Parla il papà di ‪‎Arduino‬: “ecco perché ci siamo rivolti ai giudici”

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Il pezzo che segue è un reblog di testo raccolto da Makezine.com.

Quando nacque il progetto Arduino, i cinque co-fondatori (io, David Cuartielles, David Mellis, Tom Igoe e Gianluca Martino) avevamo deciso di creare una società che possedesse i marchi e gestisse il lato economico di Arduino: i costruttori avrebbero costruito le schede e Arduino avrebbe ottenuto una royalty da loro, come in molte altre aziende, per esempio nel mondo della moda.

Massimo Banzi. Credits: arduino.cc

Era l’aprile del 2008, quando fondammo la Arduino LLC, e lo statuto della società stabiliva che ciascuno dei cinque fondatori trasferiva all’azienda ogni diritto di proprietà del marchio. Alla fine di quell’anno, quando stavamo per registrare il marchio Arduino negli Stati Uniti e in tutto il mondo, senza alcun preavviso e senza che noi soci sapessimo qualcosa, Smart Projects (l’azienda di Gianluca, il nostro principale produttore di schede) registrava in Italia a nostra insaputa il marchio Arduino, tenendo nascosta la cosa per quasi due anni.

Dopo aver registrato il marchio negli Stati Uniti, il nostro avvocato ha provato a estendere il nostro marchio di fabbrica nel resto del mondo, ma si accorse presto che in Italia qualcuno lo aveva registrato. Tom, i due David e io eravamo scioccati dalla scoperta e abbiamo chiesto spiegazioni a Gianluca, che ci ha rassicurato dicendoci di aver provveduto alla registrazione del marchio per proteggere il nostro investimento.

Con Gianluca eravamo amici (o meglio, così credevamo)

Quindi sulla base di questo accordo abbiamo continuato a lavorare insieme per anni, ricevendo royalties mentre cercavamo di riportare il marchio di nuovo in azienda attraverso interminabili discussioni mentre Arduino riscuoteva molto successo grazie alla fatica e all’impegno di ognuno di noi (compreso il fatto che per molto tempo non abbiamo avuto neanche uno stipendio).

Con il crescere del successo di Arduino sono aumentate anche le vendite, e i tentativi di riprendere il controllo della registrazione del marchio italiano sono andati sempre peggio, perché da un lato ci venivano fatte commesse sempre maggiori e dall’altro Gianluca ha posto il veto di portare dentro altri produttori o ottenere qualsiasi investimento dall’esterno.

Abbiamo fatto grandi progressi con Arduino, creando un sacco di innovazione, spingendo i confini di hardware open source, assumendo un sacco di persone di talento in tutto il mondo e, infine, costruendo una comunità straordinaria intorno al sito arduino.cc

Inutile dire che era diventato sempre più difficile lavorare con un partner così riluttante a consentire un miglioramento significativo e l’espansione della società.

Ci abbiamo provato a lungo, soprattutto per ridurre il costo dei prodotti al cliente, ma avevamo le mani legate.

Lo scorso luglio, dopo un altro giro di colloqui, vista la crescente richiesta di liquidità, siamo stati costretti a chiedere ai nostri avvocati di diffidare formalmente Gianluca e la sua società e chiedere la restituzione del marchio.

Quando credi di parlare con un amico di sempre è difficile affrontare situazioni come queste. E’ triste e straziante, soprattutto per me aver trascorso molti anni a parlare con questa persona ogni giorno per ore al telefono o di persona per rendere Arduino quello che è.

Di tutta risposta, un anno fa, senza spiegazioni, Smart Projects ha interrotto unilateralmente la nostra collaborazione e ha smesso di pagarci le royalties. Quindi, se le persone hanno acquistato una scheda Arduino fatta in Italia negli ultimi anni credendo di sostenere il progetto dovrebbero sapere che non abbiamo ricevuto nulla, nonostante il fatto che siamo stati noi ad aver progettato, documentato, mantenuto e sostenuto tali prodotti. (Per la cronaca, gli altri produttori sono ancora al nostro fianco).

Lo scorso novembre, SmartProjects ha nominato un nuovo CEO, Federico Musto, che ha ribattezzato la società in “Arduino Srl” e ha creato un altro sito web chiamato “Arduino” copiandoci la nostra grafica e il layout e sostenendo di aver inventato Arduino senza mai menzionare noi quattro. Hanno anche iniziato a stampare il nuovo url su tutte le nuove schede.

L’ultima goccia è arrivata un paio di settimane fa, quando questa persona ha rilasciato interviste a numerosi giornali italiani che affermano di essere il nuovo amministratore delegato di “Arduino”, lasciando intendere che io che mi stessi dimettendo per dedicarmi ad attività “non profit”.

Lette queste cose, nonostante lo shock abbiamo cercato di mantenere al minimo i rumors sulla questione, soprattutto per non danneggiare la nostra comunità e il nostro progetto.

Ora le cose sono nelle mani di avvocati su entrambi i lati dell’Atlantico e non posso andare troppo nei dettagli.

“It’s business”, si dice. La pensiamo così anche noi, nonostante tutto. Per fortuna, tre anni fa ho cominciato a espandere i modi in cui Arduino si sostiene: lavorando con le grandi aziende per fornire loro consigli su come costruire per la comunità maker, partecipando a progetti di ricerca internazionali, avviando uno store online di grande successo. Questo ci ha permesso di crescere indipendentemente dalle vendite delle schede.

Credits: communica.co.za

Ho assunto la consapevolezza che l’hardware sta diventando sempre più che una “merce”: i modelli di business devono evolvere verso i servizi, le piattaforme cloud, l’istruzione, e si sta professionalizzando l’intero ecosistema makers.

Stiamo lavorando con i produttori di tutto il mondo, abbiamo partners sorprendenti che sono dalla nostra parte, stiamo lanciando nuovi entusiasmanti prodotti nei settori dell’istruzione e dell’IoT.

Ci dispiace che queste beghe siano state rese pubbliche, con l’intento di confondere la comunità, ma continuiamo a innovare e vogliamo continuare a spingere i confini di hardware aperto. Come abbiamo fatto in questi 10 anni.

MASSIMO BANZI8 aprile 2015

(Questo post è un reblog tradotto e adattato dall’articolo pubblicato su Makezine.com)

Ps:Massimo Banzi questa sera alle 21.00 sarà ospite di Riccardo Luna a “Next – The innovation game”

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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