Calabresi in Silicon Valley: così saremo artigiani dell’energia

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Sono passati anni da quanto studiavo architettura a Reggio Calabria e, credetemi, rimpiango moltissimo il clima meridionale. Vi scrivo infatti da Copenhagen che con la Calabria ha in comune ben poco.

Dopo i primi due anni di università decido di trasferirmi presso l’Università di Ferrara. Tempi duri per me, scanditi dalle sessioni d’esame, dalle incombenze quotidiane della vita da fuori sede e dal desiderio di abbracciare ed adattarmi ad un ecosistema che, seppur italiano, presenta grandi differenze dal meridione cui ero abituato.

Decido di partecipare a qualche concorso e tento il colpaccio insieme a due miei colleghi: ci iscriviamo al World Architecture Festival di Singapore, una sorta di Oscar dell’architettura. Il top del mondo architettonico condensato in tre giornate di Festival internazionale.

Sostenibilità ambientale e rigenerazione urbana di Ferrara sono i temi su cui puntiamo e che speriamo facciano colpo.

In un giorno qualunque controllo le mail: siamo tra gli otto finalisti! Passato un mese, siamo in viaggio per Singapore grazie anche ai fondi universitari e alla lungimiranza dell’ateneo ferrarese che decide di credere in noi. E’ il nostro turno di presentare, sono un po’ impacciato verso il finale ma do il massimo, la presentazione va bene e la giuria sembra soddisfatta, non ci resta che aspettare il verdetto.

Alla conferenza di chiusura il presidente del festival con non poca difficoltà pronuncia “Ferrara” decretandoci vincitori. Urliamo dalla gioia ed andiamo a ritirare il premio, consapevoli di essere il primo team europeo ed italiano a vincere questo titolo, i primi dopo Harvard ed MIT.

Lascio Singapore felicissimo, orgoglioso ma con qualche domanda che influirà massivamente sugli sviluppi dei mesi successivi.Numerosi luci e neon caratterizzano Singapore e comincio a chiedermi dove prendono tutta quell’energia elettrica e quanto possa costargli. Nel frattempo leggo gli articoli di “Che futuro!” mi rendo conto di essere nel bel mezzo di una nuova rivoluzione industriale. Una generazione di makers e di “fai da tè” si accinge a conquistare gli scenari futuri.

Perché non esistono ancora artigiani dell’energia? Cosi nasce Eolit. Chiamo Angelo Bellocco, studente e smanettone di ingegneria informatica, ne parlo con lui e gli spiego quale sia l’ambizione di Eolit.

Eolit vuole essere il primo sistema pubblico (ed in un secondo step anche privato) di generatori eolici fai da tè e low cost.

Combinando variabili antropiche e naturali, reperite tramite società di climate scanning, e tramite un processo di shaping, si possono creare generatori ad asse orizzontale specifici per aree geografiche, massimizzando così la captazione del vento e l’accumulo di energia.

Se poi si fa del generatore eolico uno strumento facilmente stampabile in 3D, fai da tè e low cost la rivoluzione può essere reale.

Una gigantesca piattaforma di artigiani dell’energia. Angelo, mi ascolta e mi da fiducia. Decidiamo di partecipare alla Global Impact competition, vincere significherebbe avere 30 mila dollari ed essere catapultati direttamente alla Singularity University del centro ricerca NASA. Come per Singapore, ci provò, mando tutto armato solo di tanta passione e grandi speranze e infatti arrivo tra i sei finalisti.

Parto subito alla volta del TAG di Milano, lì si terrà la finale. Non riesco a vincere ma non importa è stata una esperienze gratificante e non mi sento sconfitto, tutt’altro: continuiamo a lavorare incessantemente, ci sono cose da correggere, bisogna cercare altre opportunità e nuovi membri del team. Contemporaneamente partecipiamo ad un concorso ambizioso: ISES 2013, International Students Energy summit. Un summit biennale in cui si riuniscono alcuni studenti da tutto il mondo selezionati per idee innovative nel campo del cleantech. Il fine della conferenza è quello di discutere con i responsabili delle commisioni energetiche di NATO, Unione Europea, Energy Agency, StatKraft ecc.

Qualche settimane dopo la notizia: siamo dentro, ci selezionano e ci ospiteranno a loro spese.

Intanto il team si amplia: affianco a me e ad Angelo ora ci sono anche Giuseppe Pronestì e Mauro Belnava Rispettivamente ingegnere ed economista. Nuove forze con nuovi obiettivi primo fra tutti StartCup Calabria.

Il team di Dpixel ci mette alla prova e da 240 partecipanti in tutta la regione rimaniamo in 10 finalisti: ovviamente siamo i più giovani. Non vinciamo ma non importa Eolit è maturata molto e ora siamo pronti per un altro step e continuiamo tuttora a lavorarci.

Mi trasferisco a Copenhagen per continuare gli studi. Qui decido di imbarcarmi in una altra avventura: EOlit ha un team solido ma c’è una altra idea che mi ronza in testa e che potrebbe avere un gran potenziale. Riguarda il match professionale nel mondo delle costruzioni. Poi incontro due ragazzi che scelgono di crederci. E indovinate da dove vengono?

Pietro Falliti e Roberto Zanaldi: il primo studente alla Copenhagen Business School il secondo laureato da qualche anno nella medesima università, entrambi con curricula spaziali e tanta voglia di mettersi in gioco. Il nostro prossimo obiettivo è sviluppare l’idea ed entrare alla Copenhagen School of Entrepeneurship il più grande incubatore danese.

Ma lasciate che sia sincero fino in fondo. La mia non è una storia speciale, tutt’altro. Ho 23 anni e in questo percorso ho incontrato e conosciuto persone fantastiche che stanno facendo veramente qualcosa di raro, e lo fanno in silenzio mantenendo un basso profilo. Mi riferisco a tutti coloro che fanno della loro passione una impresa; a tutti gli sturtuppari che cercano di aggiungere la parola “innovazione” alle tante cose che il nostro paese può vantare.

Questi nuovi imprenditori stanno cambiando qualcosa a partire dal sottobosco. Hanno una cosa in comune: sono affamati. Non si fermerebbero mai.

Come me molti di loro cercano di rappresentare una Italia che sa ancora proporre innovazione, dimostrando che il mediterraneo è area di ingegno e creatività spesso trascurati o del tutto assopiti.

Le cose da migliorare nel nostro paese non sono poche e la battaglia per l’innovazione si compatte su molti fronti: prima di tutto eliminare la miseria dell’ invidia tra connazionali e abbandonare l’arrendevolezza della tipica lamentela all’italiana. Poi solo un parametro: il merito!

“Ex Labore Fructis” e’ il motto della mia università

Quindi affamati e motivatiIo non sono ancora sazio.

Buona fortuna Italia!

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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