei momenti non di picco potrebbero affittare i loro spazi e così via.
  • Promuovendo. Più persone si attivano e più possibilità si ha di offrire percorsi personalizzati su misura per i visitatori e occasioni di guadagno per i cittadini. Una piattaforma che abilita deve promuovere affinché la partecipazione sia la più inclusiva possibile. Per questo mi immagino un logo che promuova tutte le opportunità collaborative in giro per il territorio, e che affermi a tutti e al mondo intero che Milano è una città condivisa frutto del suo capitale umano e collaborativo.

Ecco, caro Sindaco, se riusciremo a fare tutto ciò, non solo riusciremo a vincere la sfida Expo 2015 ma lasceremo alla nostra città, dopo l’Esposizione, non edifici da rottamare, come è successo in passato, ma più coesione sociale, più occupazione, e nuovi servizi.

Allora sì sarà un successo per tutti. Ce la faremo. Ne sono sicura.

Cordialmente

Milano, 20 maggio 2014Marta Mainieri

Ps. Spero presto di farle avere un documento più strutturato con le proposte di un gruppo di lavoro sta elaborando proprio su questi temi.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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