Il modello, che funziona, delle scuole pugliesi: fare squadra e spendere bene. Si può fare sul resto?

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I recenti ed impietosi dati Svimez ci consegnano un Sud alla deriva, quasi senza speranza. Tuttavia un dato ci dovrebbe far riflettere. I recenti risultati degli esami di stato delle scuole secondarie di secondo grado dimostrano come una regione del sud, la Puglia, abbia avuto un eccellente risultato in termini di valutazioni finali. Questo dato è ormai una costante da diversi anni.

Come mai allora il Sud, con tutte queste eccellenze è il fanalino dell’Italia? Una prima risposta, che non emerge dai dati Svimez, potrebbe essere la seguente: i meridionali eccellenti non restano nel meridione d’italia.Le università del nord sono frequentate da migliaia di studenti del sud, negli ospedali, centri di ricerca, università, pubbliche amministrazioni del nord e molto spesso del mondo, gli accenti ricorrenti sono indubbiamente quelli del sud.

Quindi accade che le eccellenze del sud, formate nel sud, producano reddito nel nord o all’estero.

Al sud non ci resta nessuno o quasi.I giovani eccellenti del sud, sono ‘condannati’ a specializzarsi con studi universitari e post-universitari. I risultati in termini di competenze non mancano. Purtroppo una volta acquisite queste competenze esse vengono ‘spese’ altrove e non nel sud. In questi ultimi anni, anche nelle prove di misurazione degli apprendimenti degli studenti, con tutti i limiti che esse portano con se, hanno dimostrato che Puglia è stata la regione d’italia con un più elevato tasso di crescita.

Cosa è accaduto quindi in Puglia? Nell’istruzione si è fatto sistema. I fondi comunitari e non sono stati tutti spesi e molto spesso anche bene.

Le scuole si sono confrontate e molto spesso hanno messo a fattor comune le migliori pratiche.Tuttavia ciò che manca da fin troppo tempo è l’idea di fare sistema a 360 gradi. La scuola, se pur di eccellenza, non ha avuto una controparte propositiva ed attiva nella politica e nell’impresa. Si è applicata la politica dei ‘compartimenti stagni’ che, quasi per un triste gioco di parole, ha portato il sud alla stagnazione economica.

Come uscire dallo stagno? Occorre fare squadra. Innanzitutto attraverso una operazione di presa di coscienza. I politici sanno cosa accade nelle scuole del sud? Sanno le eccellenze che in essa ogni giorno si prodigano per promuovere gli apprendimenti?Molto spesso non lo sanno e ahimè altrettanto spesso non lo sanno perchè non lo vogliono, o peggio ancora, non sono in grado di comprenderlo.Nel modo in cui si riuscirà a fare sistema tra scuola, politica, impresa e società si potrà fornire una risposta alla ormai secolare ‘questione meridionale’ (il termine fu usato per la prima volta nel 1873).Per quale motivo il sud non può avere la fibra ottica con pari diffusione del nord, i treni ad alta velocità che viaggiano velocemente da Roma verso il nord, e che invece impietosamente rallentano da Roma verso il sud, gli ospedali, centri di eccellenza e di ricerca che ha il nord, nei quali come dicevo molto spesso l’accento prevalente è quello meridionale?

La risposta potrebbe essere semplice.

I soldi chiamano i soldi.

Se nel nord si produce più reddito ci saranno maggiori investimenti. Ma una politica di sviluppo del paese non può essere continuamente improntata a principi reddituali tipici dell’impresa.

Investiamo, principalmente in trasparenza nel Sud. L’intero Paese ne trarrà un beneficio.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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