Anche il Pil e la misura del benessere affrontano la maturità

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«Il Pil è davvero la misura di tutto?» si sono visti chiedere questa mattina circa 500mila maturandi nella traccia del saggio breve economico-sociale. Questo sistema di misurazione del benessere, infatti, sembra dominare la nostra vita: indica quanto produce un Paese, quindi quanti beni siamo capaci di realizzare e distribuire e, di conseguenza, quanto riusciamo a spendere in base al nostro reddito. Si tende a collegare il Pil, quindi la capacità di produrre beni e servizi, allo stato di salute di una società. Che è un po’ come dire: se l’economia sta bene allora deve andare bene anche tutto il resto. Se da una parte il Pil è un sistema di misurazione del benessere “comodo”, perché in fin dei conti è un numero, un dato, che con la sua incrollabile precisione non lascia spazio a opinioni, dall’altra c’è chi, nel tempo, si è effettivamente domandato se la qualità della vita si possa veramente misurare a peso.

Soprattutto quando si tratta di valutare il Pil dei Paesi emergenti e dell’effetto che le azioni di cooperazione internazionale hanno sul miglioramento della vita delle comunità dei Paesi poveri.

Il capability approach

Nel corso del tempo, la Comunità internazionale ha formulato diverse strategie per promuovere lo sviluppo dei Paesi più bisognosi, con l’obiettivo di diminuire la povertà. Negli anni ’80 la cultura assistenzialistica su cui fino ad allora si basavano i programmi di aiuto, ha lasciato il passo a un nuovo modello di sviluppo umano sostenibile, la teoria del capability approach. Letteralmente “approccio alle capacità”, questa teoria, formulata dal premio Nobel per l’economia Amartya Sen, è stata posta alla base dei programmi dell’Undp (United Nations Development Programme), il programma di sviluppo delle Nazioni Unite, che opera in 170 nazioni per la cooperazione e lo sviluppo.

Ma che cosa è questo capability approach che fa da contraltare al Pil? Per capire meglio qual è l’approccio utilizzato nei programmi di sviluppo delle Nazioni Unite, è necessario partire dalla centralità dell’essere umano per realizzare un co-sviluppo, cioè uno sviluppo basato sulla responsabilità congiunta di chi offre aiuto e di chi viene aiutato.

La qualità della vita delle persone è un elemento complesso

L’approccio alle capacità di Sen parte dall’assunto che la qualità della vita delle persone sia un elemento complesso, difficilmente rappresentabile usando solo indicatori di risorse economiche: siamo troppo diversi l’uno dall’altro. Sen preferisce descrivere il benessere individuale non come una condizione statica e materialistica, definita dal possesso di beni, ma piuttosto come un processo determinato dai mezzi che ognuno ha a disposizione.

Lo “stare bene” al posto del benessere materiale

I mezzi, quindi, non costituiscono di per sé l’unità di misura della qualità della vita delle persone. Nell’approccio alle capacità, il benessere materiale, inteso come disponibilità di risorse, è sostituito dall’idea di “star bene” che include “ciò che l’individuo può fare o può essere” a partire dai mezzi che ha a disposizione. E lo “star bene” racchiude tutte le attività che l’individuo può compiere, e gli status che può raggiungere. Questi “traguardi” potenziali costituiscono lo spazio delle capacità: il vero elemento che, secondo Sen, determina il benessere e la qualità della vita delle persone. Sono traguardi l’istruzione, la salute, la sicurezza personale e la qualità dell’ambiente in cui si vive: elementi non immediatamente monetizzabili, ma con un valore altro. Da questo si può capire che l’approccio delle capacità non considera lo sviluppo come aumento del Pil di un Paese, ma come la creazione di un ambiente ideale in cui le persone possono far crescere le loro potenzialità e condurre una vita piena, in cui i loro interessi e bisogni siano pienamente soddisfatti. Per capability, Sen intende sia le capacità di fare, sia le opportunità di essere. Questo approccio mira a restituire la dignità all’essere umano, puntando in primo luogo alla parità e all’uguaglianza, poiché mentre la quantità di risorse e il reddito varia da individuo a individuo, determinando disuguaglianze, la loro funzione per generare opportunità è uguale per tutti.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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