Cos’è la cultura d’impresa e cosa possiamo fare per aiutare l’Italia (e il Sud) a ripartire

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Molto spesso mi chiedono durante convegni, workshop e conferenze, perché mai nel Sud Italia l’innovazione attrae meno rispetto che in altri territori. La risposta è semplice: manca la cultura d’impresa.

Non esiste una definizione precisa ed univoca di “cultura d’impresa”, tanto che neanche Wikipedia ne riporta qualcosa, tuttavia ho provato ad estrapolare un significato univoco che potesse essere efficace per tutte le realtà economiche ed organizzative. Il significato proviene dalla fusione di due parole “cultura” e “impresa”. Mentre l’impresa è quell’attività di carattere economico che consente di mettere a disposizione dei clienti interessati un bene o servizio che può portare loro un particolare valore aggiunto, il termine cultura deriva dal verbo latino colere, “coltivare”. In pratica “coltivare l’impresa”.

La cultura è lo strumento per raggiungere gli obiettivi dell’impresa: la visione.

Ogni azienda, ogni imprenditore, deve realizzare il proprio modello di cultura d’impresa, un modello che sia unico ed irripetibile e che vada ad identificare in modo chiaro ed efficace la propria storia, i propri valori, la propria vocazione, la propria immagine, in un’unica parola, la propria identità.

Credits: alexwilliamson.co.uk

In maniera del tutto sintetica, la cultura d’impresa non è altro che il cambiamento, la capacità non solo tecnologica ma anche strutturale che le persone o le imprese hanno affinché sopravvivano alla dinamicità del sistema. Attuare un processo di sensibilizzazione delle imprese e delle persone per comunicare al meglio i processi economici e soprattutto la possibilità di fare impresa anche in territori che per estrazione sociale, non hanno un forte tessuto imprenditoriale è la sfida che abbiamo provato a lanciare in provincia di Taranto.

La comunicazione è, infatti, una leva strategica e fondamentale per l’affermazione di qualsiasi attività imprenditoriale ma, per rivelarsi davvero efficace, occorre che sia indirizzata all’interno delle aziende e delle persone che ci lavorano, prima che al suo esterno.

Un team che rispetta i valori aziendali e che partecipa attivamente alla vita d’impresa contribuirà infatti ad una maggiore diffusione della cultura. Perché il vero limite all’informazione, non è quello di comunicare quando una startup innovativa diventa leader nel mercato con fatturati milionari ma piuttosto quale è stato il percorso verso il successo.

Competenze, team, prodotto/servizio, sono soltanto alcuni degli elementi che generano valore per un impresa di successo.

Vi siete mai chiesti quale differenza ci sia veramente tra una startup innovativa ed una multinazionale ? La vera differenza non sta nelle dimensioni o nei fatturati, ma nel modo di pensare e organizzarsi.

L’innovazione è veloce e continua, non si ferma, ma la cosa più importante è che oggi l’innovazione rappresenta lo strumento più efficace per aggredire i mercati.

Facebook nel 2011 quando ancora era una startup aveva già raccolto investimenti privati, compresi quelli di Goldman Sachs, per 50 miliardi di dollari.

Oggi la startup più ricca del mondo si chiama Xiaomi, produce smartphone low-cost ed il suo valore ha superato i 46 miliardi di dollari in meno di 48 mesi. Pensate, la Philip Morris attualmente ne vale appena 44.

Ma come possiamo affrontare il problema? La prima cosa da fare è capire quanti imprenditori hanno realmente la percezione del fare impresa.

Noi del Mezzogiorno d’Italia siamo stati da sempre abituati al sistema dei finanziamenti a “fondo perduto”, delle aziende che si aprono con i contributi statali, della politica del “faccio l’imprenditore solo se prendo il finanziamento”. Almeno una volta alla settimana mi capita di ricevere in studio una persona che mi chiede come intercettare un finanziamento a fondo perduto per aprire un attività. Cioè il più delle volte, la gente non è interessata a generare valore nel tempo, tanto che non si pone neanche il problema di quale attività avviare, piuttosto è interessata alla possibilità di ricevere soldi. Sarà forse anche questo uno tra i principali problemi che porta le PMI del Mezzogiorno ad avere un così alto tasso di mortalità?

Nel primo trimestre del 2015 in tutta Italia sono cessate 133.187 imprese.

Un dato allarmante ma in realtà meno consistente rispetto agli anni precedenti.

A questo poi si aggiungono ulteriori fattori come l’insufficienza delle istituzioni di favorire riforme ed adeguate politiche industriali, poca diffusione di legalità nell’attività economica, angoscia del cambiamento ed insufficienza delle infrastrutture. Tutti questi fattori incidono in maniera grave sul tessuto non solo imprenditoriale ma soprattutto culturale dei nostri territori.

E’ per questo che dal 2013 sto contribuendo a promuovere l’innovazione e la cultura professionale, favorendo la formazione, facendo networking con l’intento di sensibilizzare l’etica negli affari e promuovendo una vera cultura del merito. La cosa positiva è che farlo siamo in tanti, e questo significa che sta aumento la voglia di cambiamento e la necessità di cambiare il modo di comunicare come fare impresa.

Noi professionisti abbiamo la responsabilità di assistere le imprese e gli imprenditori. Le Università, ad esempio, dovrebbero occuparsi della promozione della cultura d’impresa nell’ottica di uno spirito di armonia e collaborazione, aiutando ad affrontare con maggiore sicurezza i diversi competitors presenti sul mercato. Perché la cultura d’impresa non rispecchia solo i valori dell’onestà, trasparenza e rispetto, ma anche creatività, innovazione, capacità di integrarsi in modo consapevole nel sistema economico-sociale e valorizzazione del capitale, soprattutto di quello umano. Sono i contesti e le condizioni ambientali che sviluppano l’imprenditorialità. Alcuni studi di carattere sociologico hanno evidenziato il ruolo dei valori etico-sociali presenti in un certo ambiente. Questi molto spesso rappresentano la forza del rapporto tra imprenditore e contesto sociale. Il nostro sistema meridionale è chiuso.

Il lavoro che oggi possiamo fare sta proprio nella condivisone della conoscenza e la creazione di rapporti di cooperazione tra attori sociali. Perché come spesso si dice, la felicità è reale solo quand’è condivisa.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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