All’hackathon sull’IOT lo stendino della biancheria diventa smart

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Sabato scorso, tra quadri e sculture del Rinascimento, si è svolto l’hackathon sull’Internet delle cose e per la prima volta mi sono ritrovato “dall’altra parte”: non tra i partecipanti a lavorare 24 ore no-stop, ma tra i giudici, a decretare i vincitori della maratona per makers. Ho vissuto questa nuova esperienza con grande senso di responsabilità, anche perché ho provato sulla mia pelle quanto impegno, lavoro, fatica, concentrazione (ma anche divertimento) sono necessari per affrontare un hackathon.

Presentazione di un progetto tra opere d’arte

Essere colui che giudica non è affatto semplice: è necessario essere competenti, capire bene ciò che viene presentato, restare sempre concentrati, e valutare in maniera imparziale e omogenea.

Le 12 squadre, alcune delle quali provenienti da istituti superiori della provincia di Vicenza, hanno lavorato su tre filoni dell’internet delle cose: smart city, smart home e wearable

Tutte le squadre hanno lavorato sodo e proposto qualcosa di innovativo, ma i due progetti che hanno maggiormente colpito la giuria sono stati: Stenduino per la categoria Smart Home, realizzato da quattro studenti (Nicola dal Maso, Mattia Fioraso, Alessandro Rizzo e Stefan Mirkovic, delle classi quinte informatica e elettronica dell’ITIS Marzotto di Valdagno) e MUSENSE, per la categoria Smart City, della squadra del Treviso AUG (ardiuno user group).

Il gruppo del progetto vincitore “Stenduino”

Ho trovato Stenduino davvero interessante. E’ un progetto pratico, che esce dai soliti cliché della domotica. E’ una creazione innovativa destinata a rendere un oggetto di uso quotidiano, lo stendino della biancheria, un prodotto innovativo, intelligente e interattivo con la rete per mettere al riparo la biancheria se piove e per ottimizzare l’asciugatura.

Ho trovato bello, quasi commovente, che quattro ragazzi di 18 anni abbiano pensato alle loro mamme, cercando di rendere più agevole un lavoro domestico, che, a volte, è vanificato dal cattivo tempo

Secondo classificato è stato MUSENSE, una app che interagisce con il visitatore museale monitorandone le reazioni emotive che prova davanti ad un’opera, al fine di migliorare la fruibilità degli spazi e delle opere.

Si tratta di uno strumento utile per il curatore museale che, a seconda delle emozioni dei visitatori, può decidere di cambiare la posizione delle opere nel museo, creando nuovi percorsi per valorizzare quelle opere che, seppur di qualità, non vengono prese in considerazione dal visitatore.

Questa esperienza è stata interessante sotto molti punti di vista, non ultimo (per la gioia dei miei genitori) quello di essermi sentito per la prima volta nella mia vita a mio agio in un museo! Probabilmente d’ora in avanti sentirò questi luoghi sacri dell’arte un po’ più familiari e un po’ più vicini alle mie passioni. Anche questa è serendipity.

CESARE CACITTI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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Scritto da chef

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