Simone Cicero: Come creare una economia davvero condivisa

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Qualcuno la chiama Sharing economy, altri shareconomy; qualcuno la identifica col consumo collaborativo (anche per via del seminale libro “What’s mine is yours” che Rachel Botsman scrisse più di due anni fa) o la chiama semplicemente economia collaborativa o della collaborazione: non c’è modo di non accorgersene, oramai, come mi piace dire, siamo mainstream. Qualche giorno fa eravamo sulla copertina dell’Economist, oltre che protagonisti di speciali e inserti su tutti i giornali italiani. Incredibile.

Non era così solo mesi fa, quando le buzzwords erano altre e non sarà così tra qualche settimana perché, come si sa, all’epoca dei meme e del Papa su Twitter tutto passa a una velocità spasmodica, spropositata.

Una cosa però caratterizza questo momento storico, questo interesse quasi incredibile che vedo negli occhi delle persone quando vado un giro per il mondo a parlare di quella che a me piace chiamare economia condivisa (più che della condivisione), proprio a sottolineare un aspetto fondamentale: la partecipazione, l’ accessibilità, il nuovo ruolo di protagonista che tutti possono avere.

La rete e lo sviluppo tecnologico hanno piano piano frantumato tutti i vincoli e le divisioni tra di noi, hanno aumentato a dismisura la nostra connettività grazie alle reti sociali.

Nuovi modi di produrre creatività, ricchezza, innovazione e valore ci sono accessibili perché se da una parte il capitale necessario per avviare i propri progetti si riduce (spesso basta un personal computer per fare quasi tutto), dall’altra puntare sulle proprie idee e trovare i fondi necessari per sostenerle è più semplice grazie ad esempio al crowdfunding: che siano nuovi prodotti rivoluzionari nati dal genio italico o il sogno di una traversata atlantica su una barchetta di sei metri non conta.

Come ci insegna Amanda Palmer, quello che conta è il sentimento, l’empatia il coraggio di chiedere supporto.

Il bello è che tutto questo accade mentre l’enorme e crescente elasticità degli strumenti gratuiti presenti sul web ci permette di collaborare efficacemente con persone che condividono i nostri valori in tutto il mondo, con coloro che eleggiamo a compatrioti in patrie virtuali, tribù digitali. La buona notizia è che nessun obiettivo è davvero precluso!

È l’era dell’abbondanza, come la chiama qualcuno: emerge, apparentemente in maniera paradossale, in tempi di crisi, di risorse sempre più scarse, di soldi ce ne sono pochi, dicono. E allora inventiamone di nuovi, o sperimentiamo un nuovo linguaggio: quello del riuso, della gratuità, del dono.

Joe Stiglitz, acclamato Nobel per l’economia, in una recente lezione alla London School of Economics ci ha spiegato come la società che viviamo abbia una tremenda necessità di tornare a capire come imparare dai propri errori (“learning to learn”): troppe cose non vanno bene e dovremo necessariamente esplorare nuovi modi, nuovi approcci.

Pena? un lento e inesorabile declino.

Una società immobile, strangolata dalla burocrazia, da leggi inadeguate, da ruoli precostituiti non fa, in questa fase necessaria di ripensamento dell’economia e dei rapporti tra di noi, più al caso nostro.

Una nuova economia, informale, deregolata, fatta di persone e di interazioni, in definitiva di scambi, sarà la soluzione, sarà lo strumento grazie al quale esploreremo nuove alternative, nuovi modi di fare benessere, felicità, di crescere.

Non ci piace come funzionano le cose? Proviamo nuove soluzioni!

Qualcosa blocca le nostre iniziative? Non aspettiamo di chiedere il permesso a nessuno!

Avochiamo una società aperta! Una nuova economia condivisa!

La prossima ondata di cambiamento è destinata a succedere, in qualunque modo, dobbiamo solo decidere che parte vogliamo recitare. Non è più tempo di aspettare, perché troppe sono le opportunità per chi, come dice il sempre ispirativo Seth Godin, sa rispondere all’imperativo della curiosità.

Se poi non è il solo successo economico che vi interessa, se siete più preoccupati di cambiare le cose per in meglio, aiutando gli altri e voi stessi a trovare un vero significato e uno scopo entro il quale concentrare i vostri sforzi e il vostro contributo, allora sappiatelo: state vivendo nel momento giusto.

Con queste sfide in mente ho cofondato Hopen e con questi valori e questo entusiasmo ho aderito, ormai un anno fa, e contribuisco da quel momento a far crescere Ouishare ogni giorno: una comunità globale di imprenditori, giornalisti, studenti, designers, attivisti e cittadini che si uniscono per accelerare il percorso verso un’economia che sia davvero condivisa.

Ouishare è un Think Tank (che cerca fare una analisi del presente con uno sguardo al futuro) e un Do Tank (che fa formazione, creazione di network e diffusione di conoscenza e consapevolezza sui temi).

Nata nel gennaio 2012, Ouishare oggi conta più di 300 membri in più di 20 paesi tra Europa, Nord America e Sud America.

Eventi Ouishare sono stati organizzati in tutta Europa e anche in Italia: se volete conoscere Ouishare e le opportunità per creare una nuova economia condivisa, allora incontriamoci a Milano o a Firenze ad Aprile o, magari, venite anche voi a Ouishare Fest, la prima conferenza europea sull’economia condivisa, che stiamo organizzando, indovinate un po’ come?…Collaborativamente!

Chiamatela pure sharing economy, a me sa di futuro.

SIMONE CICERO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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