A scuola voglio imparare digitale

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Oggi su Facebook discutevo con un amico dell’articolo di Federico Morello uscito qui su CheFuturo! a proposito della banda larga nelle scuole. Lui obiettava che mancano i servizi primari (la carta igienica, dei banchi decenti, la carta per le fotocopie). Io spiegavo che, senza banda larga, un tablet è come una calcolatrice senza pile: posso sempre fare i conti usando un foglio di carta, ma allora tanto vale.

Anzi, ora che ci penso meglio: la carta igienica e i fogli bianchi si possono portare da casa, ma la banda larga no.

All’evento in cui Federico chiedeva la banda larga, ha partecipato anche Dianora Bardi (la potete vedere qui mentre interroga il Ministro Profumo). Dianora dice:”i docenti non sono formati per fare una didattica che si avvicini ai ragazzi, perché imparare ad usare un iPad non è difficile, ma cambiare il modo di fare didattica sì”.

È quasi un anno che ho la fortuna di aver conosciuto questa insegnante straordinaria, piena di passione per il suo lavoro e con la voglia di combattere per continuare a farlo sempre al massimo, trascinando i suoi ragazzi nella straordinaria esperienza dello studio. Dianora è la vicepresidente di Impara Digitale, un’associazione che si prefigge di promuovere lo sviluppo e diffondere l’utilizzo di didattiche per la scuola digitale, e di cui fanno parte tanti volti noti (il presidente è Stefano Quintarelli, nel consiglio direttivo ci siamo io, Marco Zamperini, Paolo Wolly Valenti, ecc.).

Lunedì ero al Liceo Lussana, dove Dianora insegna, a raccontare ai suoi alunni di Wikipedia e del mondo Wikimedia: i ragazzi prendevano appunti, registravano, ogni tanto chiacchieravano tra loro (perché va bene le sperimentazioni e i nuovi progetti, ma sempre di scuola si tratta!), e al termine dell’incontro dovevano rielaborare gli appunti e la sbobinatura e scrivere un testo tutti insieme, per condividerlo con i compagni che ci hanno raggiunto solo alla seconda ora.

In prima fila c’erano quelli che con il loro tablet riescono a fare di tutto: mentre parlavo sapevano già quello che stavo per dire e quando ho parlato della censura in Cina li ho sentiti sussurrare “Tor!“. Non cambia solo la scuola, anche i ragazzi!

Io ho fatto la maturità a luglio del 1995. A scuola non c’era internet e gli unici computer che si vedevano erano in aula informatizzata: 30 computer, uno per studente, e il risultato più ambito era riuscire a giocare a Prince of Persia durante l’ora settimanale trascorsa lì. È bello sapere che le cose stanno cambiando, che la scuola si avvicina alla vita dei ragazzi: non parlo tanto del tablet, quanto di quello che c’è dentro.

Possiamo fare scuola suoi libri, senza, con la carta o con i bit, l’importante è che l’istituto scolastico mantenga il suo ruolo: di istruire ed educare.

A me insegnavano come cercare i libri in biblioteca, a loro dovrebbe insegnare anche (la biblioteca resta fondamentale!) come cercare le informazioni su internet, come distinguere una fonte attendibile da un’altra, come usare le informazioni che trovo su Internet e magari anche come comportarmi online. Chiedo troppo alla scuola? Credo di no, voglio solo imparare digitale.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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