Riforma della scuola: senza formazione è rivoluzione solo a parole

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Informatica e inglese fin dalla scuola primaria, più soldi per rafforzare le reti di connessione fisse a discapito di tablet e lavagne multimediali, formazione obbligatoria permanente. Ecco la rivoluzione digitale della riforma della scuola targata Giannini – Renzi. Annunciata dal Meeting di Comunione e Liberazione, ripresa dai media, rimbalzata tra le critiche sui social network, sarà il biglietto da visita del primo Consiglio dei Ministri fissato per venerdì dal premier. Per ora, al netto delle anticipazioni uscite, sembra una proposta interessante ma claudicante.

L’informatica alla scuola primaria già esiste: un’ora alla settimana. E’ l’unica materia alla quale si dedicano sessanta minuti scarsi. Alla religione, all’ educazione motoria, all’ educazione all’immagine, alla musica sono dedicate due ore. Partiamo da qui. La Giannini vuole modificare i programmi, vuol metter mano alla didattica.

Ottimo: chi lavora nella scuola, soprattutto nella primaria e nella secondaria di primo grado, attende da tempo una seria riforma. Ma per ora non si è parlato di ore in più di informatica.

Un altro aspetto: cosa s’insegna di informatica alle elementari e alle medie? Nei giorni scorsi in occasione di un convegno l’inquilino di viale Trastevere ha accennato alla possibilità di portare in aula il “coding” ovvero una piattaforma sul modello americano di code.org – usato negli Stati Uniti da oltre venti milioni di ragazzi e sponsorizzato anche da Barack Obama – per l’insegnamento dei primi rudimenti di programmazione informatica.

Diciamolo con chiarezza: chi dei maestri e dei prof lo sa fare? Siete mai entrati in una scuola primaria durante l’ora d’informatica a vedere cosa fanno gli insegnanti? Qui si apre il tema della formazione.

La Giannini ha annunciato che ci sarà e in maniera permanente. Che tipo di formazione? Sul digitale? Sulle materie letterarie? Sulla matematica? Il panorama italiano dei docenti ci consegna la fotografia di una classe di docenti che necessita di un aggiornamento sulla didattica 2.0 ovvero come insegnare informatica, come programmare un personal computer.

L’ex ministro all’istruzione Maria Chiara Carrozza lo aveva capito e nel pacchetto scuola presentato aveva parlato non di formazione non in maniera generica ma puntando sul digitale. Le linee guida di riforma che saranno presentate venerdì sembra abbiano chiaro che ci deve essere una sinergia tra scuola e lavoro. Ciò lo deve essere ancor più per quanto riguarda il tema della digitalizzazione e di quanto può essere utile imparare a usare bene un personal computer.

Resta un ultimo nodo: la rivoluzione informatica sui banchi targata Profumo puntava al tablet per ogni alunno, almeno al Sud. Invece adesso la piattaforma scuola digitale langue e con i 121 milioni di euro di investimenti abbiamo solo il 32% di scuole provvisto di Lim o proiettore interattivo, il 25% delle scuole secondarie di primo grado che navigano ad alta velocità, 7,8 studenti per ogni computer. Le classi 2.0 sono 416 su 323.605, le scuole 14 su 22.600 sedi. La Giannini vuole puntare sulla connessione delle scuole dimenticando che la maggior parte di esse non ha gli strumenti. All’inizio dell’estate l’indagine Talis dell’Ocse ha messo in evidenza che oltre la metà dei presidi italiani ritiene che nella sua scuola ci sia una mancanza di risorse,materiali e umane, che ha un impatto negativo sull’ insegnamento. In particolare, riporta l’organizzazione, per il 56,4% il materiale pedagogico è insufficiente o inappropriato, per il 56% computer per allievi e professori sono insufficienti, per il 47,4% la disponibilità di connessione Internet è inadeguata e per il 43,6% le risorse bibliotecarie sono carenti. Non basterà avere la scuola connessa senza una lavagna multimediale o con dei personal computer obsoleti donati da qualche azienda che li doveva dismettere.

Bologna, 28 agosto 2014Alex Corlazzoli

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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