La coppia italo-americana che salva i migranti in mare con super-droni (a proprie spese)

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L’Odissea dei rifugiati che provano, a migliaia, a raggiungere le coste italiane partendo dal Nordafrica, continua ad arricchirsi di nuovi capitoli. Lo scorso weekend l’emergenza ha fatto registrare una nuova impennata, con ben 4.800 migranti, secondo le prime stime, tratti in salvo dalla guardia costiera e dalla marina italiane.

I migranti soccorsi ieri dalla missione privata MOAS

LA “MARE NOSTRUM” PRIVATA CHE SALVA I MIGRANTI

Altre 369 persone (la maggior parte Eritrei, di cui una donna e 45 bambini e neonati) sono stati salvati proprio nel pomeriggio del 3 maggio a largo di Lampedisa dalla prima iniziativa umanitaria di soccorso in mare privata al mondo, la Migrant Offshore Aid Station (MOAS), fondata nel 2014 da due giovani coniugi, Christopher e Regina Catrambone, americano lui, italiana lei, che hanno scelto di non vivere il dramma da spettatori, come fa la maggior parte di noi, ma di impegnarsi in prima persona e cercare di mettere fine allo scempio.

Chtistopher e Regina Catrambone

Non è per sminuire chi magari si limita ad una donazione online: non possiamo essere tutti sul campo, e pochi del resto hanno la cocciutaggine, la sensibilità e le risorse dei Catrambone; un business multinazionale milionario e ben avviato nel campo della fornitura di servizi di assistenza medica e copertura assicurativa per chi si trova impegnato all’estero (per motivi di lavoro o altro), nelle zone “calde” del pianeta. Società messa in piedi nel 2008 da Christopher, non ancora trentenne ma già con lo spirito dell’avventuriero (in senso buono) oltre che dell’uomo d’affari.

Da avventuriero a filantropo, a volte, il passo è breve. Basta un cappotto invernale che galleggia nelle acque tiepide al largo di Malta, notato da Regina durante una crociera nell’estate del 2013.

Un dettaglio fuori posto che incuriosisce. Poi qualche domanda, che porta alla consapevolezza che porta scoprire che dietro la placida vita e le bellissime spiagge dell’isola, si consuma una tragedia di cui fino a qualche tempo fa, si parla poco: quella dei rifugiati che muoiono a frotte cercando di raggiungere le coste italiane.

Un gommone MOAS trasporta verso la nave Phoenix alcuni dei 369 migranti salvati ieri

PHOENIX

Un anno dopo, assunto un equipaggio esperto e motivato, e comprato un vascello di 40 metri, il Phoenix, appositamente attrezzato per le operazioni di soccorso, Moas inizia ad operare nel Mediterraneo.

Il questo momento Phoenix sta portando a Pozzallo i quasi 400 migranti salvati in mare ieri.

“L’anno scorso abbiamo salvato più di 3000 persone in due mesi, e mentre altri discutono i pro e i contro di salvare vite, noi restiamo fermi nella nostra idea che nessuno dovrebbe essere lasciato annegare – dice il direttore delle operazioni della Ong, Martin Xuereb, un ex generale delle forze armate di Malta”.

Quest’anno le operazioni si svolgeranno per un semestre, a partire dall’inizio di maggio, e Moas una partnership con Medici Senza Frontiere per migliorare l’assistenza post-soccorso.

Il team medico di MSF a bordo della Phoenix è composto da due medici e un’infermiera con competenze e attrezzature necessarie per il trattamento di un’ampia gamma di condizioni mediche: ustioni, disidratazione, rianimazione nonché malattie croniche quali il diabete, condizioni cardiovascolari, assistenza ostetrica.

Medici ed equipaggio a parte, un ruolo importante, nelle operazioni di salvataggio, lo svolgono i droni.

“Sempre più spesso abbiamo a che fare con piccole imbarcazioni di gomma, che sfuggono al radar – mi spiega Catrambone via mail – ragion per cui, l’unico modo per individuarli, sono i velivoli senza pilota. In diverse occasioni sono serviti per comunicarci l’ultima posizione nota del natante, e poi, sulla base delle correnti, del tempo, dei venti e dell’esperienza, il direttore delle operazioni è stato in grado di tracciare una possibile rotta per intercettarlo”.

Uno dei due superdroni utilizzati per le ricerce in mare

DRONI DA MILIONI DI DOLLARI PER LE RICERCHE IN MARE

I piccoli (ma nemmeno troppo) robot volanti sono due Schiebel Camcopter S-100, in grado di volare per più di sei ore a una velocità di crociera di 100 Km orari, e dotati di una videocamera in alta definizione utile anche per le esplorazioni notturne.

Non costano poco: l’organizzazione non fornisce cifre precise, ma secondo Bloomberg, che pure si è occupato della vicenda, si parla di più di un milione per pochi mesi di noleggio.

“La tecnologia – dice Catrambone – ha enormi potenzialità. I droni, nell’arco di 6 ore, possono pattugliare fino a 900 miglia nautiche. Grazie ai loro sensori, sono in grado di individuare gli obiettivi e consentono così agli ufficiali a bordo di prendere decisioni consapevoli. Alcuni di essi possono anche essere equipaggiati con canotti di salvataggio e boe sonar. Gli unici limiti sono di tipo legale, dato che ci sono ancora delle restrizioni che riguardano l’utilizzo di velivoli senza pilota nello spazio aereo controllato”.

C’è tanto da fare, come l’ultima tragedia in cui hanno perso la vita, si ritiene, più di 700 persone, ha purtroppo dimostrato.

Triton, la missione di pattugliamento delle acque costiere che ha sostituito la più ambiziosa Mare Nostrum, ha dimostrato tutti i suoi limiti.

Gli sforzi del governo italiano che ha chiesto all’Europa di sporcarsi le mani e non considerare l’emergenza soltanto come un problema da risolvere a livello nazionale, sembrano aver dato qualche frutto: i fondi per Triton sono stati triplicati. Ma l’Italia rimane comunque isolata in seno all’Ue mentre i partiti xenofobi approfittano dell’emergenza per rispolverare la grancassa anti-straniero, e assicurarsi qualche voto in più a spese dei morti.

L’infografica con i numeri delle missioni MOAS

Certo, le operazioni di Moas non possono sostituirsi alle iniziative ufficiali – ne hanno la pretesa di farlo. Del resto, la Phoenix incrocerà molto più vicino alle acque libiche di quanto facciano le navi stanziate dall’Unione Europea per il pattugliamento delle frontiere. Ma quello che conta, non è tanto o comunque non è solo il numero di vite umane salvate dai Catrambone (che è comunque ingente): conta (e molto pure) il messaggio dato dai due coniugi, un messaggio di solidarietà e impegno personale, in un momento in cui tanti, troppi, trovano molto più facile rinchiudersi nell’egoismo e criticare.

FEDERICO GUERRINI*

* Federico Guerrini è giornalista e scrive di innovazione per Startupitalia!, La Stampa, Forbes, Zdnet e altre testate nazionali e straniere

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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