Make in Italy, è nata la fondazione dei Fablab dei makers

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C’è una parte d’Italia che per uscire dalla crisi sta andando verso il futuro. Sono gli italiani che hanno scommesso sul valore della rete e della cultura digitale, per rilanciare il settore portante del made in Italy: la manifattura. Grazie alla digital fabrication oggi tutti sono potenzialmente designer e produttori e questa rivoluzione tecnologica – che alcuni chiamano la terza rivoluzione industriale – premia una delle caratteristiche storiche degli italiani: la creatività.Negli ultimi mesi stanno nascendo ovunque dei FabLab, delle palestre-laboratorio di fabbricazione digitale dove migliorare le proprie competenze e mettersi alla prova. E il movimento dei makers si va diffondendo in tutte le regioni, spinto anche dalla passione di quanti credono che il futuro sia nelle nostre mani, nelle cose che sapremo costruirci.

Per rafforzare questo movimento, per far crescere questa rete qualche giorno fa abbiamo costituito la Italian FabLab and Makers Foundation.Lo abbiamo fatto accogliendo l’invito del “padre” di questa rivoluzione, il professor Neil Gershenfeld, e seguendo le indicazioni della Fab Foundation, che coordina la rete mondiale dei FabLab. Lo abbiamo fatto, soprattutto, unendo le nostre tre storie personali e professionali, che sono diverse, ma che hanno più punti di contatto di quanto non appaia e che soprattutto oggi hanno in comune una visione su quale strada prendere per uscire dal tunnel:ripartire da un nuovo Made in Italy, ovvero il talento italiano, il nostro saper fare, unito alle meraviglie della digital fabrication.E ancora, lo abbiamo fatto nella forma più trasparente e chiara: una Fondazione, e quindi qualcosa che ha le ambizioni e le caratteristiche per durare a lungo, nella forma di una onlus, perché fosse evidente a tutti quale sarà la stella polare che guiderà la nostra attività.

Aiutare chi non ha mezzi per esprimere il proprio talento, sostenere i sogni e i bisogni degli innovatori migliori, e soprattutto lavorare sulle competenze digitali degli italiani, dai bambini agli anziani, perché solo così, solo con un grande investimento sulla formazione potremo davvero avere un futuro.

Cercheremo insomma soprattutto di essere utili. Utili a chi vuole aprire un FabLab, utili a chi vuole farlo crescere trovando un modello di business, utili a chi vuole diventare maker e non sa come si fa, e utili a chi ne cerca uno per affidargli un progetto. Per le cose dette fin qui appare evidente perché la Fondazione l’abbiamo chiamata Make in Italy, anzi Make in Italy Cdb onlus, perché vogliamo contribuire alla crescita di un nuovo made in Italy.

Ma lo abbiamo anche fatto d’intesa con i vertici di una associazione nata qualche mese fa, che si chiama proprio Make in Italy, perché questo movimento avrà successo solo se sapremo fare rete e restare uniti.E infatti nel consiglio direttivo che andremo a formare ci sarà posto per i rappresentanti dei FabLab, della associazione Make in Italy e di tutte quelle altre realtà che stanno contribuendo a diffondere la cultura del “fare digitale” (su tutte la Camera di Commercio di Roma che ha il merito di aver contribuito a portare in Italia la Maker Faire). Tra qualche giorno a Torino ci sarà la presentazione ufficiale della Fondazione. Non in una data qualunque: il 14 febbraio, terzo compleanno del primo FabLab italiano. In fondo la storia che vi abbiamo raccontato oggi, parte da lì.

Massimo Banzi, presidente; Carlo De Benedetti, presidente onorario; Riccardo Luna, vice presidente

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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