Una retrospettiva newyorkese per riscoprire Paul Thek

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Gli Stati Uniti riscoprono Paul Thek con una retrospettiva in corso fino al 9 gennaio al Whitney Museum di New York.

Conosciuto come outsider, artista “maledetto” e dai forti contrasti, Paul Thek è morto nel 1988, a 55 anni, di AIDS. Allora come oggi è rimasto famoso per le sue “sculture di carne”, opere che sembravano parti del corpo umano, chiamati “Meat Pieces”, posizionate in teche di plexiglas. Fortemente attratto dall’indagine filosofica e dal mistero della fusione della carne nello spirito, Thek era diventato l’emblema della controcultura nella New York degli anni ’60 e ’70.

Questa prima retrospettiva americana sull’artista si intitola “Diver”, in italiano “Nuotatore” e fa riferimento alla passione di Thek per l’acqua e per il nuoto (amava nuotare e prendere il sole, spesso anche in Italia), ma esprime anche l’idea del pericolo e del rischio, dell’eccitazione e dell’entusiasmo che caratterizzavano i suoi lavori.

Sculture e pittore, Paul Thek fu uno dei primi artisti a creare ambientazioni e istallazioni che comprendevano elementi di arte, letteratura, teatro e religione, spesso utilizzando sostanze fragili come la cera e lattice, materiali altamente deteriorabili a sottolineare la natura effimera delle sue opere d’arte e il senso di transitorietà della natura umana e di tutto ciò che ci circonda.

Al Whitney Museum è ora esposta una buona scelta di sculture dei primi anni e di dipinti degli ultimi anni di Thek, oltre che delle grandi ambientazioni del periodo intermedio ricreate con l’aiuto di documentari e fotografie tra cui il suo lavoro più famoso e discusso “Death of a Hippie”.

L’installazione consiste nella riproduzione del suo corpo a lunghezza intera disteso come morto circondato da vasi sacramentali e probabilmente da droga parafernalia, dentro una piramide di legno rosa.

L’immagine è stata letta in tutti i modi possibili e immaginabili come un simbolo della putrefazione degli ideali degli anni ’60, ma è a tutti gli effetti un gioco narcisistico che ora può però essere nuovamente esposto solo in fotografia.

La retrospettiva newyorkese di Thek dimostra che la sua storia è sopravvissuta ed è stata riscritta cercando di mantenere la sincerità nei confronti dei suoi soggetti iconoclasti. Ma un museo può mostrare solo ciò che c’è, che esiste ed è tangibile, un concetto che a Paul Thek ben poco si confà.

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Scritto da luxu

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