La vera storia di Andrea Vaccari e perché Zuckerberg gli ha chiesto l’amicizia

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Oggi ho traslocato dalla mia stanzetta in sub-affitto di circa 5mq per entrare finalmente in un appartamento normale. Ma siete fortunati e non vi parlerò del mio trasloco. Vi parlerò però di quello di un mio amico. Andrea ieri ha traslocato dal suo sgabuzzino di 2.5mq in Mission, per andare a vivere in un “executive apartment” a South Beach, pagato da Facebook.

Il suo trasloco è sicuramente la cosa che mi ha più colpito di quello che e successo nel weekend e di cui ormai hanno parlato tutti: Facebook ha acquisito Glancee per una somma “undisclosed” ma che posso speculare essere tra i 5 ed i 15 milioni (questa è una stima personalissima, e probabilmente completamente sballata).

Ho conosciuto Andrea nel 2010, quando Alessandro Santo lo portò negli uffici di dPixel per cercare di investire in Glancee.

Mi impressionò subito oltre che per la statura, le scarpe e la felpa dell’MIT anche per la sua storia e la sua intelligenza. Ha studiato Ingegneria Informatica al Politecnico di Milano ed all’ultimo anno è stato scelto per un double-degree con uno scambio di sei mesi alla University of Illinois di Chicago. Dopo i primi sei mesi è rimasto per altri sei. La voglia di tornare in Italia era veramente poca e quindi ha preso la decisione di andare in un laboratorio dell’MIT per sviluppare un sistema informativo che studiava la mobilità, il turismo e le dinamiche sociali in contesti urbani. Il sistema è stato usato poi per analizzare la distribuzione ed evoluzione di attività sociali in Italia, Spagna, New York e Washington.

Non contento, ha deciso di tornare a Chicago per fare un PhD in Computer Science. Io sono ancora nell’ufficio a bocca aperta a questo punto.

Andrea comincia poi a spiegarmi come dalla sua attività di ricerca e dalle sue esperienze di vita fosse nata Glancee. Avendo vissuto in quattro città diverse degli Stati Uniti in quattro anni senza conoscere nessuno, si era spesso trovato con il problema di dover creare ad ogni volta un nuovo “social circle”. Appena comprato il suo primo iPhone, ha aperto l’App Store convinto di trovare una app che gli permettesse di sapere chi ci fosse di interessante attorno a lui. Le app uscite nella ricerca erano solo di dating, ma niente che potesse aiutare a trovare persone con amici in comune, della stessa università o semplicemente con interessi simili.

Ed ecco nata Glancee. Andrea vede subito l’opportunità per una app del genere e comincia a sviluppare un prototipo, chiamando in causa Alberto Tretti, conosciuto a Chicago. Investono 40mila dollari risparmiati duramente negli anni, e si parte. Dopo un po’ si unisce anche Gabriel Grisé, canadese conosciuto all’MIT.

Dopo un’estate passata in un appartamento a Chicago per sviluppare il primo prototipo, i tre si scontrano con problemi tecnologici e di prodotto non banali e si rendono conto che sviluppare Glancee sarà più difficile del previsto. Ci vorrà un anno, fino a Giugno 2011 quando Glancee rilascia la sua v1 nell’App Store. Il prodotto è ottimo ed i ragazzi iniziano a contattare i giornalisti. Nessuno sembra interessato a scrivere di Glancee e di conseguenza gli utenti latitano. Stessa sorte con tutti gli investitori contattati. Nessuna risposta.

Andrea pensa che il problema sia Chicago, dove la scena startup è una frazione minuscola rispetto a quella della Bay Area. I soldi iniziano a scarseggiare ma Andrea decide comunque di trasferire baracca e burattini a San Francisco per giocare in Serie A (see what I did there?), la città più cara d’America. All-in. In quel periodo ero a Mountain View in quanto selezionato per fare da “ombra” a Dave McClure per due settimane. Andrea mi contatta ed organizzo un incontro con Dave – che sarebbe stato l’investitore perfetto per una società del gener – in modo da presentargli Glancee, sicuro che avrebbe apprezzato il prodotto, il team e la vision. Niente da fare, non ne volle sapere.

La risposta di tutti gli altri investitori (più di trenta) era sempre la stessa: “thanks, but no thanks”. Il morale inizia a scendere, i soldi ormai sono finiti e sia Andrea che Alberto devono indebitarsi per continuare a pagare l’affitto dello sgabuzzino dove vivono. La soglia della povertà rimarrà addirittura un sogno fino al suo superamento con il trasloco di ieri. Mi vengono i brividi solo a pensarci. Mi vengono i brividi per il coraggio, per la passione, per l’umiltà e per la determinazione di un team che ha sacrificato tutto quello che aveva per la propria startup, i propri co-fondatori ed il sogno di farcela.

Come si fa a passare dall’avere una app senza utenti a una che puoi vendere a Facebook diventando milionari? Come si dice qui, “you hustle”. Ed Andrea è stato il mago dell’hustling. Dopo essere stato ignorato da tutta la “tech press” e aver visto decine di articoli sui suoi concorrenti, ha tentato il tutto per tutto commentando su TechCrunch per chiedere maggiore attenzione per la sua startup. Ha poi chiestolikes” sul suo commento agli iscritti al gruppo Italian Startup Scene i quali (devo ammettere orgogliosamente avendo fondato il gruppo) hanno risposto con 142 like che lo hanno portato all’attenzione di Eric Eldon (scrittore di TechCrunch) e che hanno cambiato la sua storia. I post sono arrivati copiosi su molti blog, compreso quello di Robert Scoble e Glancee è stata una delle app protagoniste di SXSW, uno degli eventi principali qui negli Stati Uniti, che ha consacrato negli anni passati sia Twitter che Foursquare.

Non è la prima che volta che ISS si dimostra così determinante. La mia esperienza a 500startups è dovuta proprio al gruppo ed ai suoi upvote sul mio post su Quora, ma questa è una storia per un altro post. Nel giro di poche settimane, investitori e giornalisti si sono rifatti vivi, e con loro sono arrivate le prime chiamate di Tagged, Google, Facebook, Twitter e Foursquare, tutte interessate ad acquisire la società. Dopo una “bidding war” (asta al rialzo) e veloce trattativa Andrea decide che Facebook è la casa giusta per il suo team e la sua società.

La soglia della povertà ed i sacrifici fatti per arrivare a questo momento sono ormai un ricordo, anche se indelebile. Comunque sia, ho voluto raccontare la sua storia per far capire come i successi non avvengano mai “overnight”, dall’oggi al domani. Ogni caso di successo ha alle spalle anni di ricerca, sacrifici, litigate, co-fondatori persi per strada, infinite porte in faccia, umiliazioni, amicizie rovinate e tanti, tanti debiti.

Ora Andrea è milionario, ma per creare e portare sul mercato quello di cui era appassionato ha vissuto per anni in povertà rifiutando offerte di lavoro da Google ed altri giganti a 180mila dollari l’anno, sacrificando tutto quello che aveva per i suoi co-fondatori e per la sua passione. Gli insegnamenti che ho tratto dalla sua storia, dalla sua umiltà e dalla sua determinazione sono evidenti e spero che Andrea con la sua storia possa finalmente essere un modello per tutti gli aspiranti startupper italiani.

San Francisco, 8 maggio 2012STEFANO BERNARDI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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