Cos’è l’impact investing e i 7 comparti innovativi che finanzierà

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Ai tempi d’oggi sono in tanti a parlare d’innovazione ma ancora in pochi s’interrogano sul valore del suo impatto. Per chi vive la modernità dell’essere al passo con i tempi (per non parlare di chi ha l’ambizione di volerli anticipare) guiderà il paradigma dell’impact investing nel crescente scenario della finanza d’impatto.

Credits: impactbase.org

Il concetto coniato, a proposito di innovatori nel 2008, da JP Morgan e Rockefeller Foundation, introduce una nuova classe di investimenti in grado di:

  • GENERARE IMPATTO, come parte intrinseca dell’investimento;
  • MISURARE LE RICADUTE, in termini di esternalità (positive e negative) sulla comunità di riferimento;
  • VALORIZZARE IL RITORNO ECONOMICO almeno pari al capitale investito con un tasso d’interesse paziente ma non per questo inferiore a quelli tradizionalmente intesi;

Proprio in quello spazio dove non investe lo Stato, né il sociale, né tantomeno il profit – a causa degli elevati rischi di una terra che sembra appartenere a nessuno – si renderanno concrete le più redditizie opportunità d’investimento.

I finanziamenti in crescita, gestiti da soggetti interessati alla diversificazione del proprio portfolio, sosterranno lo sviluppo di progettualità generatrici di nuovo valore per le comunità territoriali, producendo alto impatto sociale, ambientale e occupazionale (si, anche nuovi posti di lavoro).

Si stima che il mercato della finanza di Impatto – in Italia – peserà tra 1.0 e 4.8 miliardi di Euro di asset gestiti nel 2017.

L’opportunità è, quindi, rappresentata dalla possibilità di entrare a far parte di un’inedita infrastruttura economica da cui far generare un ecosistema e un mercato favorevole allo sviluppo di un nuovo e redditizio rapporto tra pubblico e privato.

INVESTIMENTI PER FINANZIARE COSA?

L’International Finance Coorporation, un’istituzione della Word Bank, considera come maggiormente attrattivi per l’impact investing:

1.

I cosiddetti wearable, ovvero mini computer, smart watch, sensori, occhiali a realtà aumentata che una volta indossati consentiranno di acquisire in tempo reale informazioni su aree di proprio interesse (dalle previsioni del tempo, al proprio stato di salute o ancora alla pericolosità di una strada);

2. Smart system, con specifica attenzione ai progetti che consentiranno di rendere intelligente il funzionamento degli edifici (soprattutto pubblici) e lo sviluppo di nuove strumentazioni tecnologiche a supporto e monitoraggio delle ben note inefficienze;

3. Watertech, dove l’attenzione è rivolta ai sistemi di filtraggio e conservazione dell’acqua con specifico riferimento al trattamento per la gestione e riduzione dello spreco;

4. Riciclo dei rifiuti, per tutte quelle idee tese ad ottimizzare le modalità di “servizio” del riciclo e alla trasformazione dei rifiuti.

5. Energia (anche se meno attrattivo come campo rispetto ai primi tre), dove si registra ancora ampio spazio rivolto allo sviluppo delle energie rinnovabili ma ancora di più agli innovativi sistemi per la sua conservazione;

6. Il settore dell’e-commerce, con l’investimento rivolto ad applicativi e protocolli per il B2B, B2Ce C2C a cui si accosta la crescente l’attenzione per lo sviluppo del agritech per tutti quegli strumenti che consentiranno una migliore gestione delle terre e la migliore ottimizzazione nell’uso di pesticidi naturali mentre nel medtech guida l’attenzione l’incremento qualitativo per gli strumenti connessi alla Telemedicina e nel biotech industriale lo sviluppo di materiali/carburanti e componenti chimici ecofriendly;

7. Edutech, per lo sviluppo della Formazione online e del Remote Learning con tutti i modelli innovativi di formazione.

Credits: nocamels.com

INVESTIMENTI FINANZIATI DA CHI?

Crescono, così, gli investimenti nel nostro Paese, guidati anche dalla spinta di realtà come: Big Society Capital, The Young Foundation, Bridge Venture, Huntington Capital, Sjf Ventures. Tuttavia si tratta di un mondo dalle sfaccettature molto diverse che devono necessariamente essere contestualizzate rispetto ai diversi contesti e Paesi di riferimento per scongiurare il rischio di ricondurre all’interno del macro insieme dell’impact, iniziative che con quest’ultimo hanno poco a che fare.

Anche per questa ragione, a livello Europeo sono state avviate delle iniziative (come The Social Impact Accelerator dell’European Investment Fund o la G7 Task Force on Social Impact Investment) per cercare di riportare il tema sotto un denominatore comune, in grado di armonizzare e coniugare all’interno della medesima filiera investimenti responsabili e sostenibili, la remunerazione dei capitali che risultano tali soltanto nel momento in cui superano la prova della certificazione dell’impatto.

Attualmente è in atto un dibattitto tra gli operatori del mercato sull’importanza di definire delle metriche standard per la valutazione dell’impatto.

Questo dibattito vede contrapporsi, da una parte, chi considera la misurazione dell’impact return un mero costo aggiuntivo in termini di risorse economiche e di tempo e, dall’altra, chi ritiene che la misurazione sia un fattore critico per dimostrare l’efficacia degli investimenti e quindi la rispettiva natura impact. A sostegno di quest’ultima tesi: l’IRIS (the impact reporting anche investment standards), progetto nato nel 2008 per volontà della Fondazione Rockefeller, Acumen Fund e B Lab, con il supporto di Hitachi, Deloitte, PricewaterhouseCoopers e USAID.

L’IRIS ha l’obiettivo di fornire una tassonomia standard per la definizioni e la misurazione dell’impatto sociale, ambientale e finanziario. A cui si accosta il GIIRS Rating&Analitics: un indice, sviluppato dall’organizzazione no-profit americana B Lab, che raccoglie le valutazioni effettuate da terzi sull’impatto sociale ed ambientale di società e fondi. GIIRS valuta i fondi, insieme alle loro società in portafoglio, utilizzando un set di indicatori di performance che possono essere classificati in quattro macro-aree: governance, risorse umane interne, comunità di riferimento e ambiente e che hanno lo scopo di valutare l’impatto sociale prodotto. B Lab, inoltre, certifica gli operatori di mercato, conferendo il titolo di Certified Benefits Corporation a coloro che rispettano requisiti pre-determinati.

Credits: startups.co.uk

UNA NECESSITA’ PIU CHE UN’OPPORTUNITA’

E così, sembra quasi che il mercato dell’Impact Investing rappresenti oggi più di un’opportunità una necessità con cui rispondere a nuove sfide globali. I principali attori che animano questo ecosistema lavorano insieme per sostenere una nuova economia delle soluzioni che consentirà di rispondere al fatto che:

  • L’OFFERTA di capitali non riuscirà da sola, a promuovere nuovi investimenti a forte impatto comunitario;
  • IL GOVERNO non è più in grado di soddisfare le richieste del cittadino in maniera efficace;
  • LA DOMANDA progettuale (startup e imprese) nella maggior parte dei casi è sotto-capitalizzata e raramente riceve finanziamenti tali da raggiungere un’ampia scala.

I tre attori, in una dinamica e azione di sistema, dovranno costruire le basi per nuove connessioni in grado di creare un’nfrastruttura sociale ed economica d’impatto per la nostra comunità nazionale.

Il nostro governo, e i soggetti a vocazione pubblica in generale, dovranno interpretare un duplice ruolo nello sviluppo del mercato dell’impact investing.

Da un lato, sostenendo l’offerta di capitali, attraverso la finalizzazione dei fondi strutturali per sostenere la nascita di nuove partnership pubblico-private rivolte ad imprese che presentino metodi innovativi nella fornitura di servizi pubblici e proposte innovative per la gestione di beni comuni e, dall’altro, in qualità di policy-maker, creando un sistema di incentivi che aumentino la partecipazione di investitori privati al mercato.

Per passare dalla teoria all’economia reale, ci possiamo dare appuntamento oggi a Milano, al Salone del Risparmio che si terrà in Bocconi.

Let’s make it happen, direbbe un amico…

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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