Startup e cibo: le idee più ingegnose (e bizzarre), dalle angurie nel deserto alla verdura “bella dentro”

La pandemia non ha fermato il sodalizio tra startup e cibo: nel 2019 sono comunque nate nuove imprese dalle idee innovative.

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I protagonisti del film di Salvatores Marrakech Express andavano in Marocco per recuperare un amico che s’era messo in testa di coltivare arance nel deserto. Non era poi un’idea così malsana se oggi una startup norvegese vuole coltivarci nientemeno che le angurie, riportandole al territorio di cui – non tutti lo sanno – sono originarie: l’Africa tropicale. E’ solo un esempio originale, e che per questo suona anche stravagante, delle possibilità tecnologiche offerte dall’industria 4.0. La Desert Control coltiva il suo orticello nel deserto di Dubai, grazie a un composto d’argilla liquida: un fertilizzante bio che in 5 mesi ha dimezzato il consumo d’acqua e trasformato le dune di sabbia in una piantagione di cocomeri, meloni e zucchine. Ci vuole fantasia per rialzare la testa dallo stagno in cui il Covid ha annegato alimentare e ristorazione, e anche le multinazionali si allineano all’inventiva delle startup.

Thai Airlines s’è riciclata nel food aprendo a Bangkok un “ristoaereo”: arredato come la carlinga di un Boeing, con sedili reclinabili e camerieri in divisa da steward, pensato per i pendolari volanti che, causa lockdown, hanno nostalgia dei menù precotti in vaschetta che servivano a bordo tra uno scalo e l’altro, ai bei tempi che furono. Convertita la mensa degli impiegati in smart working e tenendo aperto dalla colazione a cena, a un mese dall’inaugurazione serve già 2mila pasti al giorno, anche in modalità take away: se rimodulasse gli uffici sparsi nel mondo, la compagnia aerea potrebbe trasformarsi in catena di fast food, sviluppando un business parallelo al trasporto.

Cervelli italiani

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Nel 2019, in Europa, gli investimenti in food-tech hanno superato i 2 miliardi di euro e i lavori sono in corso anche in Italia. Con la tecnologia blockchain la startup romana pOsti decodifica e ottimizza i passaggi della filiera, dal campo al piatto. Diverse. Molti i portali e-commerce: per trattare direttamente con i produttori, ci sono FoodScovery e Cortilia; per acquistare gli ingredienti base, Quomi; per i piatti pronti Nugribees; per bere bene Wineowine e Vivino; per i vegani FeatFood. Non si contano app e community dedicate a ricette, diete, consigli e soluzioni per lo stile di vita sano, di aiuto pratico alla spesa dei consumatori o rivolte alla formazione alberghiera e culinaria: come la Start-up 4 Food della Luiss Business School che, con la collaborazione di Gambero Rosso Academy, offre lezioni e moduli didattici per diventare chef e imprenditori.

Tutte realtà che garantiscono una qualità e selezione estrema grazie a tecnologie di frontiera impiegate non solo nella fase finale della vendita, all’ingrosso o al dettaglio, ma al sostegno, fin dai primissimi step della pianificazione e produzione agricola. Agricolus offre ai professionisti del settore una piattaforma cloud per l’agricoltura di precisione, con sistemi di supporto alle decisioni, modelli previsionali, lotta intelligente alle fitopatie e telerilevamento. Ciboprossimo, per citarne un’altra, connette discount, esercizi e internet in un grande marketplace. Per non parlare di chi crea hamburger e hotdog finti con la stampa 3d, che abbiamo già approfondito su Think. Tutti i segmenti del comparto sono interessati alla rivoluzione digitale: allevatori, distributori, cuochi e clienti dei ristoranti.

Le ultime novità

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Se le startup citate sono ormai consolidate nel food-tech, ce ne sono di nuove lanciate poco prima o durante la fase acuta della pandemia, a riprova della scommessa sulle moderne tecnologie come volano della ripresa. Come la Pascol di Sondrio, ispirata alla statunitense ButcherBox, per la consegna di carne bovina dal prato all’uscio di casa. Il Covid non ha impattato finora sul crowdinvesting nostrano, rivalutato come fonte di liquidità più rapida delle farraginosità bancarie. Solo Mamacrowd ha racimolato dagli investitori quasi 34 milioni di euro nei primi sei mesi dell’anno. La campagna che ha raccolto di più è stata quella della bolognese Forno Brisa, a metà tra panetteria e bar: 1,2 milioni di euro di adesioni. Ottime performance anche per Benvenuto e Orapesce. Delle 6 startup del portfolio Digital Magics e Cdp Venture Capital, due sono dedicate al cibo: con i loro software FrescoFrigo e Wenda digitalizzano tutta la catena di distribuzione, comparando dati di tracciabilità e logistica perché la consegna a domicilio arrivi al miglior “chilometro zero” nel rapporto freschezza- qualità, incrementando la rosa di esercenti e fornitori, aumentando la trasparenza, riducendo gli sprechi. Su quest’ultimo punto sta aprendo a Milano “Bella Dentro”, un negozio che compra dai contadini frutta e verdura brutta ma buona, scartata dalla grande distribuzione organizzata per meri motivi estetici, vendendola scontata o regalandola in beneficenza. Tanta roba: l’università di Edimburgo stima che i prodotti rifiutati, perché fuori misura o piccoli difetti esteriori dovuti al maltempo o al trasporto, siano un terzo dell’intera produzione ortofruttifera europea. Un progetto seguito anche dal delivery Babaco e NaturaSì: non solo scalata al business, ma anche solidarietà e re immissione sul mercato dell’apparentemente imperfetto.

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Scritto da Giuseppe Gaetano

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