Perché per i makers è giunta l’ora di rivoluzionare la manifattura

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La Design Week milanese appena conclusa ha sancito l’attenzione altissima del mondo del design nei confronti dei makers. Per la prima volta anche grandi aziende e marchi storici del design hanno lanciato segnali di apertura nei confronti di una nuova generazione di progettisti e inventori, chiamati a rendere reale la terza rivoluzione industriale.

L’aspettativa è altissima, e il momento è quello giusto per fare in modo che i progetti dei makers riescano a raggiungere il grado di maturità per affrontare il mercato e trasformarsi presto in iniziative for profit in grado di generare nuove imprese e nuova occupazione.

Innumerevoli prodotti finanziati su piattaforme di crowdfunding testimoniano la creatività diffusa al di fuori delle imprese ora market leader: assistere con risorse e percorsi di formazione chi riesce a prototipare gadget avveniristici sarà un nodo cruciale per lo sviluppo di nuove imprese.

Per arrivare ad applicazioni significative in questo senso è necessario da un lato far crescere la consapevolezza nei makers, dall’altro coinvolgere attivamente le realtà business-oriented sensibili all’innovazione.

Abbiamo affrontato molti di questi temi sabato scorso nell’incontro “Make like a pro”, ospitato dal laboratorio MioCugino e Zooilab a Milano e organizzato dall’associazione Make in Italy. Di fronte a un pubblico nutrito di designer abbiamo discusso di come liberarsi dai luoghi comuni sui maker e provare ad approfittare dei cambiamenti in corso per riportare in Italia la produzione di oggetti belli, smart e in grado di sfruttare l’enorme potenziale di personalizzazione delle tecnologie additive. Dalle testimonianze di imprenditori come Gian Luca Monti e Andrea Alessandri o ricercatori come Marcello Urgo è emersa la passione per il fare e l’enorme competenza che l’Italia può vantare in questo settore.

È necessario unire lo spirito d’impresa ai valori di condivisione che nascono nei fablab, testimoniati dagli interventi di Massimo Menichinelli e Enrico Bassi. Anche il dialogo con il mondo della finanza è possibile, grazie a iniziative come Industrio, raccontata da Jari Ognibeni.

Perché ciò avvenga abbiamo necessariamente bisogno di risorse, e occorre andare a cercarle dove si trovano, motivo per cui Make in Italy e Lo Spazio della Politica hanno curato un ebook rivolto a imprese e istituzioni; giovedì 10 abbiamo rilasciato le bozze sul nostro sito al fine di ricevere commenti e consigli dalla comunità. L’Impresa Open Source è una raccolta di articoli già pubblicati e riadattati allo scopo, di interessanti case studies, oltre che un tentativo di divulgazione di concetti ancora freschi, che si è servito anche della collaborazioni di importanti protagonisti del movimento come Giovanni Re e Simone Cicero.

Stiamo cercando di coordinare e promuovere queste iniziative con l’associazione Make in Italy, che ha tra i suoi scopi fondativi il “coordinamento di iniziative volte a favorire la nascita di una cultura della personal fabrication attraverso la condivisione di conoscenze e connessioni” e proprio in questo momento storico sente il dovere di giocare un ruolo importante nella crescita del movimento Maker.

Pensiamo che il modo migliore per convincere gli imprenditori a rivolgersi al mondo makers è scovare idee dirompenti e offrire loro le risorse che servono per crescere e affermarsi sul mercato. Ecco perché abbiamo istituito un contest di idee dedicato a scoprire makers con un potenziale imprenditoriale, in modo da mostrare al pubblico (composto da curiosi, makers e da esponenti del mondo industriale) i migliori progetti per mettere in contatto i vincitori con aziende, investitori e altri makers interessati a collaborare. La prova generale avverrà il 20 giugno presso Siam 1838, a Milano: cercheremo di realizzare un evento informale di matching prima della presentazione, più classica, dei pitch.

Per facilitare lo sviluppo di queste idee potenzialmente imprenditoriali, proponiamo inoltre ai selezionati un periodo di mentoring, al fine di strutturare efficacemente i propri progetti e presentarli al meglio davanti alla platea di investitori. Questa attività verrà svolta da amdLP, un gruppo costituito da investitori che vantano esperienza imprenditoriale e finanziaria in aziende internazionali di primo livello, come pure esperienza di prima mano in investimenti, in qualità di business angel.

I vincitori potranno inoltre giovarsi dei consigli di elementi chiave del movimento makers, oltre che di alcuni benefit commerciali come, per esempio, la stampa 3D o il taglio laser di un prototipo a prezzi scontati. Stiamo inoltre valutando la possibilità di connettere i vincitori con le iniziative di incubazione hardware attive ora in Italia.

Per facilitare l’emersione delle migliori idee e ottimizzare il processo di networking, crediamo sia importante suddividere i contest che organizzeremo per aree di intervento, dedicandoci di volta in volta a un particolare settore e invitando, di conseguenza, realtà interessate specificatamente a quell’area di mercato. Alcune delle aree di intervento identificate sono:

1. Health and quantified self;

2. Internet of Things;

3. Tecnologie per la personal fabrication.

Abbiamo deciso, per il primo contest, di partire dalla sanità, e ci avvaliamo delle competenze di ISHEO: perché siamo convinti che sia un settore economicamente centrale, anche per il futuro, e perché è l’ambito migliore per mostrare a tutti che abbiamo davvero le capacità per cambiare il mondo.

Make in Italy, per estendere e riprodurre il contest, pensato come momento quadrimestrale, intende rivolgersi ad altre realtà con obiettivi simili, e certamente un partner naturale sarà la Fondazione Make in Italy CdB Onlus.

Siamo convinti che far convergere importanti finanziamenti verso imprese che, quasi certamente, si rivolgeranno alla nostra rete di FabLab associati, service provider e produttori di stampanti 3D, avrà un importante effetto a cascata. Non si tratta di finanziare direttamente i FabLab, iniziativa non alla nostra portata, bensì di invogliare gli stessi ad aprirsi a collaborazioni di carattere più commerciale, senza snaturare la propria filosofia. Se tra i vincitori del nostro contest ci fossero, tra qualche anno, una decina di medie imprese, avremmo sufficienti risorse per garantire la sostenibilità ai FabLab italiani, alimentando un importante circolo virtuoso che consoliderà e farà crescere in modo sostenibile e duraturo quanto di buono sta emergendo, in questi anni, anche nel nostro paese. E magari, quel giorno, non ci chiederemo più se un maker sia un hobbista o un imprenditore.

Milano, 22 aprile 2014Andrea DanielliDirettivo dell’Associazione Make in Italy

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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