Vi presento 2 startup italiane che fanno “parlare” il vino

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In Italia, sono circa 400 mila le aziende vitivinicole. Di queste, circa 20 mila sono gestite da giovani under 40. Le aziende vinicole producono oltre 42 milioni di ettolitri (il 20% della produzione mondiale), il 38% del quale è composto da vini DOC e DOCG (Denominazione di Origine Controllata e Denominazione di Origine Controllata e garantita), per un valore stimato di circa 12 miliardi di Euro. Nel 2014 le aziende vinicole italiane hanno esportato nel mondo, un valore di oltre 5 miliardi Euro (+1.4% del 2013). Questa la fotografia del comparto vinicolo in Italia, per premetterne le misure.

L’esperienza legata al mondo del vino, alle famiglie che seguono il ritmo della terra e il battito della loro passione (con radici lontanissime e tradizioni mescolate con quelle della nostra storia) è una delle più affascinanti del nostro Paese.

Quella che ci racconta in un modo autentico e ci fa improvvisamente rallentare, sorridere, riconnettere con la nostra essenza ancestrale, fatta di un equilibrio tutto italiano, di creatività, sacrificio, gusto, stile e saper vivere e convivere.

Ma che cosa sta cambiando e in che direzione sta andando il mondo del vino?E soprattutto, come possono le aziende vinicole italiane oggi conquistare davvero i mercati internazionali?

In Italia comincia a proliferare un numero sempre maggiore di start up innovative in grado di rivoluzionare il mondo del vino, di cambiarne i numeri e di rinnovarne e valorizzarne l’anima.

Perché per la prima volta fanno parlare il vino.

Attraverso l’innovazione dell’Internet of Things, il vino parla e racconta direttamente la sua storia, mescolandola con quella del consumatore, e mettendo l’esperienza di questo incontro, al centro del suo racconto e della sua promozione.

Voglio parlarvi di due di queste startup del vino: Vineaway e Wenda.

Vineaway è una startup pugliese, finanziata con Bollenti Spiriti – uno degli strumenti vincenti della Regione Puglia, di sostegno ai giovani imprenditori locali e alle loro idee innovative. La startup permette al consumatore di vivere on line l’esperienza dei campi, di conoscere tutto della filiera vinicola, dalla produzione tra i filari all’imbottigliamento, dandogli infine la possibilità di personalizzare ed acquistare il vino che ha idealmente visto nascere nel lotto che ha noleggiato, e che ha virtualmente monitorato dalla culla dell’acino, fino alla bottiglia.

Vineaway è infatti dotata di una piattaforma interattiva che permette tour virtuali ed accessi costanti, in streaming, tra i filari delle aziende vinicole che “parlano” attraverso i sensori ed i sistemi informatici ad essi collegati ed in grado di trasferire informazioni, dati, immagini ed elaborazioni improvvisamente disponibili sui dispositivi dei consumatori.

Una finestra costantemente aggiornata e interattiva, che può legare attraverso l’innovazione consumatori e produttori, rendendo l’esperienza di acquisto più consapevole e divertente.

Wenda, invece, è una start up bolognese, ma anche il nome del dispositivo a forma di tappo, che, unito alla bottiglia, memorizza, attraverso i suoi sensori, i dati dei fattori più critici del vino: la luminosità; la temperatura e l’inclinazione.

Chiunque, con il suo dispositivo mobile, semplicemente sfiorando Wenda può accedere a contenuti cloud, interagendo con noi. Con un solo gesto, il dispositivo mobile e la bottiglia parlano al consumatore (ma anche all’assicuratore incaricato di verificare le responsabilità connesse ad eventuali lotti difettati; al trasportatore e più in generale a tutti gli stakeholder della filiera vinicola), fornendo con estrema semplicità le tre informazioni più critiche che un vino può raccontare di sé.

Il vino parla. E sta imparando a parlare in Italia.

Dove vive la sua tradizione più affascinante. Dove le famiglie che lo coltivano seguono il ritmo della terra e il battito della loro passione, che incuriosisce, attrae sempre di più.

Il vino sta imparando a parlare, ma le potenzialità dei racconti che possono davvero emozionare il mondo, sono ancora inespresse.

La voce del vino deve essere ancora decodificata attraverso l’applicazione di tecniche di marketing narrativo professionale, anche digitale, capace di connettere e raccontare davvero tutti i protagonisti di questa storia così innovativa e rivoluzionaria. Così, questo diamante raro può essere consegnato a professionisti esperti di mercati internazionali, perché siano in grado di posizionarlo in maniera strategica e programmata sui mercati, ancora assetati dell’Italia migliore.E solo allora potrà davvero conquistare il mondo.

Mignolo col Prof. Credits: Warner Bros

Quest’ultimo passaggio ovviamente mi sta particolarmente a cuore (non quello che cita il “mignolo col Prof.” ma quello sulla professionalità del supporto ai processi di internazionalizzazione), perché troppo spesso vedo aziende vinicole con prodotti straordinari, scegliere con il pallottoliere, il cartomante o il passante dal cappello comprato all’estero, i mercati su cui investire il proprio tempo e denaro, bruciando definitivamente ogni opportunità di business.

Invece, le opportunità legate all’internazionalizzazione di un prodotto vinicolo di qualità, in grado di far vivere al consumatore un’esperienza emozionante, intensa e consapevole, è in questo momento imperdibile.

Perché abbiamo l’opportunità di sorprendere il mondo facendo scoprire che il nostro vino di qualità sa parlare e può raccontare la parte più autentica ed innovativa d’Italia.

CLAUDIA LARICCHIA*

(* Claudia Laricchia è dottore Commercialista e project manager in materia di internazionalizzazione delle imprese e della PA. Twitter: @ClaudiaLarix)

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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