SMAU, così abbiamo portato i makers a discutere di business (con quelli in giacca)

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Alcuni mesi fa con Pier Antonio Macola e Valentina Sorgato, rispettivamente presidente e direttore di SMAU, abbiamo voluto forzare la mano su un tema che professionalmente ci impegna ma che innanzitutto ci appassiona per davvero.

Questo tema non so ancora come definirlo e spero di riuscire a dargli un titolo durante la stesura di questo post ma, da subito, vi svelo che ha a che fare con persone molto vivaci, idee dirompenti e relazioni tutte da inventare.

Ma andiamo con ordine. Si trattava di sperimentare una nuova caratterizzazione per SMAU 2016 che senza snaturarne l’origine, la missione e i riferimenti storici provasse a dare un po’ di brio, di leggerezza e perché no, di sfida a quell’ecosistema digitale un pochino troppo intriso di certezze e allo stesso tempo incapace di azzardare nuove provocazioni.

Io portavo in dote 18 FabLab che la Regione Veneto ha finanziato per accelerarne la crescita mentre Antonio e Valentina erano pronti a rivedere alcune formule della prima tappa di SMAU 2016 che di lì a poco doveva svolgersi in quel di Padova.

Loro dovevano dimostrare alle aziende del settore ICT (e non solo) che c’erano nuove sfide da cogliere, io dovevo convincere i maker dei 18 Fab Lab a scegliere quell’arena per dimostrare alle aziende il loro valore come driver verso quella trasformazione digitale tanto auspicata ma ancora lontanissima dal concretizzarsi.

Dunque abbiamo provato a mettere insieme delle visioni un po’ azzardate che avrebbero anche potuto rivelarsi un vero e proprio flop. SMAU, infatti, rappresenta da molti anni una vetrina importante e allo stesso tempo un marketplace non di poco conto.

Player del mondo ICT partecipano a convegni, workshop, talk e altre forme di persuasione con l’intento di fare digitale e farlo bene. Spesso le startup presentano i loro servizi e le loro applicazioni con brevissimi pitch e poi accolgono gli interessati presso i loro desk informativi. Il tutto funziona, c’è curiosità, contaminazione di idee, nascono partnership e qualche volta si staccano anche ordinativi.

Tutto gira intorno al mondo ICT, alle sue regole e alle sue convenzioni. Fra l’altro, tutto questo che vi ho descritto è rigorosamente astratto, al massimo gira dentro un pc o un tablet, spesso si manifesta come app per lo smartphone, ma non lo tocchi con mano. E’ quel digitale che affascina, convince, spesso cambia in meglio i processi, ma non lo tocchi, non ne comprendi la consistenza e difficilmente conosci gli ingredienti che lo compongono.

Questa volta volevamo alzare l’asticella con una sfida più alta: far toccare con mano la trasformazione digitale nella sua essenza e nella sua sostanza.

Volevamo che gli imprenditori conoscessero meglio le tecniche, gli ingredienti e le macchine del fare digitale.

Si trattava dunque di portare dentro SMAU un pezzo di manifattura, quella artigianale ovviamente ma, come vedrete, non è detto che già da domani non si possa portare dentro anche quella industriale.

Infatti un’altra buzzword ci girava in testa era quella dell’Industry 4.0 o per dirla in modo più semplice: quarta rivoluzione industriale. Sapevamo che il termine era trendy e molti imprenditori avrebbero voluto andare ben oltre le chiacchiere e capire se c’era trippa anche per loro, ovvero comprendere se questa rivoluzione tanto acclamata gli avrebbe portato benefici tangibili.

A proposito, qualcuno ha notizie del più volte annunciato documento strategico (o forse vero e proprio piano) del Governo sul tema? Dopo mesi e mesi di rinvii e ripensamenti sembra che l’unico interesse reale rimasto sia quello del Parlamento che, attraverso la Commissione Attività Produttive della Camera ha avviato un’indagine conoscitiva su Industria 4.0. Sostanzialmente audizioni con le parti sociali.

Certo l’Italia non è la Germania e lo si evince dal fatto che loro hanno addirittura una piattaforma operativa (QUI): dove governo, industria, politica, scienza e parti sociali si son messi insieme per rendere la 4a rivoluzione industriale qualcosa di reale e utile al sistema paese.

Si, noi siamo diversi, frammentati, il nostro tessuto imprenditoriale è fatto dalla somma di tanti piccoli, mentre loro sono quelli dell’industria pesante. Poche aziende ma grosse, muscolose e molto aggressive.

Stiamo forse divagando? Mica tanto, forse questo ci fa capire l’enorme differenza fra i due paesi a vocazione manifatturiera e leader del settore in Europa.

Noi italiani siamo piccoli, siamo tanti, non abbiamo un piano, non abbiamo una piattaforma, ma abbiamo come sempre energia e passione da vendere.

I FABLAB A SMAU PADOVA 2016

E con questa convinzione torniamo a SMAU e a quello che abbiamo presentato la scorsa settimana a Padova.

Abbiamo distribuito i FabLab in un’arena al centro di SMAU, ben visibili, al punto che ci dovevi impattare obbligatoriamente.

Ad ognuno di loro abbiamo chiesto di portare una specializzazione. Così ad esempio quelli del FabLab di Padova hanno portato motociclette, bracci meccanici, robot e hanno intrattenuto molte aziende sullo sviluppo della robotica anche in campo medicale.

Quelli del FabLab di Castelfranco hanno messo in produzione un etichettatrice a pennarelli pilotata da Arduino su specifica commessa di un’azienda vinicola.

E che dire dei ragazzi del FabLab Affari Puliti 3d che ormai si specializzano in stampe di cioccolata e decorazioni per dolci?

E poi ti arriva Officine Zip che porta in SMAU una vecchia 500 originale degli anni ’50 e mostra quanti ricambi ormai introvabili possono essere ristampati per sostituire pezzi logori e non più funzionanti.

Anche il FabLab di Portogruaro, specializzato in materiale didattico 3d per le scuole dell’infanzia e primarie che adottano il metodo Montessori, ha portato i suoi prototipi mentre Crunchlab di San Donà, orgoglioso della fresa compatta che grazie a Kickstarter ha già piazzato sul mercato, mostrava i suoi prodotti artigianali in legno destinati al settore arredamento.

Così i visitatori finalmente incuriositi e attratti toccavano qualcosa con mano. Gli imprenditori, infine, hanno iniziato a chiedere come fosse possibile fare quelle cose. Ma soprattutto hanno cominciato a chiedere quante altre se ne potessero fare e come portare queste magie in produzione seriale e dunque industriale.

Si, lo abbiamo fatto per davvero.

Abbiamo portato quelli in giacca e cravatta a discutere di business con quelli con l’orecchino, la camicia a quadri e le scarpe da ginnastica.

Abbiamo fatto in modo che le aziende manifatturiere riscoprissero la voglia di osare nuovi prototipi e nuovi design.

E poi abbiamo scoperto anche noi che questi ragazzi mica si fermano al fare cose tangibili. Se gli chiedi un app per lo smartphone, un sito di eCommerce, l’analisi di una Big Data dataset o un applicazione di realtà virtuale lo sanno già fare come fosse un gioco per bambini.

Ne è nato un gran casino, davvero. Ma bello, creativo e molto suggestivo. Forse già nella tappa di SMAU Bologna si potrà migliorare ancora perché, anche quel tessuto imprenditoriale come quello veneto è denso di manifattura, di artigianato e di tanti maker pronti a mettersi al servizio di una trasformazione digitale lenta ma già in atto.

Non siamo certo la Germania, non abbiamo ancora un piano paese per queste cose ma forse pian piano impareremo che solo facendo rete, contaminandosi e mettendo insieme energie nuove ed esperienze mature, la via italiana all’Industry 4.0 può iniziare.

Certo, mancano altri ingredienti fondamentali, la rete a banda ultra larga, le competenze digitali diffuse, una maggior fiducia nel cloud, la consapevolezza che i dati sono come il petrolio, la sicurezza di sistemi e transazioni e allora avremo fatto bingo.

Intanto da SMAU Padova abbiamo imparato che per iniziare la rivoluzione, a volte, basterebbe adottare un maker.

p.s. a questo punto che titolo diamo al tema? Io direi making revolution. Vi piace?

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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