Sono Luciano Lenzini e 30 anni fa ho portato Internet in Italia

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Premessa

Il 30 Aprile 2016, visto con gli occhi di oggi, appare per l’Italia una data importante e ricca di significato perché riguarda Internet che ormai coinvolge tutto il tessuto sociale, la vita dei singoli, l’economia, la cultura ed il modo di pensare. Eppure siamo giunti a questo appuntamento, godendo sì di questa enorme chance (che tutti noi sfruttiamo) ma dando il tutto per scontato, non ritenendo necessario approfondire. Così non ci domandiamo perché e come siamo giunti ad un traguardo così importante per il nostro Paese né ci chiediamo come abbia avuto inizio e quale cammino sia stato percorso.

Questa riflessione di tipo storico che si considerava quasi superflua, se non addirittura superata, è stata fatta riemergere con varie iniziative che si svolgeranno il 29 Aprile prossimo.

Tra queste mi piace segnalare:

La celebrazione dell’Internet Day presso l’area della ricerca del CNR di Pisa alla presenza delle massime autorità politiche, istituzionali e scientifiche nazionali e regionali.

Un documentario rivolto al pubblico Italiano che sarà trasmesso dalla RAI la sera del 29 Aprile. Il giornalista Riccardo Luna, infatti, analizzando i fatti e i passi che sono stati compiuti dall’ormai lontano 1970 ad oggi, ha ricavato una storia di successo raccontata in un documentario rivolto ai giovani ed al mondo imprenditoriale come stimolo all’innovazione.

Le radici di questa entusiasmante avventura, di questo cambiamento di paradigmi culturali e strategici, per l’Italia, si trovano al CNUCE di Pisa e mi coinvolgono in prima persona fin dall’inizio.

Le tappe di una vita e il progresso di tutti

Per me le tappe del cammino che ha portato all’Internet Day non sono cominciate il 30 aprile 1986 ma nel 1970.

Quelle tappe hanno dato una impronta indelebile a tutta la mia vita lavorativa e alla mia impostazione culturale. Avevo 26 anni, mi ero laureato l’anno precedente in Fisica a Pisa e mi ero appena “convertito” all’informatica entrando al CNUCE. È lì che fu deciso di “inviarmi” nel 1973 al centro scientifico IBM di Cambridge, Massachusetts, USA, per perfezionare le mie conoscenze sul networking, tematica questa su cui ho impostato e sviluppato tutta la mia attività scientifica, prima come responsabile del Reparto Networking del CNUCE e successivamente come docente del Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione dell’Università di Pisa.

Il centro scientifico IBM di Cambridge era situato in un palazzo al 545 di Technology Square, che ospitava anche uffici e laboratori del MIT con cui l’IBM collaborava.

Una strada separava il palazzo dal campus del MIT e a poca distanza c’erano la Harvard University e la BBN, l’azienda che aveva implementato Arpanet.

Moltissimi furono i seminari tenuti dai protagonisti del networking di allora presso queste università e centri di ricerca, seminari che seguii “avidamente” e che mi dettero l’opportunità di scambiare idee e di stabilire contatti che ho poi mantenuto nel tempo. Un ambiente davvero fantastico!

Da Arpanet a Internet

Nel 1973, quando arrivai a Boston, la rete Arpanet, progenitrice di Internet, era nata da poco più di tre anni.

Infatti, i primi quattro IMPs (Interface Message Processor), o routers come si chiamano attualmente, furono installati nell’autunno del 1969. Da quel momento in poi Arpanet crebbe ad un tasso sostenuto. Verso la metà degli anni ’70, Arpanet collegava un gran numero di Università e centri di ricerca USA.

In parallelo a questo processo di crescita di Arpanet si svilupparono altre reti su tecnologie trasmissive radio e satellitari.

Si pensi, ad esempio, ad ALOHA network che collegava via radio gli utenti dell’arcipelago delle Hawaii, oppure a SATNET che, utilizzando la tecnologia satellitare, collegava vari nodi USA.

Queste reti, ed altre ancora, essendo state progettate da gruppi diversi, implementavano protocolli di comunicazione incompatibili tra di loro con il risultato che due elaboratori, collegati a reti distinte, non erano in grado di comunicare.

Si pose perciò il problema di superare questo ostacolo. Vennero formulate tante proposte ma su tutte vinse quella basata sul famosissimo TCP/IP (Transmision Control Protocol/Internet Protocol) di Vinton Cerf e Robert Kahn descritta in un lavoro del 1974. Il 16 Febbraio del 2005, Vinton Cerf and Robert Kahn vennero insigniti del Turing Award per il loro lavoro visionario sul TCP/IP. Il Turing Award è considerato il “Premio Nobel per l’Informatica.”

I primi passi in Italia: Rpcnet

Il mondo scientifico italiano aveva seguito gli sviluppi Arpanet fin dalla sua nascita. A Pisa, il Rettore dell’Università, Alessandro Faedo, e il Direttore del CNUCE, Guido Torrigiani intravidero in una rete del tipo Arpanet un’opportunità straordinaria, non solo per svolgere studi e ricerche in un settore scientifico allora di frontiera, ma anche per valutare l’impatto che tale tecnologia avrebbe avuto nel modo di erogare servizio di calcolo scientifico da parte dei centri di calcolo nazionali universitari e del CNR.

Per i più giovani è forse utile ricordare che in quel periodo non esistevano né WiFi né i personal computers né tablets e smartphones.

Il calcolo scientifico veniva erogato da un certo numero di centri di calcolo dislocati sul territorio Italiano, dotati di grossi elaboratori (i mainframe) ai quali il ricercatore si collegava con terminali simili a telescriventi mediante linee commutate fornite dall’infrastruttura telefonica classica.

Per poter concretizzare questa prospettiva, nel 1971 il CNUCE cominciò a gettare le basi del progetto REEL (Rete di Elaboratori) tra un certo numero di centri di calcolo Italiani ed il Centro Scientifico IBM di Pisa, con l’obiettivo di progettare e implementare una rete di computer, analoga ad Arpanet, denominata Rpcnet (Reel Project Computer Network) [1].

Nel 1973, quando arrivai al Centro Scientifico IBM di Cambridge, c’erano già tante idee su come strutturare l’architettura di Rpcnet. I molteplici contatti che ebbi in quel periodo con i protagonisti del networking di allora, mi consentirono di approfondire ed affinare molte idee per cui, verso la metà del 1974, Rpcnet era definita nei minimi dettagli. Nel 1976 già esisteva un prototipo funzionante sui calcolatori IBM e nel 1978 Rpcnet, prima rete italiana e una delle prime in Europa, collegava una decina di centri di calcolo scientifico [2] distribuiti da Palermo a Milano. Gli utenti di Rpcnet incominciavano perciò a sperimentare i servizi di rete.

Il progetto Osiride

La rete Rpcnet funzionò benissimo e l’esperimento del collegamento dei vari centri ebbe grande successo e continuò fino al 1986. Fu però subito evidente che c’era l’esigenza di aprire RPCNET a tutti i costruttori e non solo all’IBM. Così nel 1978 fui io a proporre il progetto Osiride (OSI su Rete Italiana Dati Eterogenea) ([3], [4]).Tale progetto era basato sull’architettura OSI (Open Systems Interconnection) dell’ISO (International Standards Organization) che in quel periodo era alternativa ad Internet e che sembrava potersi affermare a livello mondiale.

Aderirono al progetto i costruttori Bull, Digital, Hewlett-Packard, IBM, Olivetti, Unisys che disponevano di elaboratori presso i centri di calcolo CNR e universitari. Oltre ai sei costruttori, aderirono al progetto anche la società Tecsiel del gruppo IRI-Finsiel (diretta in quel periodo da Gianfranco Capriz, ex direttore del CNUCE) e la SIP. Tecsiel, presente a Pisa con una filiale di 150 dipendenti (prevalentemente laureati), era specializzata nello sviluppo di protocolli di rete mentre la SIP aveva la responsabilità di gestire ITAPAC, la rete pubblica nazionale per dati.

Oggi la scelta OSI può sembrare a dir poco “stravagante” visto il peso di Internet ma in quel periodo vi erano segnali molto forti che essa sarebbe diventata l’architettura adottata da tutti i costruttori di computer. C’è addirittura un documento dell’epoca che illustra come DARPA (ad un certo punto ARPA cambiò nome e diventò Defence ARPA) avesse valutato un piano per far migrare Internet verso l’architettura OSI [5]. Se ciò fosse accaduto per l’Italia sarebbe stata una storia completamente diversa. In quel caso, infatti, il progetto Osiride ci avrebbe di colpo catapultati nel gruppetto dei primi, a livello mondiale, ad avere una rete aderente allo standard OSI. Ne è testimonianza il fatto che la Cooperation for Open Systems International, la più grande organizzazione mondiale OSI costituita da tutti i costruttori di elaboratori, inserì OSIRIDE nel novero dei sei progetti OSI più interessanti a livello mondiale.

Perché ha vinto Internet e non OSI? La risposta non è univoca. Ci sono tante interpretazioni più o meno di parte che sarebbe interessante analizzare.

Il progetto STELLA

Nel 1978 il Prof. Italo Mannelli, relatore della mia tesi di laurea in fisica ed allora Direttore della ricerca del CERN, mi propose di lavorare al progetto STELLA (Satellite Transmission Experiment Linking Laboratories) con l’obiettivo di consentire ai vari laboratori di fisica delle alte energie, dislocati in tutta Europa, di comunicare ad alta velocità (2Mbps) con il CERN stesso ([6], [7]) tramite l’Orbital Test Satellite (OTS) dell’ESA. Aderii con grande entusiasmo alla proposta formando al CNUCE un nuovo gruppo di ricerca con il quale iniziai a collaborare principalmente con il CERN e con il laboratorio di fisica di Rutherford (vicino ad Oxford, UK). Il satelite venne poi gestito da un’antenna del diametro di 5 metri posta su una torretta, installata nel cortile del CNUCE. Stella era considerato il SATNET Europeo.

Il 19 Ottobre del 1983 realizzammo una dimostrazione del progetto alla Domus Galileiana di Pisa. Vennero fisici da tutta Europa e poterono seguire con grande entusiasmo, in tempo reale, l’evoluzione di un esperimento di fisica delle alte energie che si svolgeva, in quel momento, al Cern.

A tanti anni di distanza da quel giorno, mi piace però ricordare un episodio che si verificò prima della dimostrazione. Mentre stavo illustrando il progetto ai presenti, un mio collega da fondo stanza mi fece intuire che il sistema si era bloccato e non funzionava più nulla. Si verificò quello che noi chiamiamo in gergo, effetto “demo”.

Riuscii a capire che dovevo tirare per le lunghe il più possibile il mio intervento in modo da consentire agli sviluppatori di capire cosa fosse successo, per poi riavviare il sistema. Fortunatamente il problema fu risolto in breve tempo e, quando tutto ripartì regolarmente, il collega rientrò in stanza e mi fece capire che potevo concludere la mia presentazione e dare il via alla demo.

Figura 1 (prima parte): lettera a Bob Kahn

Figura 1 (seconda parte): lettera a Bob Kahn

Il progetto Internet

Nel 1979 appresi che DARPA stava estendendo la sperimentazione di Internet in Europa e ad essa già partecipavano la Norvegia, tramite la telco nazionale, e il Regno Unito, tramite la University College of London (UCL) [8]. Ebbi un incontro con il Prof. Peter Kirkstain, direttore del Dipartimento di Computer Science alla UCL, nel 1979. “Perché l’Italia non partecipa alla sperimentazione di Internet in Europa?” mi disse Peter e proseguì “Sono sicuro che DARPA accetterebbe ben volentieri il coinvolgimento del CNUCE in questo progetto”.

Entusiasta della proposta di Peter ne parlai tra gli altri con Gianfranco Capriz – direttore del CNUCE – e Giuseppe Biorci – presidente della Commissione Generale per l’Informatica del CNR, commissione che gestiva il budget relativo all’erogazione del calcolo scientifico del CNR. Quando ebbi il loro consenso, peraltro immediato, informai Peter che l’Italia avrebbe aderito al progetto e scrissi una lettera (Figura 1) a Bob Kahn, responsabile DARPA del programma di sperimentazione di Internet in Europa. Mi rispose subito di sì! Eravamo parte del progetto.

Gli USA decisero di usare la rete SATNET (SATellite NETwork) per estendere la sperimentazione di Internet in Europa (Figura 2). Ogni nazione doveva provvedere al collegamento Internet tramite il satellite geostazionario “Intelsat 4”, posizionato sull’oceano Atlantico ed in grado di illuminare, con le sue antenne, la costa occidentale degli USA. In Italia, tale satellite veniva gestito tramite un’antenna parabolica (30 metri di diametro) situata presso la stazione di Telespazio del Fucino.

Figura 2: I nodi Satnet

C’era molto lavoro da fare per diventare un nodo della rete Internet. Per prima cosa, organizzai un incontro di Bob Kahn con i membri della Commissione Generale per l’Informatica ai quali Bob spiegò l’importanza strategica, per l’Italia, di aderire alla sperimentazione di Internet. Questo incontro si rivelò proficuo in quanto il CNR assegnò poi, se ben ricordo, oltre 500 milioni di lire: una bella cifra per quei tempi! Durante una successiva visita di Bob Kahn al CNUCE (intorno al 1981), decisi con lui la configurazione del nodo italiano: due apparecchiature (il PSP o Packet Satellite Processor e il SIMP o Satellite IMP) da installare sotto l’antenna parabolica del Fucino, e collegare con una linea a 48Kbps ad un mini calcolatore della Digital installato il CNUCE, con funzioni di gateway, ovvero di porta attraverso la quale far transitare i pacchetti Internet Italiani (Figura 3).

Figura 3: Configurazione iniziale del nodo Italiano

Si trattava a questo punto di mettere d’accordo contemporaneamente la Difesa Italiana, la SIP, Italcable e Telespazio: il problema non era di natura tecnologia ma riguardava l’affermazione di una visione strategica per l’Italia.

Ci sono voluti circa tre anni per mettere tutti d’accordo.

Ma ero giovane, avevo energia ed entusiasmo e molti sogni, oggi non so se ce l’avrei fatta.

Passò quasi un anno prima che il CNR autorizzasse l’acquisizione dell’hardware, ma purtroppo, quasi contemporaneamento arrivò una lettera da DARPA. Diceva: “Tutte le installazioni SATNET per collegarsi ad Internet si devono dotare di un nuovo gateway”. Si trattava del mitico Butterfly della BBN, costituito da 256 processori collegati a farfalla (da cui il nome “butterfly”), dal costo sicuramente molto più elevato di quello previsto, data la tecnologia impiegata. Fui preso dallo sconforto. Dovevo cambiare tutto, e soprattutto ricominciare l’iter burocratico da capo. Anche se avessi convinto il CNR di Roma ad un ulteriore finanziamento, rischiavo che passasse un altro anno e nel frattempo la tecnologia sarebbe forse cambiata di nuovo. Mi dissi: basta, mi ritiro, anche se questa cosa l’ho iniziata io, anche se ci ho speso 6 anni della mia vita, mi ritiro. Ne parlai in prima istanza con il Direttore di allora, l’Ing. Stefano Trumpy il quale, come il precedente Direttore Prof. Gianfranco Capriz, mi aveva sempre sostenuto fin dall’inizio del suo mandato (1983). Fu così che, invece di inviare un messaggio per comunicare la mia decisione, ritenni opportuno informare personalmente i membri dell’ICB (International Cooperation Board), ovvero del gruppo che pianificava le attività di Internet in Europa, con i cui membri avevo instaurato un clima amichevole. Per i giorni successivi era stata pianificata a Washington DC una riunione dell’ICB, e fu lì che accadde una cosa incredibile.

Quando fu il mio turno intervenni con un certo imbarazzo: “l’adozione del butterfly gateway dilata troppo i tempi del progetto per cui non me la sento di andare avanti”. Ci fu un lungo silenzio. Bob Kahn anticipò il coffee break, vidi che discuteva con Vint Cerf e, quando la riunione riprese, Bob si rivolse a me con queste parole: “Luciano, noi vogliamo che il CNUCE ci sia, il Butterfly lo finanzia DARPA”. Ero felice, Internet sarebbe arrivata in Italia anche se erano trascorsi anni per superare i diversi ostacoli burocratici.

In parallelo a questa mia attività, verso il 1985, Blasco Bonito e Marco Sommani incominciarono ad adattare il software, implementato dai ricercatori USA, alle specificità degli host del CNUCE (Figura 4). Marco e Blasco dovettero risolvere parecchi problemi prima di ottenere un software funzionante. Insomma, non fu affatto un’operazione plug and play!

Figura 4: 1986: Configurazione del nodo Internet del CNUCE

Tutte queste vicende coinvolgevano soltanto il gruppo che lavorava al progetto. Ricordo che quando qualche giorno dopo il collegamento, scrissi una lettera (Figura 5) al presidente del CNR di allora per informarlo della cosa, non ebbi nessuna risposta.

Figura 5: Lettera che segnala l’ingresso dell’Italia in Internet

La cosa non mi meravigliò affatto perché un Ente importante come il CNR gestisce molti progetti in settori diversi della ricerca e perché Internet era “soltanto” uno dei grandi progetti di ricerca. Immagino che il Presidente, leggendo la lettera, abbia pensato compiaciuto: bravi questi pisani, ma poi sia passato ad analizzare la lettera successiva! Due anni dopo però, rividi il Presidente nella sede del CNR a Roma. Lo ricordo benissimo, mi vide da lontano e mi salutò festoso: “Luciano!”. Era appena tornato dagli Stati Uniti, mi disse, e aveva visto “una rete interessantissima”: Internet. “Dobbiamo collegarci subito”. Capii allora che non si era ricordato della mia lettera del 1986.

A livello stampa fu poi un vero disastro! Nonostante fosse stato emesso un comunicato, nessun quotidiano riportò la notizia. Seguì un “silenzio radio” durato trent’anni, interrotto il 26 Maggio 2006 dall’Università di Pisa che su mia proposta, conferì a Vint Cerf e a Bob Kahn la Laurea Honoris Causa in Ingegneria Informatica.

La prima scuola collegata a Internet

Più attento della stampa nazionale fu il Liceo Scientifico “Federigo Enriques” di Livorno dove Miria Gambis, professoressa di matematica e fisica, il 3 Dicembre del 1987, organizzò per gli studenti una dimostrazione delle potenzialità offerte da Internet collegando il liceo con l’Istituto CNUCE. Gli studenti, presenti in gran numero, poterono assistere all’invio di email dal liceo verso le Università del Wisconsin e Stanford. La risposta quasi immediata a tale email fu accolta con grande entusiasmo seguito da un lungo e fragoroso applauso. Gli studenti assaporarono per la prima volta l’idea di poter dialogare con tutto il mondo e con la più ampia libertà.

Conclusioni

Anche se il nodo Italiano diventò operativo il 30 aprile del 1986, per me la partita era già stata vinta quando il Butterfly era arrivato in Italia. Convincere la dogana a far passare quel computer finanziato da DARPA non fu per niente facile. Ma ancora una volta ci riuscimmo, naturalmente. Mettere su il primo nodo Internet in Italia è stata una impresa titanica, oggi posso dirlo. Ma ci eravamo prefissi come scopo il fatto che l’Italia facesse parte di Internet (Figura 7). Questo contava e ce l’abbiamo fatta!

Figura 7: Mappa di Internet del 1987

Ce l’abbiamo fatta anche grazie al ruolo attivo giocato dai due illustri scienziati, Vint Cerf e Bob Kahn (Figura 8). E di aver collaborato con loro sono veramente orgoglioso!

Bibliografia

[1] L. Lenzini, G. Sommi, Architecture and Implementation of RPCNET, Proceedings of the Third International Conference on Computer Communications, Toronto, 3-6 August 1976, pp. 605-611, 1976.

[2] F. Caneschi, E. Ferro, L. Lenzini, M. Martelli, C. Menchi, M. Sommani, F. Tarini, Services Provided by RPCNET: An Italian Network for Universities and Research Institutions, Proceedings of the IFIP International Conference, Teleinformatics 79, Paris, France, 11-13 June, 1979, pp. 247-256, 1979.

[3] F. Caneschi, E. Gregori, L. Lenzini, C. Menchi, E. Zucchelli, OSIRIDE: The Italian Answer to the OSI Reference Model, Proceedings of the Seventh International Conference on Computer Communication, ICCC’84, Sydney October 30 – November 2, 1984, pp. 760-766, 1984.

[4] L. Lenzini, The OSIRIDE-Intertest Initiative: Status and Trends, Computer Networks and ISDN Systems, Elsevier, Vol. 16, pp. 243-255 , 1989.

[5] J. B. David, D. 0. Levan, The Effects of Transition from DoD to ISO OSI Communication Protocols, https://www.google.it/search?q=ADA199005&ie=utf-8&oe=utf-8&gws_rd=cr&ei=ffTwVsO1IIWKU5iYlbANe, Institute for Defence Analyses, 1801 N. Beauregard Street, Alexandria, Virginia 22311, USA.

[6] N. Celandroni, E. Ferro, L. Lenzini, M. Segal, S. Olofsson, STELLA – Satellite Interconnection of Local Area Networks: Present State and Future Trends, Proceedings of the 6th International Conference on Computer Communications, ICCC ’82, London, 7-10 September, 1982, pp. 425-430, 1982.

[7] B. Bonito, N. Celandroni, E. Ferro, L. Lenzini, Local Area Network Interconnection: The STELLA Approach, Proceedings of the Seventh International Conference on Computer Communication, ICCC’84, Sydney October 30 – November 2, 1984, pp. 747-753, 1984.

[8] F. Guadagni, L. Lenzini, A. M. Marsan, Le Reti a Pacchetto, Storia delle Telecomunicazioni, Firenze University Press, ISBN: 978-88-6453-243-1, pp. 239-279.

LUCIANO LENZINI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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