Siamo immensamente fortunati, anche al Sud: e abbiamo il dovere di impegnarci di più

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Il sud dell’Italia non soffre di particolari differenze rispetto ad altre aree disagiate di questo pianeta, ergo, premessa prima, non siamo soli. Abbiamo dei problemi incancreniti, ma li abbiamo in Europa ed in Italia, cioè viviamo una situazione di difficoltà ma ci troviamo ad affrontarla nel più bel paese del mondo, in uno dei più poderosi continenti che ci sia.Al netto del dibattito sugli errori strategici della comunità europea e delle scelte di politica finanziaria (ossia l’assenza di una visione politica, anche in questo caso), soffriamo questo lungo e difficile inverno dello sviluppo nell’ambito quindi di un welfare semiserio (che ha si dei difetti pazzeschi, ma che non abbandona nessuno).

Terza nota preliminare: molti di noi della comunità dell’innovazione del sistema Paese appartiene ad una minoranza, nel senso che si alza la mattina e vede il mondo coi propri occhi, scende dal letto con le proprie gambe, apre il frigo e fa colazione con quel che vuole, va in bagno e si fa la doccia con acqua sana che potrebbe bere e con tanto sapone, si veste da un armadio pieno, esce di casa e (con mezzi pubblici e privati) va a fare un lavoro, spesso che gli piace.

Fa sport per piacere e dovere (combattendo kg di troppo o inseguendo vanità).Questo appartenere ad una minoranza sociale (non politica nè culturale), questo essere immensamente fortunati, ci impone due obblighi: non lamentarci ed attivarci per restituire alla società la fortuna che ci è stata riservata. Peraltro, che si sia prodotto dell’istruzione pubblica o privata, abbiamo tutti imparato ad usare le chiavi di lettura ed azione di questo periodo storico. Perciò: non siamo soli né sfigati. Sveglia! Il sud del mondo è altro, coraggio!

Quindi, il primo punto di partenza è l’infondatezza delle lamentele, l’impossibilità di perdere la speranza, il dovere di lottare nella società per renderla migliore di come l’abbiamo trovata. Non inseguiamo ricchezze (posto che non è in errore chi lo fa, se legal), ma proviamo ad agire il cambiamento per far si che i nostri figli siano nelle condizioni di proseguire la nostra azione, magari, con noi vivi, già discutendo dei risultati ottenuti.Non penso che questo sia fantascienza.

Secondo punto di partenza, i rapporti (scientifici o meno che siano) non sono la Bibbia. Soffrono innegabilmente di alcune tare strutturali: la qualità dei dati e la staticità degli stessi nonchè la soggettività, l’ideologia e la deontologia del ricercatore o del direttore della ricerca, la scelta degli indicatori e così via. Lasciando da parte per un momento il Rapporto Svimez 2015, prendiamo per esempio quelli sugli indicatori d’innovazione regionale della comunità europea: ma secondo voi realmente danno evidenza del tasso d’innovazione che realmente popola i nostri comuni? E’ chiaro che no, anche qui la staticità del dato è penalizzante! Ma l’innovazione è solo cosa fanno l’università e/o la spesa pubblica e/o privata in merito? Ma quando mai!

Terzo punto di partenza: si sciacqui la bocca, prima d’affrontare questi temi con la mia generazione, chi ha imposto e chi si è beneficiato del colonialismo industriale che al sud ha portato un modello d’inquinamento e basta, azione che i sistemi di collusione locali hanno accettato in maniera miope e succuba, permettendo senza contrastare quanto accadeva.Ma siete veramente convinti che fosse l’unico modo di pianificare ed attuare lo sviluppo?Ma siamo sicuri che di ricerca, università, turismo, agricoltura, cultura e così via non si potesse mai parlare e che non potessero portare sviluppo?

Serve un progetto politico e culturale.

Il che non significa fondare l’ennesimo nuovo partito o movimento di protesta (francamente a distanza di tanti anni sono tali e tanti i francobolli vuoti – politici, associativi e/o rappresentativi – che gli Italiani ne hanno i cabasini pieni), ma essere posti nelle condizioni di dimostrare la nostra capacità di cambiamento a pari condizioni di partenza. Perchè sono quelle che mancano. Fino a che questo paese (tutto, non solo il sud) sarà gestito (non governato, perchè anche i pessimi governi che abbiamo avuto dipendono dalle corporazioni di potere) dalle camarille, esisterà un cap sociale che impedirà qualunque cambiamento e noi continueremo a vedere gli indicatori scendere vertiginosamente.

Questa è l’ovvia evidenza, ed è il primo punto del programma/progetto di cambiamento reale. Ecco gli altri, in sintesi (e per estremi). Tutte modifiche radicali. Tutti altrettanto lapalissiani da essere anch’essi ovvi. Basta farlo.

Assetto amministrativo: abbiamo un impianto di due secoli fa, ridurre, razionalizzare e semplificare; ma siete sicuri che ci servono tutte queste agenzie ed enti? Guardate che il mercato a risposte di qualità e che il tempo della zona grigia della PPAA è finito … Ma siete sicuri che serve tutto quanto armamentario normativo e che non si possa semplificare?

Assetto lavorativo: non esiste norma nell’ordinamento italiano che viete il licenziamento del dipendente pubblico, né sta scritto da nessuna parte che chi è nominato dirigente lo è a vita (peraltro autovalutandosi), non esisterà più peraltro la figura del dipendente privato tradizionale (ma non per modifica legislativa ma perchè il mercato è altro ed altro richiede);

Assetto finanziario: la banca è impresa, idem i simili; non serve far fare la muffa ai soldi, ricordatevi che la bara non ha tasche;

Assetto tributario: esiste il punto zero dell’evasione collegato alla modifica del set delle tasse, se porti l’evasione a zero (usando tutte le forze dell’ordine e la tecnologia, dal sismi in poi), riesci ad aver tassazione massima dentro limiti ragionevoli;

Assetto sociale: i migranti, le famiglie, l’acqua ed il cibo, l’home care ed i cambiamenti demografici sono le priorità;

Assetto infrastrutturale: non è possibile che manchino fibra ultraveloce, strade, autostrade e aeroporti o che non siano mai finite, è una barzelletta; ma è normale che il digital divide sia ancora così pronunciato? Ma veramente credete che non possano cambiare le cose? Ma è normale che abbiamo una flotta navale che inquina? Per non parlare del resto …

Assetto culturale: con la cultura si mangia, specie se sei il più grande museo territoriale e sottomarino del mondo;

Assetto sanitario: ma è davvero necessario da una parte sprecare tanto e dall’altra essere assenti? la sanità, così come l’ambiente, l’istruzione e l’innovazione non devono essere soggetti a conto economico;

Assetto sviluppo: diventiamo il Paese in cui si vive di ricerca e sviluppo, chi ha detto che non può essere così? Ma perchè deve essere obbligatorio che solo pochi punti di pil siano ad esso dedicati?Questa è la scelta strategica, questo è quello che deve fare il nostro Paese, questo è quello in cui siamo forti, creativi e connessi.

Pochi punti chiari e semplici. Poche azioni strategiche realizzabili nell’arco di un quinquennio.

Una visione unica e chiara, che dimostri che possiamo essere un paese di buon governo, di buona spesa, un paese, fatto di piccoli numeri sulle scale globali, che ha scelto con chiarezza la sua posizione nelle catene di valore globali e la esercita con autorevolezza.Io una visione per la mia isola, per la mia terra, l’ho ed è ben chiara. Sono convito che anche tutti gli altri amici e compagni dell’ecosistema dell’innovazione italiano l’hanno altrettanto.

Vedo un Paese coeso, perchè è stato capace di ricostruire i legami fiduciari nei territori, perchè è nei territori che ha ricostruito il benessere degli stessi. Vedo un paese felice perchè ha compreso che l’economia reale a base tecnologia gli ha ridato la dignità che merita nel panorama delle produzioni di qualità. Vedo un Paese sano perchè ha compreso il valore dell’aria, dell’acqua, del mare e delle montagne e l’ha rispettato in maniera sostenibile. Vedo un paese autosufficiente per le questioni alimentari ed energetiche. Vedo un Paese divertente perchè connesso e finalmente vivo.Uno di quei posti dove le persone hanno voglia di trasferirsi e non di scappare.

Lo vedo perchè ho la certezza che lo possiamo fare. Lo vedo perchè se che lo merita. E non voglio un Paese in competizione o lotta col mondo, ma che abbia l’ambizione di far vivere in maniera decorosa e dignitosa la sua popolazione.

Apriteci le porte, non siate diffidenti ed ingordi all’infinito. Dateci due lustri, consentite, a causa della situazione, sforamenti controllati dei patti di stabilità (ed altre necessarie deroghe operative).

Dateci un Ministero (Innovazione) ed il via libera in ogni territorio. Con portafoglio. E deleghe serie.

Fateci fare un accordo con tutte le forze dell’ordine, indispensabili. Saranno i nostri migliori alleati.

Se abbiamo ragione, abbiamo vinto tutti. Se abbiamo sbagliato e siamo stati presuntuosi, di sicuro non peggioreremo la situazione ma di certo chiederemo scusa per il disturbo, ci avremmo provato e proseguiremo a fare il nostro senza aver più la presunzione di poter cambiare le sorti di questo paese.

#bastalamentarsi #avantituttaSu queste basi #contatesudime #iocisono. Se il film è altro #astenersiperditempo devo campare la famiglia in questo mondo di pazzi.

NICOLA PIRINA

P.S.Tralascio tutte le cose che in #Sardegna vanno bene, che sono tante e robuste, vorrei lavorare e concentrarmi non sul come fare notizia, ma sul come #cambiaregliindicatoriterritoriali perchè ci siamo riusciti ed abbiamo avuto ragione sul fatto che si poteva cambiare e vivere meglio.

P.P.S.Le cose vanno bene in #Sardegna, perché: abbiamo tante buone startup ed altre buone nuove arrivano, abbiamo un tessuto imprenditoriale che per parte ha già iniziato a modificare mind set, abbiamo due università (fanalino di coda, ma posso anche loro migliorare), abbiamo incubatori e centri di ricerca, abbiamo una buona spinta nella social innovation (www.sardegna2050.it tra le altre), abbiamo diversi fab lab che dialogano con le aziende, abbiamo un’infrastruttura finanziaria regionale di senso ed alcuni fondi vc che operano qui, abbiamo una community regionale non numerosissima ma attivissima, facciamo coding a tutti i livelli d’istruzione, lavoriamo sugli open data, usiamo crowdfunding per fare policy pubbliche sussidiarie e così via … il senso del secondo post scriptum è che qual che non fa notizia non per forza non esiste.Venite in #Sardegna, #provarepercredere.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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