La mano robotica e le frontiere per le persone con disabilità

lifestyle

Pochi giorni fa, in occasione della Giornata Internazionale della Disabilità, si è tenuto al Palazzo delle Esposizioni un convegno organizzato da Roma Capitale sul tema degli ausilii tecnologici. Ho partecipato raccontando del contributo che i makers stanno dando a questo settore, e gli esempi che ho portato hanno suscitato molto interesse anche tra i più addetti ai lavori.

La disabilità è un argomento vasto fatto di casi molto diversi e problemi molto individuali spesso non adeguatamente soddisfatti dall’industria perché non interessanti economicamente

Viceversa, i prodotti disponibili sono spesso offerti a prezzi esorbitanti ed inaccessibili. E siccome parliamo di esigenze quotidiane, anche piccole ma importanti per la felicità e la qualità della vita, non sempre rientrano negli ambiti di intervento dell’assistenza pubblica.

I makers e la filosofia open source riempiono questo vuoto perché hanno accesso diretto alla tecnologia e sono abituati a condividere le soluzioni tecniche ai propri problemi.

Il motore primario dei progetti dei makers non è strettamente legato alle logiche di mercato, così come le ricadute dei FabLab sulla società non sono solo quelle misurabili in termini di fatturato e di economia: penso che tra gli interlocutori dei makers a livello politico e istituzionale non debbano esserci solo coloro che si occupano di attività produttive ma anche coloro che si occupano di educazione e politiche sociali. Per essere più chiaro: sostenere un FabLab può costare molto poco rispetto ad altre politiche assistenziali, ma può portare grandi benefici per la popolazione in termini di sussidiarietà.

Gli esempi sono già tanti, come l’italianissimo progetto UGO, che è l’assistente domotico vocale sviluppato da Marco Sangiorgio per aiutare la moglie Ada a compiere tante piccole operazioni quotidiane (rispondere al citofono, cambiare canale TV, accendere la luce) in cui recuperare l’autonomia vuol dire molto perché è un modo per tornare ad essere “abili”.

L’ha fatto con un Arduino e ha speso qualche decina di euro. I dispositivi in commercio ne costano oltre tremila. O il supporto che lo stesso Marco ha realizzato artigianalmente per girare in bici con Ada.

Mario Way

E poi c’è l’innovativa e pluripremiata sedia a rotelle MarioWay di Mario Vigentini, basata sul concetto di Segway che consente di passare anche in porte di larghezza normale, migliora la postura e pone la persona più in alto superando la condizione di “inferiorità spaziale” delle persone costrette in sedia a rotelle. Mario dice: in 100 anni le autovetture sono diventate belle ed evolute oltre che piacevoli: perché per le sedie a rotelle non è avvenuto? Serviva un maker come lui.

Fabrizio Alessio di TooWheels

Ed è italiano anche il progetto TooWheels di Fabrizio Alessio, due modelli di sedie a rotelle sviluppate al FabLab Torino e pensate per essere autocostruite per 200 euro: consentono di fare sport e andare in sicurezza su terreni accidentati.

All’ultima MakerFaire Rome venivano presentati l’Interactive Placemat, un progetto sviluppato al FabLab MUSE di Trento per facilitare la comunicazione di persone autistiche che usa Arduino per sonorizzare una tovaglietta, e EyeWriter Italia, un dispositivo open source sviluppato da Luca Frogheri per controllare un computer con il movimento della pupilla.

E all’estero? Ha fatto il giro del mondo l’immagine di Liam, il bambino che può nuovamente giocare perché indossa una mano articolata e prensile stampata in 3D. Da lì è poi nata una rete internazionale chiamata E-nabling the future che stampa gratuitamente in 3D le protesi per bambini che ne hanno necessità.

Nicolas Huchet

E poi c’è il caso di Nicolas Huchet (foto in alto), il ragazzo francese che dopo aver perso una mano a 16 anni in un incidente in fabbrica ha scoperto il FabLab della sua città e ha dato vita al progetto BionicoHand per costruire una mano robotica open source controllata da elettrodi, e poi tutto il filone che passa per il design accessibile come ad esempio nel caso dell’iniziativa Enabled by design che organizza hackathon per ripensare oggetti della vita quotidiana in chiave accessibile.

Questi sono solo alcuni esempi, perché la qualità della vita è uno dei campi dove i makers hanno prodotto moltissimo

Condividere in rete, in open source, un dispositivo che migliora la qualità della vita delle persone, è uno degli impatti più importanti che i makers possano avere sulla società. Senza contare che per chi ha bisogno, essere in prima persona parte della soluzione al proprio problema ha un valore psicologico che vale quanto la soluzione stessa.

ALESSANDRO RANELLUCCI

Il post è stato ripreso da Make in Italy Foundation.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
0 Commenti
Inline Feedbacks
View all comments

What do you think?

Scritto da chef

innovaizone

preOccupiamoci: un’indagine per capire cosa non va nel mondo del lavoro

default featured image 3 1200x900 1

Perché ho fatto Klash, l’app per le sfide pazze tra amici