La svolta immersiva di Google, che sta mappando davvero di tutto

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Otto anni e qualche mese. Tanti sono passati dal giorno in cui Google ha introdotto Street View all’interno di Maps, il 25 maggio 2007. Denver, Las Vegas, Miami, New York e San Francisco le prime città ad essere mappate, poi via via molte altre negli USA e in buona parte del mondo.

Credits: extremetech.com

Quello che colpisce, oltre all’espansione meramente geografica, è l’evoluzione del progetto dal punto di vista concettuale: da semplice esperimento (“wow, vedo casa mia su internet”) a utility (“devo andare in un posto e voglio vedere com’è quel quartiere/strada/edificio”) per arrivare alla più recente funzione esperienziale. Funzione che, a voler guardare bene, è sempre stata nel DNA di Street View, ma che solo negli ultimi tempi ha acquisito un valore veramente centrale e strategico al 100%.

Oggi, infatti, Street View non si accontenta più di mappare solo le strade ma va ben oltre: il suo vero valore risiede nella capacità di offrire agli utenti di tutto il mondo esperienze immersive e anticipazioni virtuali di luoghi al di fuori dei classici itinerari automobilistici.

I progetti in tal senso sono innumerevoli e vanno dai percorsi esplorativi dei musei più importanti del mondo (Art Project), a quelli localizzati nelle profondità degli oceani (Oceans View), a quelli che esplorano meraviglie come le piramidi (World Wonders) e molti altri.L’intuizione iniziale di Google, mappare ogni angolo del globo nel senso più vero e letterale del termine, si è trasformata nel tempo anche in un’opportunità per i brand, che trovano oggi nuovi modi per progettare servizi sempre più rilevanti, sorprendenti e contestuali.

E, di conseguenza, di ampliare il perimetro del loro business con logiche molto meno invasive (ma decisamente più efficaci) rispetto alle tradizionali attività di comunicazione e brand positioning.

Un chiaro esempio di questo trend è dato sicuramente dal settore del turismo, dove vari enti per la promozione territoriale hanno saputo cogliere negli ultimi anni l’importanza di uno strumento come Street View e utilizzarlo per dare forma a esperienze innovative e di alto livello per i propri utenti.Per citarne alcuni: “Night walk in Marseille”, la mappatura dei percorsi alle pendici dell’Etna o quella degli itinerari escursionistici del Canton Ticino (Hike Ticino). Un caso, quest’ultimo, che conosciamo molto bene – con Sketchin abbiamo curato la progettazione dell’intero ecosistema di servizi fisici e digitali – e che ha previsto la mappatura di oltre 150 itinerari sul territorio svizzero per un totale di oltre 4000km, esplorabili da luglio in modalità Street View.Ma le opportunità non esistono solo per questo ambito.

Ovviamente, prima o poi, anche altri settori (i primi che ci vengono in mente sono quelli immobiliare, culturale, editoriale) inizieranno ad esplorare le potenzialità dello strumento Street View, ispirati dai progetti che il Google Cultural Institute sta mettendo in piedi in maniera sempre più frequente e strutturata.

Un’auto del servizio Google Street View. Credits: Wikipedia

Per non parlare poi di alcune “ibridazioni tecnologiche” che magari oggi solo intuiamo ma che in futuro potrebbero diventare realtà concrete e portare ulteriore valore aggiunto alle soluzioni immersive di Google.Basti pensare a tecnologie già oggi implementabili come gli HMD (head mounted display) con annesso filone della realtà aumentata, agli smartglasses e a tutto il mondo dei wearable in generale.

Scenari sicuramente emozionanti ma che, com’è inevitabile, aprono il campo anche a qualche dubbio.

Uno su tutti: in questo modo non si rischia che Street View o strumenti simili diventino talmente pervasivi da diventare, invece che “anticipatori di esperienza”, “sostitutori o annullatori di esperienza”?E infine un altro interrogativo, che ci riporta al titolo di apertura: dopo aver mappato musei, vulcani, fondali marini, meraviglie architettoniche, siti Unesco, itinerari escursionistici, ha ancora senso anteporre il vocabolo “Street” al servizio “View” di Google? O forse sarebbe meglio trovare un’altra definizione più calzante con la realtà dei fatti?

LUCA MASCARO – DARIO DELLANOCE*Milano, 4 settembre 2015

* rispettivamente CEO + Head of Design e Communication Manager di Sketchin

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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