Non c’è sostenibilità senza i manager

Un web talk promosso da ALDAI-Federmanager discute in un panel di esperti le nuove sfide della CSR.

bruno villani ALDAI
bruno villani ALDAI

Ora anche il mega fondo americano Black Rock, che gestisce 8.700 miliardi di dollari, l’ha dichiarato
apertamente: il presidente Larry Fink ha chiesto ai Ceo dei principali gruppi mondiali di dimostrare
come i loro piani di business siano coerenti con l’obiettivo di raggiungere entro il 2050 un’economia in cui anidride carbonica prodotta e rimossa dall’atmosfera siano almeno in equilibrio. Altrimenti saranno esclusi dagli investimenti. È chiaro che una sfida di questa portata ricade soprattutto sulle spalle di chi i piani di business li deve scrivere e poi implementare, cioè i manager. Al di là, quindi, degli specifici profili professionali che il mercato andrà a richiedere, dell’equilibrio tra hard e soft skill, il tema vero in agenda è che la sostenibilità è una delle principali priorità e tutto il resto va declinato secondo i suoi parametri.

Ormai anche nelle principali PMI si trovano figure di Innovation o Sustainability Manager che hanno il compito di declinare su tutte le funzioni aziendali – verticali o di staff – i principi della sostenibilità coniugati secondo il tasso d’innovazione necessario a renderli applicabili.

A discuterne giovedì 4 febbraio nel web talk «Manager e Sostenibilità. Come cambia il cambiamento» sarà un panel di primordine di manager, rappresentanti di imprese, mondo accademico e Istituzioni, che metteranno a confronto le proprie best practice per fornire la propria visione su una tematica di strettissima attualità. Il web talk, organizzato e promosso da ALDAI-Federmanager, l’Associazione Lombarda Dirigenti Aziende Industriali punto di riferimento per la realtà manageriale del territorio, vedrà la partecipazione del Presidente Bruno Villani che introdurrà e modererà i lavori, di Raffaella Cagliano, Direttore Vicario Dipartimento di Ing.

Gestionale e Professoressa di People Management & Organization presso la School of Management del Politecnico di Milano, di Vincenzo Trabace, CEO di Lanxess Srl Italy, di Roberto Di Stefano, Head of e-Mobility di Stellantis, di Fulvio D’Alvia, Direttore Generale 4.Manager e di Joerg Buck, Consigliere Delegato della Camera di Commercio Italo-Germanica e Delegato dell’Economia Tedesca in Italia.

I temi sul tavolo sono molti. Una recente survey realizzata nel corso del Forum per la Finanza
Sostenibile dal titolo “Le politiche di investimento sostenibile e responsabile delle Fondazioni di origine bancaria” mette in luce che la metà delle Fondazioni rispondenti effettua già da tempo investimenti sostenibili (tra queste, le prime 10 per dimensione gestiscono complessivamente 27 miliardi di euro, pari al 61% del totale attivo rappresentato dall’intero campione).

La scelta di adottare strategie d’investimento sostenibile e responsabile (SRI) è motivata principalmente dalla volontà di gestire più efficacemente i rischi finanziari, ottenere rendimenti migliori, mitigare il rischio reputazionale e allinearsi all’evoluzione del contesto normativo di riferimento (soprattutto in ambito Ue). Ma non solo: l’aderire o meno a un paradigma di sostenibilità può spostare le preferenze personali, allineare obiettivi individuali e organizzativi fino a determinare il posizionamento dell’azienda agli occhi e dei consumatori e di chi il lavoro lo cerca.

La sostenibilità quindi non come un costo, ma come un investimento che genera profitto e che può attrarre oltre che fidelizzare talenti. Ed è sempre più essenziale per le aziende, in termini di crescita e posizionamento sul mercato. Lo conferma anche un’altra survey condotta dall’Osservatorio 4.Manager, secondo cui per 2 manager su 3 una crescente evoluzione delle aziende verso criteri e certificazioni di sostenibilità può contribuire a una maggiore competitività delle stesse, con un consequenziale aumento dei profitti e una maggiore attrattività nei confronti della clientela e per
l’accesso ai finanziamenti. Ma i risultati della survey dicono qualcosa di ancor più chiaro: secondo i
manager l’impresa deve essere sostenibile per esistere. Anche nel futuro immediato, è questa la via per avere aziende più sicure e resilienti. Tra i rischi di una mancata sostenibilità, infatti, i manager individuano innanzitutto la possibilità concreta di subire forti limitazioni operative, per normative che diverranno via via più stringenti, e di non riuscire ad avere uno spazio sul mercato (rispettivamente per il 70% e per il 61% del campione).

“Oggi possiamo dire di essere a un punto cruciale nel plasmare il futuro del nostro sistema economico. A maggior ragione adesso che la tabella di marcia di tutti noi ha davanti a sé l’obiettivo del Green Deal Europeo” osserva il Presidente di ALDAI-Federmanager Bruno Villani. «Non abbiamo più alibi. Le attuali sfide in tema di clima e ambiente richiedono una risposta urgente e ambiziosa. È necessario ripartire e dobbiamo farlo iniziando dall’industria. Perché ciò avvenga indispensabile è e sarà il ruolo dei manager, le cui competenze sono più che mai necessarie per gestire le risorse del Next Generation Eu, per agire tempestivamente e portare avanti i progetti legati al Recovery Fund. Sono i manager, veri portatori di innovazione, propulsori e attuatori del cambiamento, le figure chiave per la ripresa. In uno scenario complesso e delicato come quello attuale, le competenze manageriali possono trasformare in un asset strategico il patrimonio culturale di un’impresa e una cultura di impresa basata sulla managerialità è una delle chiavi per il rilancio dell’economia del nostro territorio. I manager ci sono, sono pronti a giocare un ruolo proattivo e a mettere in campo valori, energie e competenze per il paese: questo è il nostro messaggio per le Istituzioni e tutti gli stakeholder!».

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Scritto da Redazione Think

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