L’apartheid della ricchezza che divide bianchi e neri

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“L’apartheid qui non è più tra bianchi e neri ma tra ricchi e poveri. Guarda questa via: divide i neri che stanno bene da quelli che vivono nella baraccopoli. Basta una strada”.Lo spiega così il Sud Africa, il mio autista, specificando: “Quello che sta avvenendo da noi è ciò che accade nei vostri Paesi europei. Oggi ciò che divide è la ricchezza”.

Credits: wallpaperweb.org

La differenza tra l’Italia e il Sud Africa, è la storia: nella primavera del 1994, mentre in Italia eleggevamo presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nel Paese di Nelson Mandela avvenivano le prime elezioni democratiche con suffragio esteso a tutte le etnie. Ventuno anni dopo i due Paesi hanno più punti in comune di quanto si possa immaginare: il tasso di disoccupazione ufficialmente ha superato il 25% con quella giovanile che raggiunge il 48% (in Italia è al 44%); gli immigrati sono il motivo di tensione sociale al punto che la borghesia a Cape Town o a Johannesburg, vive asserragliata nelle proprie ville con il filo spinato e i sistemi di sicurezza ben in evidenza.

Immigrazione e xenofobia: un problema in comune

L’immigrazione sembra essere “il” problema numero uno anche in Sud Africa: arrivano dai Paesi confinanti alla ricerca di fortuna. Basta parlare con un venditore di strada per trovarsi a chiacchierare con un senegalese a Cape Town. Nei locali a svolgere le mansioni da cameriere per pochi rand sono neri che arrivano dai Paesi più poveri. La maggior parte, giungono dallo Zimbawe, dove la redistribuzione della terra da parte dello Stato ha causato un crollo dell’economia che ha spinto molte persone ad andarsene.Un fenomeno che ha creato sempre più nervosismo tra la popolazione e soprattutto ha riportato a galla episodi xenofobi che nella scorsa primavera hanno visto persino qualche morto per strada.“Ma non si parli di apartheid”, spiega il capo progetto di una Ong italiana che lavora per Il Governo.

E a chi gli fa notare che comunque bianchi e neri non vivono nello stesso posto, lui risponde:

Dov’è quel luogo nel mondo dove bianchi e neri si mescolano? Quello che mischia le persone è il denaro non la razza.

E continua: “C’è un passato che fa parte dell’eredità di questo Paese ma le contraddizioni del mondo di oggi sono qui come negli Stati Uniti o in Europa. C’è una storia che si innesta sulla modernità”.A pensarci bene nemmeno in Italia bianchi e neri si mescolano: nelle grandi metropoli i popoli di colore vivono in quartieri “ghetto” ben distanti dai Parioli di turno.

La cultura come antidoto all’apartheid

Chi prova ad invertire la tendenza in una città come Cape Town è il console italiano Alfonso Tagliaferri, un giovane diplomatico in carriera, convinto che la cultura può fare molto: ad ottobre ha organizzato una serata di musica d’opera a Langa, una township passata alla storia per la resistenza contro l’apartheid.Ma non basta.

Il vero cambiamento culturale, in un Paese dove la politica continua ad essere nelle mani di una classe dirigente di colore (l’African National Congress fondato da Mandela), non preparata ad affrontare le sfide dei prossimi anni, sembra essere nelle mani della prima generazione sudafricana post-apartheid. Li incontri nel quartiere Maboneng a Johannesburg, una zona dove la comunità ha rilanciato un progetto di riqualificazione urbana. Loro sono quelli cresciuti senza vivere il regime segregazionista ma leggendolo sui libri di storia. Non hanno dovuto lottare per conquistare i diritti ma nella prima potenza economica dell’Africa fanno fatica a trovare un lavoro stabile. Una “musica” che ben conosciamo in Italia da dove molti giovani fuggono.

Non è forse un caso che proprio in Sud Africa, secondo i dati forniti dal Consolato, ci sarebbero 10 mila italiani registrati solo a Cape Town. “Negli ultimi anni – racconta Ciro Migliore, storico giornalista direttore della Gazzetta del Sud Africa – si contano tra i tre e i quattro mila arrivi dall’Italia”. Uomini e donne con una laurea in mano come la comunità di ricercatori che ha dato vita al primo censimento: fisici, chimici, biologi ed ingegneri ma anche architetti, giuristi, economisti ed antropologi attirati dal dinamismo scientifico del Paese africano.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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