La sentenza della Corte suprema britannica
Recentemente, la Corte suprema del Regno Unito ha emesso una sentenza che ha suscitato un ampio dibattito sociale e politico. Secondo la decisione unanime di cinque giudici, il termine “donna” nella legge britannica sulle pari opportunità si riferisce esclusivamente a chi è nata biologicamente di sesso femminile. Questa interpretazione della legge, contenuta nell’Equality Act, ha escluso le donne transgender dalla definizione legale di “donna”, generando reazioni contrastanti tra i sostenitori dei diritti LGBTQ+ e i gruppi femministi.
Le implicazioni della sentenza
La sentenza ha avuto immediati effetti pratici. Le nuove linee guida della Commissione britannica per le Pari opportunità e i diritti umani (Ehrc) stabiliscono che le persone transgender non possono più utilizzare i bagni corrispondenti alla loro identità di genere.
Questo significa che le donne transgender dovranno utilizzare i bagni maschili, mentre gli uomini transgender dovranno accedere a quelli femminili, indipendentemente dal loro percorso di transizione. Tali regole si applicano anche a spazi pubblici come scuole e ospedali, dove i bagni misti possono essere previsti, ma quelli riservati a un solo sesso dovranno seguire le stesse normative.
Le reazioni nel mondo dello sport
La sentenza ha avuto ripercussioni anche nel mondo dello sport. La Football Association (FA) ha annunciato che, a partire dal primo giugno 2025, le donne transgender non potranno più competere nelle gare femminili. Anche la Federcalcio scozzese ha comunicato l’intenzione di adottare un divieto simile per la stagione calcistica 2025-2026. In precedenza, le donne transgender potevano partecipare al calcio femminile a condizione di mantenere bassi livelli di testosterone, ma con la nuova sentenza questa flessibilità è stata eliminata, portando a una chiara esclusione delle donne transgender dalle competizioni femminili.