Diario di viaggio di un FabLab all’interno di una terra e delle sue aziende pronte a rinascere

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La “Terza rivoluzione industriale” che racconta gli straordinari stravolgimenti che ci attendono grazie alle nuove tecnologie come la stampa 3D, riguarda da vicino le attività della piccola e media industria e delle attività artigianali.

Credits: BasilicataInnovazione

Proprio per questo motivo, mi ritengo fortunato per aver potuto lavorare insieme alle professionalità della Medaarch e del Mediterranean FabLab, ad un progetto promosso dalla Regione Basilicata e dal suo partner strategico AREA Science Park ed Innovation Factory, tramite Basilicata Innovazione.

UN PROGETTO, DUE PASSAGGI

Il progetto, che si è concluso da poco, si è articolato in due momenti: il primo incentrato sulla redazione dello stato dell’arte delle aziende lucane, per quel che concerne le opportunità d’innovazione legate alla fabbricazione digitale che le stesse potrebbero intraprendere; il secondo che ha accompagnato alcune di queste in una fase di tutoraggio che dallo stato attuale si è mosso verso un percorso d’innovazione pensato ad hoc.Dalla prima fase è emerso un viaggio in una “Basilicata print to print” che mi ha sorpreso per la forza con cui le persone che ho incontrato lavorano ogni giorno, e per la caparbietà con cui a gran voce raccontano di essere pronte per andare avanti, per evolversi, per ripensarsi in nuovi scenari economici e sociali.

Gli incontri e le visite condotte in azienda sono raccolti in un documento che costituisce un report significativo sulle opportunità d’innovazione legate alla digital fabrication per le aziende lucane. È un documento che non vuole avere pretese esaustive, né per quel che concerne la trattazione sulla fabbricazione digitale – dove è difficile mettere paletti o effettuare catalogazioni, sia per caratteristiche intrinseche all’argomento, sia perché le sperimentazioni condotte in questo ambito cambiano di mese in mese il senso e l’orizzonte dei propri termini e concetti -, né per quel che riguarda il disegno di uno stato dell’arte diffuso a tutta la regione Basilicata, poiché il campione di aziende toccate non costituisce un numero attendibile. Detto ciò, il report prova a tracciare, nella sua prima parte, un quadro generale che tenta d’inquadrare la fabbricazione digitale per le sue aspirazioni più intriganti, sforzandosi di fare chiarezza sugli obiettivi a cui tendere in relazione ai mutamenti che alcune tecnologie abiliteranno non solo per la realizzazione, ma anche per la distribuzione, la commercializzazione e la fruizione degli oggetti e delle lavorazioni manifatturiere ad essi legati, fino ad arrivare al sovvertimento di alcuni modelli economici e sociali che gli stessi mutamenti, inevitabilmente, indurranno.

ARTIGIANI DIGITALI IN AZIENDA

Nel report si è cercato di tracciare lo stato dell’arte di 4 grandi settori manifatturieri che, identificati dal nostro committente, inquadrano tutte le aziende toccate dal progetto e che sono: il settore del legno (ed in generale l’arredo prodotto con tale materiale), delle lavorazioni plastiche, del marmo e della pietra ed, infine, il settore agroindustriale.

Per queste 4 macrocategorie sono stati redatti degli studi che tracciano un quadro, limitato e non esaustivo, delle attuali lavorazioni condotte dalle aziende ad esse appartenenti, attraverso l’immissione di processi digitali e di gestione delle informazioni inerenti le esperienze di digital fabrication che potessero essere più aderenti possibile agli interessi che le aziende lucane ci hanno raccontato come le più stimolanti per la loro evoluzione.Ogni azienda toccata dal progetto a cui sarà consegnato tale studio, ha a disposizione un inquadramento dei temi generali con cui orientare le proprie valutazioni, ed uno studio più puntuale su 4 settori manifatturieri, che seppur non coprano l’intera gamma delle lavorazioni ad oggi attuate nella regione, rappresentano comunque una parte considerevole degli ambiti in cui le aziende lucane si muovono.

Infine, all’interno di ciascun report, è stata inserita una parte che riguarda prettamente le aziende visitate e che a partire da un resoconto sullo stato dell’arte in cui l’azienda si trova, si passa alla descrizione di possibili percorsi d’innovazione che la stessa potrebbe intraprendere nell’immediato senza stravolgimenti strutturali o investimenti proibitivi. In particolare, in questa sezione abbiamo cercato di introdurre un modello di valutazione che fosse in parte supportato da dati ed informazioni, modellizzati e costruiti ad hoc, che aiutasse noi nella costruzione del ventaglio di possibili percorsi d’innovazione suggeriti alle aziende, e che fosse, per queste ultime, anche strumento di valutazione delle proprie attitudini progettuali.

È importante precisare che i percorsi d’innovazione non consistono solo nel dotarsi di tecnologie “alla moda” o che un’azienda che decide di innovare non necessariamente “dimentica”, tralasciando le proprie conoscenze pregresse, che siano esse sia di carattere industriale, sia di taglio artigianale, sia di natura culturale.

Innovare significa per noi legare opportunità di cambiamento, con pratiche resilienti.

E questo per ottenere un miglioramento delle qualità “diffuse” che non riguardino quindi solo l’azienda ma che si estendano al territorio in cui essa opera. Il quadro che emerge da questo report è per noi incoraggiante: pur considerando che il livello di conoscenza di questi temi da parte delle persone e degli operatori incontrati durante questi tre mesi, ha bisogno di una spinta forte per penetrare in modo diffuso e cosciente nei territori, è pur vero che la propensione al cambiamento, la naturale tenacia degli imprenditori, la ricchezza di cuori e menti legati alle proprie radici, mettono la regione Basilicata di fronte ad un’opportunità che non può lasciarsi scappare.

FLUSSI DI PERSONE, FORMAZIONE DIFFUSA E ATTREZZATURE ABILITANTI

La seconda parte del progetto ha invece coinvolto tre aziende, che sono state accompagnate in un percorso d’innovazione aziendale attraverso workshop che hanno toccato differenti temi: dal design computazionale ai sistemi di co-ideazione, dall’identificazione di nuovi prodotti all’ideazione di nuovi modelli economici. È stata per noi una vera soddisfazione vedere come un percorso del genere, condotto con caparbietà e determinazione dalle tre aziende si sia trasformato poi in qualcosa di fisico, reale, concreto. Questo qualcosa, non se lo aspettavano nemmeno le aziende, ed è stato emozionante verificarlo insieme come conclusione di un grande ed intenso lavoro. Ovviamente i risultati vanno valutati in relazione al tempo ed al punto di partenza. Come nel caso della Falegnameria Colacicco, un’azienda inquadrata nella filiera del mobile imbottito, per il quale ne realizzava i fusti, ma con evidenti vocazioni rivolte alle lavorazioni artistiche del mobile per interni. Cosi da quello che era semplicemente una attività collaterale si è passati alla produzione di oggetti d’arredo cercando di massimizzare l’uso delle macchine già presenti in azienda e la vocazione al design d’autore delle maestranze.

Ecco questo è il motivo per il quale il risultato che raccontiamo a noi non dispiace affatto.Molti e di rilievo internazionale sono gli eventi che interesseranno, nei prossimi anni, questa regione, portando flussi di persone, informazioni, interessi ed economie in terra lucana. Se solo una parte, anche esigua, di queste risorse fosse dedicata alla rinascita della piccola e media impresa, dell’artigianato di qualità, della ricerca, delle nuove e coerenti pratiche agricole, attraverso due assi principali quali la formazione diffusa (generale e specializzata, nelle scuole o fuori) e le attrezzature abilitanti (che necessiterebbero di piccolissimi ma strategici investimenti), allora questi territori potrebbero cogliere appieno il valore che la tanto citata terza rivoluzione industriale porta con sé.

Certo, non immagino che gli interventi in precedenza citati possano, da soli, creare uno scenario adatto alla rinascita sociale, etica ed economica della realtà che viviamo adesso, ma sono convinto che se supportate da altri strumenti programmatici e soprattutto da azioni proposte dal basso, esse potrebbero in un tempo relativamente breve produrre cambiamenti considerevoli. La formazione e la strutturazione di piccoli spazi con possibilità tecnologiche operative, non sono proposte scaturite direttamente da noi, bensì sono azioni invocate in maniera esplicita dagli operatori del settore (imprenditori, professionisti, lavoratori e artigiani) che, nella migliore delle ipotesi, hanno lamentato l’urgenza e la difficoltà di reperire sul mercato figure con conoscenze specifiche – dimostrando l’intenzione di assumerle immediatamente -, così come hanno esplicitamente richiesto spazi dotati di tecnologie abilitanti dove esternalizzare quella parte di ricerca che non possono più permettersi di tenere all’interno della struttura aziendale.

Questi due interventi, la formazione e l’apertura di spazi di ricerca applicata, spaventano, in un paese come l’Italia che è abituato a sperperare denaro pubblico in iniziative lodevoli, poiché queste inevitabilmente si tramutano in pozzi senza fondo.

Esiste, però, la possibilità di una terza via da intraprendere tra quelle dell’immobilismo e dello sperpero.

È proprio quella legata alla natura dello strumento, il digitale, cuore della rivoluzione possibile.

MAKERS, FABLAB, RIUSO AL SERVIZIO DELL’INNOVAZIONE

La spinta all’auto-organizzazione di “sistemi” come le comunità di maker, i fablab, le comunità di riuso, le attività scolastiche ibridate con nuove modalità didattiche e di docenza, tutti monitorati e agevolati da un coordinamento snello e lungimirante, può sicuramente trasformare il modo di fare impresa, può spostare il concetto di valore dagli oggetti alle conoscenze, può sfruttare al massimo le ricadute sociali del valore generato da politiche di crescita pubblica o privata, stanziandolo verso il territorio che lo ha fatto nascere.Se riusciamo a scegliere questa terza via, probabilmente il percorso che il Mediterranean Fablab ha condotto finora in Basilicata non sarà fine a sé stesso ma dimostrerà che un’alternativa è possibile e che se una rivoluzione esisterà, essa non sarà solo tecnologica o produttiva ma sarà sociale e per tutti.Avere la possibilità di contribuire, come fablab, ad un percorso del genere è quello che mi auspico per il futuro, ed è quello che ho cominciato ad assaporare con in progetto portato avanti insieme a Basilicata Innovazione.

AMLETO PICERNO CERASO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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