Le (im)Pari Opportunità che trova il Governo Letta: Serve un piano D

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I dati economici non sono confortanti e per le donne purtroppo lo sono ancora meno.

Le donne in Italia sono mediamente più, e meglio, formate degli uomini, si laureano prima e spesso con voti più alti (Rapporti annuali AlmaLaurea), ma il loro ruolo non sempre è sufficientemente valorizzato.

In Italia la troppo scarsa presenza delle donne nel mondo del lavoro è un elemento gravissimo di arretratezza economica del paese (Fonte: Closing the gender gap, OCSE).

Recenti articoli e uno studio di ISTAT hanno messo in evidenza dati che fanno capire che non si può quindi più prescindere dal definire nuove policy per aumentare le risorse di genere nel mondo del lavoro anche per garantire una crescita economica equa e sostenibile.

La crisi è più pesante se l’impresa è rosa :“Diminuisce rispetto all’ultimo trimestre del 2012 la percentuale di imprese femminili che si sono rivolte alle banche per chiedere un finanziamento (dal 12,6% al 10,5%), percentuale peraltro inferiore rispetto al totale degli imprenditori (12%), e tra queste, aumentano le imprese che non ottengono il credito richiesto (passate dal 54% al 62%) e diminuiscono quelle che si sono viste accogliere le domande di finanziamento (dal 23,8% al 17%); in entrambi i casi, si tratta di performance decisamente peggiori rispetto al totale delle PMI; è estremamente elevata, inoltre, la quota di imprese femminili – l’80% – che richiede finanziamenti per esigenze di liquidità e cassa; infine, più della metà delle imprenditrici segnala un peggioramento rispetto a tasso, durata, costo di istruttoria e garanzie richieste per l’ottenimento dei finanziamenti”.

Persi 248mila occupati in un anno :“Disoccupazione giovanile al 38,4% A marzo hanno perso il lavoro 70mila donne: la permanenza al lavoro delle donne over-50 non basta più a garantire la stabilità e, tanto meno, la crescita dell’occupazione. Senza impiego quasi 3 milioni di persone: il tasso di occupazione cala al 56,3%”.

Un altro elemento da valutare è che le donne italiane nascono, crescono e si formano in ambienti che non le aiutano ad approcciare liberamente il mondo delle tecnologie e che in questo paese si considera cultura solo quella umanistica: un grande astrofisico non è un uomo di cultura è uno scienziato, mentre un grande esperto di storia medioevale è un uomo di cultura. E purtroppo il rapporto PISA dell’OCSE conferma che i nostri giovani sono distanti, troppo distanti, in qualità e competenze nelle materie scientifiche, dalla media dei giovani di altri paesi.

Come si legge in uno studio su Donne e Tecnologie informatiche della Regione Veneto, il settore delle scienze e tecnologie informatiche ICT, presenta alcune caratteristiche che ne amplificano la significatività:

  • è un settore trasversale: offre metodi e strumenti innovativi che trovano applicazione in un grande ventaglio di ambiti sia forma tivi che professionali;
  • è un settore che offre interessanti prospettive occupazionali: la richiesta di competenze è ampia, ben superiore all’offerta, e con un tasso di crescita costantemente ribadito dai diversi osserva tori nazionali ed internazionali;
  • è un settore relativamente giovane e a rapida evoluzione, e me glio di altri risulta sensibile alla diverse istanze di crescita cul turale e civile.

Tuttavia è un settore a netta prevalenza maschile, dove la disparità di genere risulta ancora più accentuata rispetto ad altri contesti sia formativi che professionali.

Secondo dati della Commissione Europea, attualmente il settore ICT registra dodici milioni di posti di lavoro e vale il 6% del PIL dell’Unione Europea, ma le donne sono largamente sotto-rappresentate.

Quindi il tema è di grande attualità: ridurre il gender gap in un’area strategica come quella delle ICT può costituire una grande opportunità di crescita, sia sociale che economica, sulla quale in momenti di grande incertezza e ripensamento come quelli che viviamo vale la pena di in vestire con decisione.

Non si tratta solo di aiutare le giovani studentesse a capire i vantaggi di approcciare le ICT per garantirsi un futuro, si tratta di captare le competenze e le inclinazioni naturali delle donne per indirizzarle verso attività che non solo offrano loro opportunità di lavoro ma anche di soddisfazione perché sapranno adattarsi al loro essere e al loro sentire.

I dati sull’uso delle tecnologie anche da parte delle ragazze sono abbastanza confortanti (anche loro sono native digitali) e ci sono differenze che possono e devono diventare opportunità! Gli uomini utilizzano più delle donne la rete come strumento informativo, ma sono le donne ad utilizzare il web per profili di carattere pratico afferenti alla vita quotidiana (es prendere appuntamento con il medico) o presenti sul social network.

Siamo diversi, e la differenza è un valore che va sottolineato e integrato nella definizione degli sviluppi futuri della società dell’informazione e della conoscenza.

Le donne devono essere incluse nella definizione delle policy come tutti i portatori di interesse (stakeholder). Questa è l’unica garanzia che gli sviluppi futuri siano innovativi e garantiscano a tutta la società opportunità di sviluppo armonico.

Che cosa si può fare allora per non sprecare risorse e competenze che potrebbero aiutare il Paese a crescere?

Sarebbe sufficiente applicare quanto suggerito dalla Commissione Europea in diversi documenti di indirizzo di cui citiamo solo alcune indicazioni:

  • Politiche e normative per le pari opportunità
  • Parità di salario per parità di lavoro
  • Equilibrio di genere nelle posizioni decisionali (la CE propone il 40%)
  • Superare i ruoli di genere nella formazione

“Senza l’intelligenza, la saggezza e la concretezza delle donne, l’Italia non può esprimersi in tutto il suo potenziale e non può uscire dalla crisi. La presenza delle donne è indispensabile per la crescita economica, civile e sociale del Paese: è indispensabile per l’Italia e il suo futuro… Vogliamo la garanzia che i governi del futuro siano composti di uomini e donne, giovani e meno giovani, governi in cui la diversità di composizione sia ricchezza, vogliamo che sia fatta una legge elettorale di democrazia paritaria, secondo le elaborazioni dell’Accordo di Azione Comune, vogliamo che vengano portate avanti politiche di coesione creando un’infrastruttura sociale di servizi pubblici e privati.

Vogliamo che il Paese sia rappresentato a tutti i livelli, fino al più elevato, da donne competenti e sagge…

Chiediamo di declinare la parola saggezza anche al femminile per dare valore a quella componente necessaria e imprescindibile per ogni sviluppo cui si aneli.” (“Dopo il Piano B e il Piano C adesso serve il Piano D!”).

FLAVIA MARZANO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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