Così Robyn e gli adolescenti disabili usano i social per abbattere ogni muro

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La diversità è sempre stato uno dei driver più forti dell’innovazione. La necessità di sentirsi inclusi genera la voglia di trovare strumenti, tecniche e modi per garantirsi accesso, partecipazione, considerazione e – soprattutto – voce. Le ramificazioni di questa modalità operativa sono da un lato tecnologiche (vi ho già parlato dell’uomo-cyborg che amplifica la sua vista attraverso sensori e macchine, e anche delle ruote pieghevoli per le sedie a rotelle), ma anche di comunicazione, advocacy, awareness.

Il blog di Grace Mandeville (http://mandevillesisters.blogspot.co.uk/)

DIVERSAMENTE SOCIAL

Soprattutto se a farsi portavoce e testimonial di questa rivoluzione dal basso, che rende normale e quasi “pop” ciò che viene da sempre – culturalmente, storicamente, sociologicamente, economicamente – percepito come diverso, sono i giovani. Anzi, gli adolescenti.

Millenials, e dunque abituati e naturalmente predisposti all’uso di social network e strumenti di comunicazione dal basso, consapevoli di come usare la rete possa aiutarli a amplificare le loro storie.

“Diversi”, e per questo motivati dalla volontà di creare attenzione, generare comprensione, attivare dibattito e curiosità intorno a sè stessi e a ciò che rappresentano.

Teenager e dunque a volte provocatori, sopra le righe, surrealmente pratici, consapevoli del fatto che la serietà è, nel loro caso, un valore spesso sopravvalutato, soprattutto quando l’intento è abbattere barriere, distinzioni e gabbie.

Il profilo Instagram di Winnie Harlow (http://instagram.com/winnieharlow/)

Sono tanti, questi innovatori sociali che usano la rete per combattere percezioni e luoghi comuni. Non sono tutti uguali. Ci sono transgender come Aydan Dowling che usano la rete per combattere lo stigma associato alle trasformazioni di sesso da donna a uomo (qui la mappatura della viralizzazione della foto, fatta da Buzzfeed); modelle come Winnie Harlow, che su instagram crea awareness attorno alla vitiligine, rifiutando di usare make up e mostrandosi così com’è: bellissima e “maculata”; e blogger come Grace Mandeville che attraverso video, post e tweet racconta la sua vita da ragazza normale, ma con un braccio solo.

LA STORIA DI ROBYN, T-REX SU DUE RUOTE

Robyn Lambird è una ragazza australiana con i capelli corti color caramella, è affetta da Palsy cerebrale ed nota in rete con il nickname T-rex. Ha iniziato con Tumblr perchè “tutte le persone della sua età erano su Tumblr” e poi è passata a YouTube, dove ha un canale dedicato a rispondere alle domande che le arrivano sulla disabilità di cui soffre e a veicolare videotutorial con consigli situazionali legati a come gestire la vita quotidiana di chi ha il suo stesso problema.

Robyn Lambird

È anche su Twitter e su Instagram e usa i social media con metodo: “hanno una funzione educativa sul grande pubblico. Permettono di spostare la percezione della disabilità, rendendola più positiva.

E allo stesso tempo ti permettono di attivare connessioni e scambi di consigli con chi vive esperienze simili alle tue”.

L’apparatus di strumenti di comunicazione 2.0, per Robyn e per i tanti altri “diverse influencer”, non è infatti casuale ma anzi pienamente consapevole delle funzioni e dei codici comunicativi che ogni social media porta con sè: “Youtube è dove condivido le mie esperienze personali, per aiutare gli altri – spiega Robyn che in queste questioni social sta diventando una vera esperta (le sta studiando anche all’Università) – mentre su Tumblr condivido le foto e le storie che mi mandano le persone che mi seguono. Instagram e Twitter sono fondamentali per diffondere la mia voce il più possibile”.

Il Tumbrl di Robyn Lambird (http://my-trex-life.tumblr.com/)

Robyn si è inserita in un contesto “codificato” (il Tumblr blog, YouTube, Twitter, Instagram) e se ne è riappropriata, usandolo per creare awareness, dimostrare la propria “normalità nonostante tutto”, ma anche e soprattutto, motivare, sostenere e guidare chi vive la sua stessa situazione.

Una cosa accomuna questa ondata di portavoce digitali della diversità. Tutti sfruttano il gap iniziale che li rende “speciali” per fare community.

Usano il web per costituirsi come nicchia e come subcultura, rinforzare la propria voce, il proprio pensiero, le proprie storie e i propri messaggi attraverso uno storytelling aperto e inclusivo, che mette a sistema e confronta le esperienze di ognuno, e che proprio per questo promuove e veicola un messaggio che, piano piano, si sta affermando forte e chiaro.

Una foto di Robyn tratta dal suo Instagram

Secondo Robyn infatti “è bello e utile poter andare online e vedere come gli altri si comportano in situazioni simili alle mie, oppure poter essere io a dare consigli”. In più, questa presa di posizione e di coscienza e soprattutto di approccio, è una forma di empowerment:

“Se sono io la prima a dichiarare, raccontare e mostrare la mia disabilità, in modo tranquillo, sereno e ironico allora nessuno potrà attaccarmi o ferirmi con le sue parole”.

Su un punto in effetti Robyn è molto netta: “sono d’accordo con Stella Young, una delle mie eroine, che si opponeva assolutamente all’idea che le persone disabili debbano essere elette a ispirazione solo perchè sono vive”.Quella descritta, raccontata e vissuta da Robyn e da tanti come lei non è una vita da compatire, triste e uggiosa. È uno dei tanti tipi di nuova normalità.

E proprio per questo si può prendere con ironia e leggerezza, proprio come fa Robyn che ha scelto il suo soprannome “T-rex” per via del modo un po’ a scatti con cui si muove.

IL MURO PIU’ ALTO: LA NOSTRA INDIFFERENZA

La strada è lunga, ma le prime milestones sono già state poste: questi giovani teenager stanno contribuendo a a un movimento che rivoluziona il mondo per davvero. Dal basso e grazie al digitale.

FRANCESCA MASOERO2 marzo 2015

* Grazie a Robyn Lambird per la disponibilità, le parole e tutto quello che sta facendo su tutti i social network possibili per abbattere i luoghi comuni sulla diversità. Thank You Trex!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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