Quel giorno sul Frecciarossa quando ho scelto di farmi un Apple (e perché)

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La scorsa settimana ho avuto una riunione di lavoro con un cliente che non vedevo da un po’ di tempo. Sebbene sembrasse ad entrambi che fossero passati solo alcuni mesi dal nostro ultimo incontro, parlando di quelle che erano state le nostre esperienze durante questo periodo abbiamo con sorpresa realizzato che in realtà non ci vedevamo da quasi quattro anni, e la cosa non era certo positiva giacché è noto a tutti che man mano che invecchiamo il tempo scorre sempre più velocemente.

“PERCHE’ SEI PASSATO AD APPLE?”

Terminati i convenevoli e gli aggiornamenti su amici e contatti comuni, è giunto il momento di passare alle faccende di lavoro e ho estratto il mio vecchio MacBook dalla valigetta.“Ah, vedo che anche tu sei passato all’Apple!”, ha immediatamente esclamato il mio interlocutore con aria sorpresa, chiedendomi subito dopo: “Tu che sei sempre stato un attento osservatore delle nuove tecnologie, mi spieghi perché ultimamente vi siete tutti improvvisamente apple-izzati? Cosa c’è che non va nei computer di Bill Gates?”.

La domanda mi ha colto di sorpresa. In effetti non ricordo esattamente quando e perché abbandonai Windows per passare al Mac, confesso che la diatriba storica sul fatto che fosse meglio la filosofia di prodotto di Bill Gates o quella di Steve Jobs non mi ha mai appassionato. Sono rimasto in silenzio per un tempo che mi è sembrato troppo lungo, alla ricerca di una risposta che non fosse banale, tentando di ritornare con la mente al momento della storica, così almeno era sembrata al mio interlocutore, decisione.

Alla fine, dal profondo della mente è giunta una risposta che per qualche motivo percepivo essere profondamente vera, e ho detto: “Credo che sia per il Frecciarossa”.Il mio cliente, che è un tipo che rifiuta qualunque apparecchio tecnologico e per fare una telefonata con lo Smartphone che le è stato regalato dalla sua compagna chiede aiuto alla segretaria, ha annuito con aria soddisfatta lanciandomi un segno di assenso con la testa.

Anche a lui era finalmente chiaro perché oggi tutti quelli come me girano con il PC con sopra la mela morsicata.

Se a voi questa motivazione non appare convincente e assolutamente definitiva vuol dire che vi trovate in una delle seguenti situazioni:

1. non avete mai viaggiato per lavoro sul Frecciarossa Roma-Milano;2. pur avendo viaggiato sul Frecciarossa Roma-Milano siete dei nerds incorreggibili e credete ancora che la gente scelga la tecnologia in base ai bit, ai byte ai giga, ai megahertz e a tutte quelle altre robe di cui discutete fino allo stremo voi nerds.

DISCLAIMER: In questo caso potete scegliere di abbandonare qui la lettura di questo articolo scuotendo la testa convinti che Trenitalia non c’entri niente con questo problema e io sia vittima del caldo estivo, oppure proseguire affrontando con pazienza quello che già si preannuncia come uno dei miei tipici #longread.

Con la tecnologia ho sempre avuto un rapporto di tipo emozionale.

IN PRINCIPIO FU SINCLAIR CONTRO COMMODORE

Negli anni ’80, al pari di molti altri hobbisti elettronici, sono rimasto affascinato dai primi sistemi a microprocessore, e appena ho potuto, ho acquistato prima un Commodore Vic 20 e dopo pochi mesi un Commodore 64.

Già all’epoca, nonostante l’offerta dei primi microcomputer fosse estremamente varia con centinaia di modelli di marche diverse e assolutamente incompatibili tra loro, il mercato era polarizzato su due prodotti: lo ZX Spectrum della Sinclair e il Commodore 64 i cui acquirenti non erano semplici consumatori ma veri e propri tifosi con forti connotazioni da hooligan.

Ancora oggi, nel 2015, esistono forum e gruppi social dove gli appassionati di retrocomputer litigano ferocemente e si bannano a vicenda su Facebook nel tentativo di stabilire razionalmente quale dei due prodotti fosse realmente il migliore.

All’epoca ero certamente consapevole che il C64 aveva il processore MOS che era peggio dello Z80 ma aveva il VIC II che era una figata e non ricordo quali altre figate che erano più o meno fighe delle figate che aveva lo Spectrum, tuttavia, ricordo con chiarezza che personalmente preferii il Commodore perché aveva la tastiera con i tasti veri, di plastica dura, che quando li premevi facevano un click metallico ma dolcemente sonoro e quando mostravi il tuo gioiello elettronico ad un amico che non aveva il computer e non conosceva il BASIC, potevi scrivere 10 PRINT “CIAO”, 20 GOTO 10, un carattere per volta e con una sequenza di meravigliosi click metallici ma dolcemente sonori e sembravi uno che manda i missili sulla luna.

Sono sicuro di non aver mai posseduto un camice bianco, ma nei miei ricordi, con chiarezza, mi rivedo in camice bianco a mostrare tanta padronanza di sofisticata tecnologia allo sprovveduto amico, digiuno di informatica.

Quel tastino gommoso dello Spectrum, leggermente incerto nella sua breve e silenziosa corsa verso il basso, con accanto diverse scritte di colore diverso, che quando lo premevi, anche se c’era impresso il solo carattere “P” ti scriveva per esteso “PRINT” sullo schermo del televisore, non mi ha mai convinto del tutto. Sullo Space Shuttle i tasti delle tastiere dei computer di bordo facevano sicuramente “click” e non “pmm” quando venivano premuti dagli astronauti.

L’Apple II aveva lo stesso tipo di appeal in fatto di tastiera e aveva già un aspetto molto attraente in termini di design, specie se confrontato con il case della Commodore chiamato non a caso “biscottone”, tuttavia il prezzo era irragiungibile.

Il problema di Apple è sempre stato il prezzo.

Quando IBM entrò sul mercato dei PC, Apple proponeva macchine sicuramente migliori, non credo che la qualità tecnica fosse in discussione, tuttavia il prezzo era alto e in ogni caso erano prodotti fuori dalla capacità di acquisto degli hobbisti-hooligan, per cui all’inizio non ricordo ci fosse una vera contrapposizione tra i due prodotti.

Bill Gates e Steve Jobs nei primi anni del boom di Microsoft ed Apple

La vera guerra è iniziata alcuni anni dopo, quando i PC erano diventati d’uso comune negli uffici e il prezzo era assolutamente alla portata anche dell’utente domestico.

Apple aveva per prima introdotto i sistemi grafici a finestre con l’allegoria della scrivania e il mouse. Microsoft aveva semplicemente copiato la Apple e aveva introdotto il suo Windows. La Apple produceva i suoi hardware. Microsoft installava il suo sistema su tutti i cloni IBM. Con lo sviluppo del mercato OEM, l’azienda di Bill Gates raggiunse una quota di mercato assolutamente dominante.Apple ha sempre avuto i suoi fan, soprattutto nel settore dei creativi e di chi utilizzava il PC per la modellazione grafica professionale.

La diatriba tra i sostenitori dell’uno o dell’altro prodotto non aveva le connotazioni da tifoserie hooligan dei tempi del Commodore e del Sinclair, più che altro era l’apparente snobbismo di una elite di utilizzatori di un prodotto di nicchia contrapposto all’adozione di massa di Windows installato praticamente su ogni PC OEM presente sul pianeta.

Già da allora la scelta sembrava essere dettata da motivazioni filosofiche più che da ponderate comparazioni delle caratteristiche tecniche.

I megabyte diventavano gigabyte, i processori incrementavano la potenza di generazione in generazione secondo la legge di Moore, gli appassionati di performance dei calcolatori elettronici trovavano sicuramente una maggiore soddisfazione nel mondo Windows dove potevi rincorrere l’ultimo ritrovato in fatto di prestazioni ogni tre o quattro mesi nell’enorme offerta di PC da parte di tanti costruttori.

GUERRA TRA NERD

La competizione nerd avveniva nell’ambito della monocultura Intel-Windows dominante e Apple sembrava aver perso la sua guerra anche dopo aver vinto la battaglia per il riconoscimento dei diritti sull’ambiente a finestre che il rivale Bill aveva trafugato.

Steve Jobs è stato prima allontanato e poi è tornato. Poi è arrivato l’iPod. Poi è arrivato l’iPhone, poi Apple è entrata nella monocultura Intel e per la prima volta ha cominciato seriamente ad insidiare la posizione di Windows con un prodotto che garantiva sul serio la possibilità di migrare le applicazioni esistenti. I consumatori avevano quindi la possibilità di scegliere un sistema diverso su cui avrebbero potuto utilizzare i file e le altre risorse prodotte fino a quel momento sui PC Windows.

Nel momento in cui il PC è diventato una commodity, dettagli da nerd relativi alle presunte caratteristiche tecniche e tecnologiche dei diversi modelli perdono di importanza rispetto alla reale esperienza d’uso che il prodotto offre.

L’utente medio non vuole più sapere quanti Giganerds ci sono nel suo PC. L’utente medio possiede un PC perché non può farne a meno per il suo lavoro. L’utente medio inizia ad apprezzare un PC che all’accensione diventi operativo in un tempo ragionevole e che dopo essere diventato operativo faccia capire immediatamente che sta accadendo qualcosa a seguito di un doppio click effettuato su un’icona e non dopo alcuni secondi quando istericamente sono già stati inviati altri tre o quattro doppi click che alla fine intaseranno il desktop di finestre prive di contenuto che rifiuteranno di chiudersi costringendo al reset generale del PC.

DA WINDOWS XP IN POI

Bisogna ammettere che la Microsoft da un certo punto in poi, diciamo dai tempi di XP, non è che sia proprio riuscita ad accontentare l’utente medio da questo “punto di Vista”, per cui la stabilità e razionalità dei sistemi Apple ha sicuramente avuto un facile gioco nel conquistare gli entusiasmi dei primi che hanno tentato il passaggio.

Ma i veri elementi determinanti sono stati altri. Innanzitutto negli ultimi anni i PC che vengono maggiormente acquistati e utilizzati sono i portatili. Per quanto possa essere oggetto di design un PC desktop è sempre una roba che ingombra la scrivania e che è infestata dai cavi.

Gli iMac sono oggetti bellissimi, ma nelle pubblicità non vengono mai mostrati i cavi.

Per quanto l’indispensabile cavo di alimentazione sia stato ben integrato nel disegno e possa elegantemente transitare nel foro centrale del gambo che supporta il video, non appena inizi a collegare un cavetto per la stampante e il cavetto del disco di backup l’effetto zen inizia a svanire.

Il portatile usato sulla scrivania ha lo stesso problema. Anzi, in questo caso i cavi appaiono ancora più infestanti. Diverso è il caso del portatile usato quando si è lontani dalla scrivania. Il portatile usato a batteria fuori dal proprio ufficio ha la sua eleganza. Il design in questo caso ha la sua importanza.

COL PC SULL’ALTA VELOCITA’ ROMA-MILANO

La tratta Roma Milano è sempre stata molto particolare. I viaggiatori abituali che la percorrono durante tutto l’anno hanno un qualcosa che li accomuna. E’ qualcosa che ha a che fare con il modo di vestire e di interpretare il viaggio.

E’ la tratta che unisce la capitale politica con quella economica. E’ l’asse su cui si muove la classe dirigente italiana.

Chiunque viaggi sul Roma-Milano ne percepisce l’atmosfera particolare, quasi rituale.

Da un punto di vista business se non percorri almeno ogni tanto la tratta Roma Milano non appartieni realmente al tessuto imprenditoriale del paese.

In origine il Roma-Milano era l’aereo.Mezz’ora o più per recarti in aeroporto, mezz’ora per passare il metal detector nelle ore di punta, mezz’ora di attesa per l’imbarco, mezz’ora per giungere sull’aeromobile e sistemarsi nell’angusto sedile, 15 minuti tra decollo e posizionamento sulla rotta di crociera. A questo punto hai venti minuti scarsi per usare un dispositivo elettronico, poi inizia la discesa.

Sull’aereo Roma-Milano, accendere il PC in questo ridotto lasso temporale è cosa inutile.

Cosa fai con il PC in 20 minuti scarsi? Quale urgente lavoro hai dimenticato di fare per infastidire i passeggeri con cui condividi il bracciolo del sedile estraendo dalla borsa il PC? Sull’aereo Roma-Milano accendere il PC non è cosa elegante. I membri dell’elite Roma-Milano non lo fanno mai se non in casi di estrema necessità.

Poi è arrivata l’Alta Velocità.Roma Milano in tre ore. 65 treni al giorno. Praticamente una metropolitana.

Mezz’ora per arrivare in stazione. Salti sul treno due minuti prima che chiudano le porte. Tre ore di viaggio interrotti solo dal controllore per la verifica del biglietto, anzi del PNR che hai nella mail sullo smartphone, anche se c’è chi ancora stampa il foglio in formato A4 perché non ha ancora capito che al controllore interessa solo il PNR e spesso nemmeno tutto: “mi dice le ultime tre cifre del PNR per favore?”. Che stampi a fare un foglio A4 di preziosa carta di cellulosa per un semplice numero di tre cifre?

Tre ore in cui ha senso lavorare con il PC.

Quasi tutta l’elite del business oggi viaggia sul Frecciarossa ed usa il portatile.

Ed ecco che entra in gioco il MacBook. Lasciate perdere gli Giga-cosi. Ponete attenzione alla user experience dell’apertura di un portatile.

Aprite un MacBook e poi aprite un Laptop di un qualunque OEM che installa Windows.

Osservate una persona che compia questa azione su un MacBook e su un PC qualunque.

Non so chi sia stato il primo, o più probabilmente la prima, a portare il MacBook sul Frecciarossa Roma-Milano. Non ricordo quando questa migrazione culturale sia iniziata.

QUANDO SONO PASSATO AD APPLE

So solo che un giorno, quando ho tirato fuori dalla borsa il mio Sony Vaio, Sony Vaio ultrasottile, non un PC qualunque, mi sono sentito come quello che premeva il gommoso tastino “P” del Sinclair mentre accanto a lui c’era qualcuno in camice bianco con le dita che velocemente fluttuavano sopra una tastiera di tasti veri che emettevano dolci click vagamente metallici.

Ho percepito che qualcosa stonava. Gli eleganti esponenti della classe dirigente italiana che condividevano lo scomparto con me avevano tutti un MacBook e questa diversa forma di tecnologia si intonava perfettamente con il loro essere eleganti.

Sui treni ad Alta Velocità la tecnologia assume una forma essenziale. Il mio Laptop plasticoso era leggermente fuori luogo.

Non amo cambiare PC. Non sopporto avere un black-out di due giorni per trasferire i documenti di una vita da un PC all’altro e ricreare sul desktop lo stesso familiare disordine che c’era sul vecchio PC. Tuttavia giunge sempre il momento in cui il PC ha raggiunto la sua vita utile. Quando è giunto il momento per il vecchio Vaio credo di non aver avuto dubbi, ho acquistato un MacBook Air e ho deciso che avrei acquistato dei MacBook anche quando sarebbe venuto il momento di cambiare PC per i miei Soci e Consiglieri di Amministrazione.

Una scena della serie tv The Big Bang Theory

Quando è giunto il cambio del Laptop per Fabio, il mio socio che ha la delega sulla Direzione della Produzione Software, ho deciso che avrei comunque proposto un MacBook, pur sapendo che i super-tecnici sono molto ostili a cambiamenti radicali negli standard relativi ai sistemi operativi. Quando sono arrivato con il nuovo Mac, Fabio per qualche istante lo ha guardato diffidente e poi ha esclamato: “Ma sì, proviamo ‘sto Mac, così almeno non sarò l’unico a non avere l’Apple sul Roma-Milano!”.

Fabio non ha più voluto usare un PC Windows nonostante che molti degli strumenti di sviluppo che sono in uso sui nostri progetti più vecchi non esistano su Mac OS. Piuttosto usa Windows sulla macchina virtuale installata nel Mac.

Non ho alcun dubbio. In Italia, Apple ha vinto la battaglia contro Windows perché è arrivata l’Alta Velocita sulla tratta Roma-Milano.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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