La mia casa è uno spazio di coworking

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Nell’ultimo anno ho avuto l’opportunità di visitare e frequentare spazi innovativi: centri di ricerca, acceleratori, incubatori, coworking. Tutti posti interessanti e stimolanti, dove gira tanta energia, voglia di fare, ottimismo, fiducia. Tornato a casa riflettevo sulle analogie e differenza tra questi luoghi, finché mi sono trovato a confrontare la mia casa con uno spazio di coworking.

Con un po’ di sorpresa, mi sono reso conto di essere cresciuto e vissuto in una coworkinghouse, anzi in più coworkinghouses

Infatti fortunatamente ho trascorso molto tempo dai nonni, che avevano solo me da seguire. Con le nonne trascorrevo le mattine (non ho frequentato l’asilo nido) e alcuni pomeriggi (alla scuola materna stavo una manciata di ore, poi arrivava qualche angelo a portarmi a casa) a cucire, a lavorare a maglia, a fare la pasta, i dolci, le pizze con ingredienti veri che poi le nonne cucinavano, oppure con la pasta di sale.

Cesare Cacitti da bambino nella sua casacoworking

Avevo il banco da falegname vero, con attrezzi veri: la morsa, il martello, il seghetto e i chiodi. Il nonno mi riforniva di pezzi di legno e io costruivo… Beh, per modo di dire. Diciamo che martellavo e tagliavo assi di legno destinati alla stufa. Consumavo ingenti quantitativi di chiodi a soli tre anni. La cosa buffa è che vendevo a ben cinque euro le mie “opere”, prevalentemente mulini a vento, alle malcapitate amiche della nonna.

Anche a casa ero sempre indaffarato e i miei genitori mi hanno sempre incentivato a mettermi alla prova, a impegnarmi e a non arrendermi. Ho consumato decine di litri di aceto e scatole di bicarbonato per fare le “vulcanate”.

E quando erano molto esplosive ridevo come un matto!

Nell’educarmi genitori e nonni hanno cercato di applicare il metodo montessoriano: imparare facendo. Mi lasciavano fare, anche se sbagliavo, se sporcavo. Non mi disturbavano se ero concentrato a fare qualcosa

All’età di sei anni l’organizzazione familiare è cambiata: il papà è passato da fare il manager a tentare la strada dell’imprenditore. Il tutto dal tavolo del soggiorno. E io, che stavo a casa con lui, dopo aver fatto in compiti, alla velocità della luce mi mettevo al suo fianco e guardavo quello che faceva. Ho visto come realizzare un sito web, lo sentivo trattare con i fornitori esteri, spagnoli, inglesi, americani. Vedevo come scriveva lettere commerciali. Lo accompagnavo dal consulente grafico. Ero la sua ombra, non sempre silenziosa: infatti appena potevo lo sommergevo di domande.

E quando lui doveva uscire mi lasciava il permesso di usare il suo computer. E così è iniziata la mia passione. Quante discussioni per “scucirgli” 5 minuti in più di utilizzo del pc!

Cesare Cacitti da bambino nel giardino della sua casacoworking

E poi nella stanza accanto la mamma suonava il clarinetto. E allora anch’io ho voluto imparare. E mentre io apprendevo i rudimenti del clarinetto, lei ha ripreso la sua antica antica passione, il pianoforte. Ma io non la lasciavo mai in pace: mi sedevo accanto e… rovinavo tutto. Allora mi ha mandato a lezione. Così per anni ho suonato due strumenti, anche se ora continuo solo con il pianoforte.

Ma il momento magico arrivava la sera, quando mi leggeva racconti e avventure fantastiche

Ancora adesso nel nostro coworking ci raccontiamo i fatti più belli e interessanti accaduti durante il giorno e sentire la sua voce, stretto nel suo abbraccio, è come ritornare cucciolo e chiudere la giornata nel migliore dei modi.

CESARE CACITTI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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