Dai mattoni all’informazione: viaggio al centro dell’architettura

innovaizone

Per capire l’impatto della rivoluzione informatica nella città e nell’architettura bisogna rimuovere subito una convinzione errata. La convinzione è che architetti e designer pongano nello spazio tridimensionale “oggetti”. Questa concezione è legata ad una serie di forme mentali che ci sono state insegnate sin da piccoli. Per esempio quella che lo spazio fisico è veramente organizzato con le norme geometriche del sistema cartesiano e che il mondo è veramente governato dalle regole della fisica classica newtoniana.

Entrambe queste posizioni tendono a imbalsamare quella che è una specifica concezione di spazio (quindi storicamente e scientificamente datata) come fosse oggettiva, come fosse “vera” una volta per tutte.Il pensiero contemporaneo ci ha fatto capire che lo spazio cartesiano non è in quanto tale vero o falso. Si tratta di capire invece all’interno di quali condizioni questa concezione funziona e quando è utile per arrivare ad alcuni risultati pratici.

Facciamo un esempio.

Se prendiamo come “condizione” il piano piatto della superficie, la geometria euclidea funziona benissimo ed è di grande utilità (per esempio, per lottizzare un terreno agricolo). Ma se aderiamo alla condizione della curvatura terreste dobbiamo elaborare una geometria diversa (per esempio quella curvilinea di Riemann). Ora se per la lottizzazione del terreno la differenza è talmente piccola da rendere inutile il ricorso alla geometria di Riemann, in altre condizioni essa diventa decisiva. Nell’immensamente grande della curvatura dei raggi solari o nell’immensamente piccolo della materia abbiamo bisogno di strumenti del tutto diversi da quelli che usualmente vanno più che bene ed ecco che la geometria curvilinea (e con essa una diversa concezione di spazio) diventa indispensabile.

Torniamo all’architettura. La presenza dell’informatica determina una dimensione completamente diversa degli oggetti e dello spazio.

Gli oggetti possono avere intelligenza ed informazione “costruita” dentro ogni oggetto, e ogni oggetto può interagire con mille altri e lo spazio non è più un vuoto dove si collocano oggetti ma una rete attivabile, modificabile, reagente proprio via elettronica (con i sensori, i movimenti interattivi, le onde eccetera.). Non c’è più uno spazio fermo e un oggetto dentro questo, ma un insieme di relazioni da attivare e da fare entrare dentro il progetto in tutti suoi aspetti: da quelli funzionali, a quelli della sostenibilità a quelli di una stessa diversa componente estetica.

Attenzione però. Non si tratta di aggiungere uno strato virtuale ed elettronico ad uno fisico e materiale, ma si tratta di un vero e proprio cambio di paradigma: dagli oggetti alle relazioni.

Lo spazio in cui ci si deve muovere oggi che siamo nella rivoluzione informatica è completamente diverso da quello euclideo dato dagli oggetti della fisica classica. E’ uno spazio i cui mattoni, la cui materia prima è diventata l’informazione! E’ l’informazione che determina una diversa condizione, che determina una accelerazione di valore.

Facciamo di nuovo degli esempi. “Che Futuro!” si è interessata alla nostra installazione TreeIT. Lo spazio urbano è caratterizzato in questo caso sì da fatti fisici e spaziali (un percorso pedana che si muove nel centro storico di una cittadina laziale e si aggancia in alcuni punti all’ambiente), ma anche contemporaneamente vive di informazione. Attraverso un sistema di sensori di prossimità governato da schede Arduino circa cento alberi interattivi si accendono al passaggio, al coinvolgimento vorremmo dire, dei cittadini. La pedana è un fatto fisico; gli alberi, i sensori, il passaggio determina una nuvola di informazioni che si integrano alla presenza fisica della pedana per far vivere tutto in una diversa dimensione spaziale

Un altro esempio di spazio dell’Informazione è il lavoro Tecno-Primitivo. In questo caso abbiamo costruito una capanna degli anni Duemila! Gli architetti conoscono l’icona storica della Capanna primitiva, quella che l’abate Laugieriv pose a frontespizio del suo trattato di architettura del 1753. Alle soglie dell’Illuminismo, quella immagine voleva dire dire… basta con gli stilemi rococò e barocchi; l’architettura deve ripartire dalle regole semplici della natura. E la donna-architettura seduta sulle rovine degli ornamenti classici indicava al putto architetto il nuovo inizio: una capanna fatta solo dall’intreccio di alberi.

Noi del gruppo nITro, partner in charge Tarducci e Ampolo, abbiamo ricreato una Nuova capanna primitiva degli anni duemila. Sdraiato su un’amaca da solo o in coppia un abitante contemporaneo muove il proprio corpo nello spazio, ma lo spazio non è solo quello descritto dalla capanna perché vi è uno spazio dell’informazione marcato da sensori di movimento. Il movimento dell’abitante percepisce la presenza d questo spazio “intrecciato” a quello fisico perché il movimento del suo corpo altera interattivamente delle composizioni musicali. Il corpo reagisce così con questo spazio a metà vegetale a metà sonoro a metà dell’informazione.

Il paradigma digitale si muove così con quello informativo catturato da sensori che di nuovo via Arduino modificano le composizione musicali. L’abbraccio allo spazio attivizza questa dimensione informativa facendola vivere insieme a quella fisica della capanna e a quella vegetale degli alberi. Di nuovo, non è uno spazio virtuale “aggiunto” ma il mondo dell’elettronica è intimamente interconnesso a quello fisico.

Questi due esempi servono a illustrare il nuovo concetto di spazio dell’informazione ed hanno un campo di applicazione di tipo teorico e di tipo estetico. Gli altri interventi del gruppo nITro che si succederanno su “Che Futuro!” fanno compiere un salto ancora più concreto e pratico. Come utilizzare questo spazio dell’informazione e il ruolo delle tecnologie informatiche ed interattive nel caso dei rifiuti urbani, dell’inquinamento dell’aria e dell’acqua, di nuove forme di locomozione, di riforestazione, di relazione con gli spazi dell’educazione?.

L’universo dei sensori può rendere interattiva l’architettura, farla reagire al variare dei bisogni, dei desideri, renderla multitasking come i nostri stessi computer e questo non perché piace o diverta, ma perché è esattamente la nuova concezione di spazio che lo richiede e le nuove crisi del mondo contemporaneo che ne hanno bisogno. E questa richiesta è epocale. Quanti prima lo capiranno anche tra architetti, urbanisti e amministratori meglio sarà.

Siamo all’alba della rivoluzione delle nanotecnologie.

Qui e là cominciano ad apparire intonaci che sono capaci di mangiarsi lo sporco e auto pulirsi, oppure asfalti che si nutrono di smog, oppure materiali che assumono una forma e poi un’altra al variare della temperatura e delle situazioni. Siamo all’alba di un inserimento di una sorta di intelligenza diffusa nei materiali stessi. Le città investono in questa direzione per capire come l’ambiente urbano può essere più “intelligente”, più reattivo grazie alla scienza e alle tecnologie: bisogna esserci muovendo il ragionamento dal suo capo.

Siamo in uno spazio diverso, l’informazione è diventata la materia prima. Una informazione che penetra nei nostri database, crea gli algoritmi dei nostri progetti, determina inedite possibilità di mutazione e adattamento topologico, che segna la possibilità di gestione, trasformazione, sviluppo anche futuro dell’edificio, che guida e struttura i nostri sistemi territoriali da una parte e dall’altra organizza la fabbricazione e il cantiere.Ma anche una informazione che come abbiamo visto si nebulizza nello spazio, uno spazio che non è fatto più come pensavano i nostri padri per metterci dentro l’oggetto di architettura, ma per intessere relazioni aperte, dinamiche interattive. Un nuovo spazio dell’informazione e questa condizione esiste e serve.

Roma, 20 febbraio 2014Antonino Saggio ; nITroSaggio

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

Startup ultimo giorno per .itCup. Sulla Laguna continua Digital Venice

innovaizone

L’impresa punti sulle relazioni, perché ascoltare significa crescere