#MCD14 ; Patti, dove l’energia di Cosimino è quella di un’isola intera

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Ci sono dei posti in Sicilia che hanno un’energia incredibile. Non so bene come altro definire l’aria che si respira lì. La valle dei Templi di Agrigento, la tonnara di Vendicari, la valle dell’Etna, le Eolie, la zolfosa Vulcano solo per fare qualche esempio. Di Vulcano ne porto ancora l’odore addosso mentre scrivo. Sono posti che vibrano di natura e storia. Di persone, di popoli, di culture. Di energia appunto. Ma non è l’energia dei posti che voglio raccontarvi, quella è meglio viverla. Piuttosto quella di un uomo che ho conosciuto ieri sera. Una piccola storia di un piccolo paese del messinese. Patti, un borgo scavato nella pietra a qualche miglio dalle isole Eolie.

Patti è un gioiellino. Intorno all’anno mille i suoi abitanti l’hanno arroccata su un costone collinoso che prosegue idealmente l’Appennino siculo.

Qui, riparati dai venti del nord, vivevano di agricoltura e pesca. Poi l’industria, che la fece ricca. Manifatturiera (magnifiche le ceramiche d’arte e d’uso) e dolciaria soprattutto. Patti cominciò a scendere verso il mare. Ad espandersi. Anche demograficamente. Poi un lento declino che ha cancellato buona parte dell’industria e costretto molti dei suoi ragazzi a realizzarsi fuori. Oggi chi ci vive lo fa soprattutto col turismo balneare. I pattesi hanno cominciato ad abbandonare il vecchio borgo per comprare casa nelle zone più vicine al lido, dove si muove un po’ di economia nei mesi estivi. Le case più antiche oggi sono abitate da immigrati per qualche spicciolo. Buona parte del centro storico però è inabitato, lasciato a se stesso e al degrado.

Ma c’è chi non ha voluto rassegnarsi. Come Cosimo Magistro, anche se a Patti tutti lo conoscono come Cosimino. Ha 39 anni ed è un elettricista. Ha la fama di essere “il migliore da queste parti”, uno che ama il suo lavoro e sa farlo bene. Cosimino è un pattese doc. È nato e cresciuto qui. Ha visto il suo paese cambiare, ma non ha accettato che le strade e i luoghi della sua infanzia cedessero all’abbandono. Come Villa Umberto I. “Vengo da sempre, da quando ero bambino, e ora che è cresciuto un po’ ho cominciato a portarci mio figlio. Ma la villa era in larga parte inagibile, un pericolo soprattutto per i più piccoli, e col tempo oramai qui non ci veniva più nessuno”.

Nessuno ne aveva più cura e le casse comunali non potevano permettersi certo investimenti. Le erbe spontanee avevano ricoperto ogni angolo, avvolgendo antiche strutture in pietra e legno. Gli impianti di illuminazione hanno smesso di funzionare, come la vecchia fontana. Cosimino ha deciso di farlo da sé. Ha convinto altri otto amici a mettersi al lavoro per ripulire l’area. “Quando siamo entrati ci sembrava impossibile. Dove adesso ci sono i bagni pubblici prima era un groviglio di piante e rami. Per farci spazio abbiamo dovuto usare la sega elettrica creare un varco. Ora è tutto libero. La stessa cosa per il palco in pietra al centro della piazza”. Pare che di questo palco nessuno ricordasse nemmeno l’esistenza. Una struttura in pietra adornata da mosaici in bianco e nero. Una meraviglia. Ma oramai era completamente avvolto da piante e l’edera aveva ricoperto ogni angolo. “Quando l’abbiamo scoperto nemmeno noi sapevamo fosse così bello”. Cosimino e soci hanno ripristinato le illuminazioni, hanno riparato la fontana, ripulito le aiuole, messo dei giochi per i più piccoli. Hanno ripulito un vecchio deposito costruito dagli americani durante la guerra e ne hanno fatto un piccolo chioschetto. Tutto a spese proprie o con qualche donazione dai commercianti della zona. Il 14 luglio hanno riaperto la villa. È stata l’occasione per una festa di paese, una serata splendida per la gente di Patti che grazie a Cosimino si sono riappropriati di uno spazio che gli appartiene.

In questi giorni, mente buona parte dei pattesi sono giù al mare a percorrere la via dei locali nella canicola agostana, qualcuno si gode il fresco di villa Umberto I. Per la prima volta dopo anni popola una parte di paese che d’estate scompariva. Ed è bello vedere i bambini rincorrersi e gli anziani chiacchierare sulle panchine. Liberi di godersi il proprio tempo, la propria età che non è quella dei cocktail obbligati nei locali del lungomare. Per questo mi è piaciuta la storia di Cosimino. È lui ad aver permesso questo. Ed è un simbolo di resistenza, di voglia di fare, di chi proprio non riesce a rassegnarsi e piangersi addosso. Lascio la Sicilia con queste immagini. Con l’odore di Vulcano e l’energia di Cosimino.

Patti, 14 agosto 2014Arcangelo Rociola

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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