Bene Industria 4.0, ma c’è tutto un mondo lasciato da parte…

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Il piano presentato dal ministro Calenda per Italia 4.0 ha molti meriti. Per una volta, l’Italia gioca le sue carte con la determinazione di chi vuole essere protagonista dei grandi cambiamenti del nostro tempo. Sono diversi anni ormai che si ragiona attorno a una nuova rivoluzione industriale, in grado di trasformare in profondità i modi di produrre, di consumare e di lavorare grazie a un capovolgimento delle regole ereditate rispetto a quello che abbiamo considerato il paradigma della produzione di massa. Finalmente un ministro ha il coraggio di definire un piano per guidare il secondo paese manifatturiero in Europa attraverso un percorso che prefigura il coinvolgimento di tutti gli attori interessati.

I PUNTI DI FORZA DI INDUSTRIA 4.0

I punti di forza del piano sono principalmente due: da un lato il sostegno agli investimenti, in calo drammatico dalla grande crisi finanziaria di quasi dieci anni fa, e dall’altro un grande progetto di upgrade delle competenze attraverso il contributo di scuola e università.

La combinazione di questi due ingredienti può davvero essere l’innesco per un rilancio della produttività del nostro paese che manca da troppi anni. Dobbiamo imparare a produrre più valore per unità di tempo lavorato: la combinazione di nuove tecnologie e nuovi saperi è l’unica via per sostenere la competitività di una manifattura che in questi anni si è proiettata con coraggio sui mercati internazionali conquistando posizioni spesso sorprendenti.

Lascia perplessi l’assenza di quel mondo che in questi anni ha già cominciato a praticare questa rivoluzione senza aspettare gli incentivi pubblici o le raccomandazioni del governo

C’è un aspetto, tuttavia, che lascia perplessi rivedendo le slide presentate a qualche giorno fa. Ed è l’assenza di quel mondo che in questi anni ha già cominciato a praticare questa rivoluzione senza aspettare gli incentivi pubblici o le raccomandazioni del governo.

E’ giusto che alcune imprese particolarmente dinamiche si facciano carico di imprimere una direzione tecnologica forte all’evoluzione delle tecnologie. Sarebbe riduttivo chiamare i cambiamenti determinati da alcuni – pochi – capifiliera una vera e propria “rivoluzione”. Se abbiamo tutti utilizzato questa espressione è perché crediamo che le nuove tecnologie della manifattura digitale, dalla stampante 3D alle schede Arduino, dai droni ai software di intelligenza artificiale, non cambieranno solo la vita di questa o quella imprese leader. Se usiamo la parola rivoluzione è perché crediamo che queste tecnologie trasformeranno il nostro modo di creare, di consumare, di imparare, di esprimerci.

I GIOVANI DELLA MAKER FAIRE ROMA

I tantissimi giovani che presentano i loro progetti alla Maker Faire di Roma, i tanti designer che hanno imparato a usare stampanti 3D e taglio laser per ripensare l’autoproduzione, i frequentatori dei Fab Lab che hanno animato comunità di appassionati di tecnologia, tutto questo mondo ha creduto da tempo in questo cambiamento e già oggi ne è parte a pieno titolo.

Senza l’entusiasmo e l’inventiva di queste persone difficilmente potremo davvero cambiare la nostra economia e rilanciare la nostra competitività. Un accenno a questo mondo nelle slide del ministro sarebbe stato utile: un modo per chiarire che questa è davvero una “rivoluzione” cui tutti possono contribuire.

STEFANO MICELLI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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