Perché una tecnologia troppo veloce crea anche disuguaglianza

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Una spiegazione semplice di un fenomeno pericoloso e complesso come l’odierna disuguaglianza è la frequenza delle innovazioni tecnologiche. Un tempo, dall’invenzione del martello a quella della pinza passavano secoli; oggi dal computer al robot, ai droni alla realtà virtuale il lasso di tempo è brevissimo. Le persone che sfruttano per prime i nuovi strumenti per estrarre informazioni dai dati sono in posizione privilegiata. Ciò comporta che solo pochi sono informati di quello che succede; ancor di meno quelli che le studiano e che hanno le risorse per poterle sfruttare. Da qui nasce una élite che si differenzia e distanzia le masse, a causa della rapida adozione di dette tecnologie.

CAPITALE (ECONOMICO E UMANO)

Partiamo dalle basi: per qualsiasi business c’è bisogno di capitale umano ed economico.

Ciò che è difficile da realizzare è ottenere un elevato rendimento da dette risorse. Per questo motivo si cercano, con grandissima difficoltà, le persone con più alto talento nel realizzare le idee. Perché devono essere capaci di sfruttare le odierne tecnologie e soprattutto il tasso esponenziale dell’adozione di queste (con business model innovativi).

La strada per il successo non finisce mai ed è piena di ostacoli

Chi per qualsiasi ragione non riesce a farcela lavorerà nei settori non esposti alla competizione internazionale (es. il meccanico, l’estetista, ossia tutti lavori che richiedono un’abilità da esprimere localmente). In tal modo la pressione competitiva aumenta, comprimendo ancor di più chi è nelle fasce più povere della popolazione che non ha sufficienti sbocchi lavorativi. La strada per il successo non finisce mai ed è piena di ostacoli.

Il più importante è l’accesso alle informazioni attraverso reti sempre meno neutrali. Una volta ottenuto il pieno accesso c’è il problema del digital divide cognitivo, ossia avere una cultura in grado di capire i tanti dati. Poi infine solo in pochi hanno i mezzi e l’idea di sfruttare tali dati per differenziarsi dagli altri. Da qui nascono le più grandi diseguaglianze, soprattutto laddove alcuni sono più abili nel predire i futuri comportamenti delle persone.

Chi può raggiungere questi vertici? Sicuramente i più bravi, colti e quelli che riescono a partire per primi, anche per disponibilità economica. A questo punto il primo conquista il mercato, il secondo quasi nulla, il terzo resta a zero.

SOLUZIONI?

Questi sono momenti in cui per tante ragioni una buona parte dei nostri giovani proverebbe a lanciare un’iniziativa imprenditoriale.

Gli individui sono sempre più consapevoli del proprio valore di mercato grazie a servizi messi a disposizione da database di matching come come Glassdoor e LinkedIn. Dato che le persone di talento si comparano con gli altri, attraverso questi nuovi strumenti, oggi cercano di massimizzare il loro valore per il passaggio a un nuovo lavoro, o verso un percorso di freelance.

Il talento è diventato incommensurabilmente più importante rispetto al costo del lavoro.

E in un ambiente digitale, il talento è tutto. Se li aiutassimo con un reddito minimo per al massimo tre anni? Alcuni di loro si sentono già capaci, altri non lo sanno e vorrebbero provare. In tutti i casi avremmo più:

  • imprese
  • occupazione
  • entrate per lo Stato (che compensano l’esborso iniziale)
  • e reddito da spendere

IL TABU DEL REDDITO MINIMO

Appena si nomina il reddito (minimo o di cittadinanza) si scatenano forze che hanno sempre bloccato ogni processo, ma ora è arrivato il momento di capire se questo sostegno economico è davvero un tabù oppure è uno strumento per affrontare le nuove sfide. Con tale reddito avremmo una crescita che viene dal basso e in funzione delle singole volontà e capacità dei neo imprenditori.

Il (neo)reddito deve essere a un livello:

insufficiente per vivere bene

necessario per mantenere la dignità

Per ottenere il rinnovo annuale del reddito c’è una semplice regola: la produzione di posti di lavoro. E all’aumentare dei dipendenti non si pagheranno più tasse, anche se crescono i fatturati e i profitti. Così si favorisce la scalabilità e la crescita dimensionale dell’impresa.

Tra i risultati previsti c’è una:

  • riduzione delle tasse
  • ridotta evasione fiscale (non c’è bisogno di nascondere i profitti)
  • emersione dal lavoro nero (e dati più netti e trasparenti)

Vedremo sempre più l’effetto “winner takes all”. Come finora l’abbiamo visto nel campo dello sport con i fuoriclasse

Nel bel mezzo di tanti benefici in quest’epoca digitale, qui viviamo un dramma. Vedremo sempre più l’effetto “winner takes all”. Come finora l’abbiamo visto nel campo dello sport con i fuoriclasse. Ma quando tale sistema si espande anche nelle operazioni quotidiane e manuali del lavoro di tutte le persone, ecco che le conseguenze diventano drammatiche. Se la classe media scompare, naturalmente si esacerbano i conflitti e la disparità tra le classi. Questo problema non può essere risolto dalla formazione, se non in tempi lunghi. La soluzione richiede radicali cambiamenti politici, economici e dei nostri valori.

Le tecnologie non sono nuove, sono digitali. Le politiche restano vecchie. Magari realizzare questi obiettivi è un sogno o forse un’utopia, ma di certo siamo fermi per mancanza di coraggio.

MASSIMO CHIRIATTI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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