Avviso ai naviganti, si prepara una tempesta perfetta contro Internet

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Non si è mai visto in Italia un clima così pericolosamente favorevole all’arrivo di nuove draconiane leggi per Internet. Aspettiamoci di tutto, da qui a settembre. Solo nelle ultime due settimane abbiamo avuto più di un indizio in questo senso: il nuovo tentativo di Agcom di deliberare sulla pirateria online senza passare dal Parlamento e il grande ritorno della proposta di legge “ammazzablog”. Le discussioni politiche sul bisogno di leggi speciali per il web e recenti sentenze che allargano le responsabilità per chi gestisce un blog o una pagina Facebook.

«E’ un momento preoccupante. Si prepara una tempesta perfetta di forze che sono pronte a scatenarsi tutte insieme per restringere la libertà di Internet», conferma Juan Carlos de Martin, del Politecnico di Torino e tra i più attenti osservatori di questi temi in Italia.

«Siamo sempre riusciti a contrastare simili tentativi, quando queste tendenze emergevano singolarmente. Ma adesso ci arrivano addosso tutte assieme». La novità è che è cambiato il clima politico. Inutile girarci intorno: è questa la chiave di lettura che spiega tanto confluire di forze.

Due eventi, in particolare, sono alla base: primo, il successo elettorale del M5S alle elezioni politiche; secondo, l’alleanza PD-Pdl che sta già dando prova di essere in chiave anti-Grillo.

«E’ una reazione al successo del M5S, la politica ora pensa che senza web Grillo non avrebbe avuto questi risultati», dice De Martin.

Consideriamola, se vogliamo, un’evoluzione. Prima la politica- e con questo termine intendiamo le massime cariche istituzionali, quelli che contano, insomma- era sostanzialmente indifferente a Internet. Al massimo se ne serviva strumentalmente prima delle elezioni.

Così c’era al solito un balletto di proposte di legge draconiane, che venivano parate grazie a quei pochi politici avveduti che remavano in senso opposto ascoltando gli allarmi lanciati da giornalisti ed esperti: Luigi Vimercati (PD), Vincenzo Vita (PD), Roberto Cassinelli (PDL), tra gli altri. Persone che adesso non sono più in Parlamento, «toccherà trovarcene nuove, per difendere i diritti di internet…», dice De Martin.

È una fase di passaggio in cui abbiamo il fianco scoperto, insomma.

Adesso la politica non è più indifferente, ma considera la rete più un male che un bene: la vuole normalizzare, addomesticare.

La delibera che Agcom vuole fare entro giugno può essere un po’ la testa di ponte di questa nuova tendenza. Agcom dice di non aver ancora pensato ai contenuti della delibera, ma già premette di non ritenere di dover coinvolgere il Parlamento.

Può fare da sé, insomma, in una questione che tocca i diritti civili, di accesso all’informazione, di espressione. L’industria del copyright sa che il momento è propizio e chiede a gran voce che Agcom intervenga. Confindustria digitale e Confindustria cultura sono per una volta uniti in questa missione, suggerendo all’Autorità di fare processi rapidi ai siti accusati di facilitare la pirateria, per poi bloccarli.

Il rischio è che passi l’idea secondo cui un’Autorità possa decidere, da sola, vita e morte di un sito. Si tratta di pirati, si dirà. Ma la definizione di pirateria è flessibile, negli anni è cambiata diventando sempre più inclusiva, arrivando a metterci anche i motori di ricerca, le collezioni di link. E poi si sa come funziona una testa di ponte: comincia da qualcosa di piccolo per estendere il concetto- maggiore controllo sul web- anche al resto. Prima si sequestravano solo siti pedofili ora anche quelli accusati di diffamazione, prima ancora che si compia il processo, in modo preventivo. E ancora: prima si veniva condannati per ciò che si scriveva sul web; adesso, sempre più, anche per quelli che fanno i propri commentatori (leggi anche qui).

Se passa il concetto che non ci sono limiti e garanzie, né diritti fondamentali, nei confronti delle singole autorità che possono decidere sul web, tutto è permesso. Tutto è possibile.

Attenzione che sono i Paesi autoritari o semi democratici a spingere verso un maggiore potere degli Stati di controllare internet, come dimostrano le recenti riunioni internazionali di Ginevra. Non è un caso, e l’Italia farebbe bene a non sposare queste posizioni. «E’ un ambito che bisogna monitorare con attenzione, anche in Italia», conferma Stefano Trumpy, del Cnr e delegato del governo italiano presso l’Icann.

Personalmente non sono tra coloro secondo cui internet si autoregola, che non c’è bisogno di altre leggi. Il noto giurista Stefano Rodotà definisce una forma di “naturalismo” questo pensiero. Che identifica cioè l’attuale Internet a uno stato di natura perfetto e intoccabile.

Ci sarebbero, in realtà, campi in cui intervenire. Ma verso maggiori tutele dei diritti degli utenti, anziché il contrario. Nella diffamazione, è interessante quello che sostengono i giuristi e docenti Carlo Melzi d’Eril e Giulio Enea Vigevani sul Sole24ore di domenica 19 maggio (purtroppo l’articolo non si trova online). Propongono: estendiamo le tutele della stampa- contro le possibilità di sequestri- anche agli scritti online, purché non anonimi. Lasciamo l’anonimato sul web, ma con gli attuali diritti, non potenziati. Può essere un buon equilibrio tra i due concetti di libertà e responsabilità, che sono da sempre legati tra loro. Per i reati fatti sul web- ivi compresa la pirateria- possiamo potenziare l’enforcement, cioè le forze a disposizione di chi deve vigilare e decidere. Ma senza scorciatoie amministrative che possono generare storture.

Per il copyright, servono anche nuovi diritti: per esempio a tutela del fair use, della possibilità di usare materiale protetto da diritto d’autore senza chiedere autorizzazioni o pagare licenze. È un’idea presente anche in una bozza di delibera sulla pirateria, del precedente consiglio di Agcom (i cui vertici si sono rinnovati a luglio).

Ma ancora: c’è tutto il tema dei diritti della privacy, a fronte dello strapotere che alcune aziende hanno sui nostri dati e sui Big Data (interessante questo recente intervento sul Mit Technology Review).

In generale questi nuovi diritti rispondono al bisogno di adattare le leggi al valore rivoluzionario che Internet ha avuto per la nostra società. Se continuiamo a usare i vecchi recinti mentali, succederanno ancora storie come quella della Ferrero che fa chiudere la community di fan.

Esteso al tutto, questo atteggiamento equivale alla paralisi della ricchezza e fertile molteplicità che hanno caratterizzato finora Internet e il web. Idem se lasciamo i big di internet liberi di autoregolarsi e di accumulare potere sulle nostre identità digitali, senza contro poteri di controllo e garanzia.

La soluzione non è chiudersi al cambiamento, in un senso o nell’altro, ma aprire il dibattito ai nuovi diritti e responsabilità che vengono con i nuovi media. Anche questa apertura, questa continua ricerca, rientra appieno nello spirito di Internet.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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