Rodari, le startup e il civic hacking: manuale per chi cambia il mondo

innovaizone

“Buongiorno Nicola, mi chiamo Stefano Panichi, sono uno degli organizzatori dell’Associazione Startup Saturday Europe. Ti va di fare un talk ad uno dei nostri appuntamenti mensili? Lo scopo di questi incontri è far incontrare persone che per vari motivi ruotano attorno al mondo dell’innovazione. gli incontri sono aperti e gratuiti. proviamo per l’8 marzo al tag di Pisa nell’ambito del green tech festival?”

Così nasce questo pezzo sull’esperienza condivisa in quel di Pisa. Per questo era giusto ringraziare Stefano e gli amici di Startup Saturday, per il loro coraggio e per l’apertura al dialogo. Onore alle intuizioni.

“Certo, volentieri, grazie per aver pensato a me!” rispondo io, “faremo dei ragionamenti attorno al rapporto tra sostenibilità e startups” prosegue lui. “Ottimo, interessante, se ti va porto una riflessione sul civic hacking, è un pensiero che ho iniziato a condividere pubblicamente con Dario Carrera e gli altri amici di The Hub Roma, dopo averlo fatto in Sardegna” incalzo io.

“Molto bene, sarà un piacere approfondire il tema” chiude lui il nostro primo fraseggio.

Vi risparmio le mie riflessioni su Ryanair e la notte pisana (anche se mi toglierei qualche sassolino dalle scarpe rispetto al contesto … sarà per la prossima), perché preferisco raccontarvi quel che ho condiviso dopo il gioioso e caloroso benvenuto che ho ricevuto al tag di Pisa appena sono entrato!

Non sono vegano (ma ne gusto la filosofia nei prodotti, come ad esempio Querciabella) ed amo in maniera spasmodica la vita. Così prendo la parola dopo aver ascoltato il sapiente intervento di Carlo Muzzarelli di http://www.werisk.it/ (che peraltro mi ha fatto conoscere i vini Querciabella). Col suo fare quieto e rassicurante da gigante buono, vero globetrotter dell’innovazione, ha spiegato con visioni precise quali possono essere le direzioni per gli startupper nell’ambito dell’arcobaleno della sostenibilità (per chi è veramente curioso ci sono le slide o, meglio, la prossima volta partecipate).

Certo è dalle sue parole emerge nitidamente che stiamo trattando di male in peggio il nostro povero mondo, ma il suo ragionamento offre suggerimenti seri e tecnici per costruire vie d’uscita. e farci sopra bei business. insomma veramente tanta roba, grazie Carlo, è stato un piacere prendere appunti.

Facendo Cherry Picking sui concetti che poi ho richiamato nel mio: “quello che facciamo noi condizionerà il loro futuro (ed avremmo voluto che in passato ci avessero pensato). “Auspico mobilità del lavoratore durante la vita lavorativa, il lavoro non può essere un matrimonio vecchio rito, senza divorzio”, “il ritardo italiano è un’opportunità, non una condanna”.

Adesso portate pazienza se non riuscirò ad essere sintetico nel riassumere i concetti che ho condiviso con gli amici toscani (che poi erano anche emiliani, romagnoli, siciliani, lombardi, etc.

as always).

OLTRE LA CRISI

Si parla di crisi, è vero che tempi bui verranno, fosse anche per le tante ragioni con cui è stata affrontata la stessa crisi in questo periodo (e per come si sono amministrati i beni comuni almeno negli ultimi 30 anni), però è anche vero che

saranno tempi di sobrietà, di morigeratezza, questo costringerà a fare poche cose, però a fare scelte condivise e, forse, finalmente utili.

Si parla di ambiente, che, come bene collettivo, è infungibile e come tale dovrebbe essere trattato, alla stessa stregua di istruzione e sanità, cosa che attualmente non avviene, l’ambiente infatti non è un mero conto economico.

In un mercato mondializzato, le proprie peculiarità, storia e localizzazione, sono momento qualificante per il mercato stesso. La valorizzazione dei territori e delle loro ricchezze, la messa a sistema dei valori intrinseci esprimibili, la loro proiezione su scala internazionale, rappresentano il filo conduttore da seguire per poter creare sviluppo e farlo decollare nella platea economico commerciale planetaria. Pensare globale, vivere locale e produrre nei luoghi significa generare glocal lifestyle products.

La velocità delle economie cannibalizza vecchie logiche e stanche conduzioni dirigenziali. Oggi la leggerezza, la fluidità e la liquidità, l’adattabilità e la freschezza, multidisciplinarietà, interdisciplinarietà e la multifunzionalità, proprie dei territori, declinate con sapienti razionalità economiche, consentono aperture di mercato fino a ieri incomprensibili. I luoghi devono essere, per ambiti definibili, finestre sul mondo e cinghie di trasmissione bidirezionali. La costante ricerca del nuovo e del diverso su scala globale per la sua applicazione e commercializzazione su scala locale, permette, con ogni evidenza, lo sfruttamento ininterrotto anche del percorso inverso.

La rete è una biosfera. La rete siamo noi. Il web non è una rete di computer, ma di esseri umani che oggi sono collegati. Nel bene e nel male. Qui in italia non mancano né talenti né capitali per decollare, anzi. Serve un fattore fondamentale su cui dobbiamo lavorare, un moltiplicatore naturale: la fiducia, non semplicemente nel futuro, nel credere di potercela fare, ma anche e soprattutto nel condividere le idee, nel lavorare insieme, nel costruire progetti mettendo a fattore comune moltiplicativo competenze, provenienze ed esperienze (cit. Gianluca Dettori).

Quali sono i megatrend, le tendenze di sviluppo macroeconomico globale che impattano su tutto, che ci possono aiutare a costruire una plausibile visione del mondo futuro e della sua evoluzione?

I MEGATREND

Immagino: concentrazioni abitative, gestione intelligente e sostenibile in relazione alle reti energetiche, alla mobilità, agli edifici, efficienza energetica ed emissioni zero, popolazione giovane (indiana, cinese e filippina), europeo il 20% del totale mondiale di popolazione ultraottantenne, interazioni fra individui, macchine ed organizzazioni, integrazione di cloud pubblici e privati (e cloud ad hoc), ambienti di simulazione (difesa, medicina, educazione, mobilità, solo per citarne alcuni), modelli di business basati sulla condivisione di risorse (infrastrutture, macchinari), connettività principalmente wireless, ulteriore sviluppo della banda in termini di ampiezza e disponibilità da cui deriveranno nuove generazioni di applicazioni e servizi, intelligenza artificiale, esigenze sociali di ridurre a zero difetti, tecnologie emergenti (nano materiali, elettronica flessibile, laser, materiali intelligenti), veicoli elettrici a 2 e 4 ruote, nuove infrastrutture e nuove soluzioni tecnologiche, nuove terapie, valore sociale della salute ed del benessere, metodi di prevenzione e di cura, automazione industriale, tecniche di intelligenza artificiale, robot intelligenti, produzione più rapida, efficiente e sostenibile, riuso, seconda e terza vita dei beni, storage, reti multiple, integrate ed intelligenti.

Se questi sono i megatrend, quali sono gli scenari? Il futuro presenta sfide per cibo, acqua, anziani, energia e migranti. Solo i territori, nel fare strategia per il proprio sviluppo, possono prospettare scenari e, attraverso partecipazione, promuovere un percorso di condivisione ed accettazione delle priorità condivise. L’esito degli sforzi deve essere quello di spingere i luoghi ad avere visioni sul futuro, ad identificare le azioni prioritarie da sviluppare, per giungere quasi fino all’identificazione degli elementi costitutivi di possibili piani d’azione.

L’ambizione deve essere quella di motivare le persone a comprendere, nella propria dimensione quotidiana, il ruolo che essi potranno svolgere nel promuovere ed attuare il cambiamento. Siamo abituati a pensare al futuro in modo astratto, come a qualcosa di distante che non dipende da noi. Invece dobbiamo scatenare quelle riflessioni e quei processi che aiutino le comunità a proiettarsi in un futuro concreto. I paesi oramai impropriamente chiamati emergenti saranno il centro dell’economia (e della produzione delle idee), in Europa si dovranno fare i conti con gli slittamenti demografici ed anagrafici.

Avremo un mondo segnato da megalopoli (che consumano più di tutto il resto del mondo ed inquinano in maniera proporzionale al consumo, pur essendo solo il 4% del pianeta) e nanotecnologie, dove il cibo sarà sempre di più un valore prezioso e l’acqua una risorsa scarsa. Mai come in questo momento abbiamo bisogno di visionarietà, certo coi piedi per terra, ma che non rinunci a veder distante. La grande sfida per le società è la ricerca di modelli di sviluppo che preservino il capitale naturale ed aumentino la qualità della vita degli abitanti del pianeta.

UN CAMBIO DI MENTALITA’

La crisi globale richiede un cambiamento di mentalità. Nel 2050 i consumatori saranno sempre di più produttori. Le persone saranno consapevoli che mangiare costa. Dovrà essere affrontato il permanente depauperamento delle campagne visto che solo il 4% della forza lavoro si dedica ai campi.

L’auspicio è che tutta l’umanità si riconcili con terra madre ed in qualche misura abbia coraggio di capire che oltre un certo limite non è più sostenibile la nostra vita comune di oggi.

I flussi migratori colmeranno lo svuotamento del sud Italia? Saranno le città multietniche a far risollevare il sud? E i mussulmani? Questa futura grande forza lavoro pronta ad affacciarsi nei mercati internazionali?

E’ fondamentale che tutte queste rivoluzioni siano guidate da principi di democrazia e siano tese al benessere delle persone. Quale sarà il ruolo delle vostre aziende in questi scenari? Quanto impiegheremo a comprendere che lo sviluppo economico dei territori è uno degli argini indispensabili per reagire in maniera costruttiva alle situazioni sopra descritte?

AN OPEN MIND FOR AN OPEN SOCIETY

Nel 2014 ci saranno i Mondiali di calcio in Brasile, nel 2015, termine per la realizzazione degli obiettivi della dichiarazione del millennio, ci sarà a milano l’Expò universale dedicato al tema nutrire il pianeta, nel 2016 ci saranno le Olimpiadi in Brasile, il 2017 farà fibrillare il mercato della carta stampata, nel 2018 il 50% degli italiani sarà raggiunto dalla fibra ottica, nel 2019 quale sarà la capitale europea della cultura? Cagliari? I hope so! nel 2020 scadranno gli obiettivi 20-20-20 … e nel mentre sarà già finito il prossimo ciclo di programmazione comunitaria! E noi? Siamo pronti?

Una liturgia che autoalimenta se stessa ci racconta (come nel “ricordati che devi morire” di Troisi) che nulla cambia, invece tutto cambia, perché è lo scorrere naturale delle cose e degli eventi che ce lo insegna tutti i giorni. E la storia ce lo dimostra. Queste sono le basi di un sano e robusto civic hacking (che Wikipedia ci dice essere “one who collaborates with others to create, build, and invent open source solutions using publicly-released data, code and technology to solve challenges relevant to their neighborhood, city, state, or country”).

Ecco, per me l’open source e gli open data sono le persone, sono quell’immenso capitale umano, sociale che è il fiero prodotto della pubblica istruzione italiana (ed anche di quella privata, non facevo il razzista). L’innovazione e la resistenza al cambiamento sono due facce della stessa medaglia. Perché il cambiamento avvenga, occorre scegliere se guidarlo consapevolmente o combatterlo (cit. Carlo Duò).

Non è vero che nulla cambia, tutto cambia perché tutto deve cambiare e siamo noi gli artefici ed i protagonisti del cambiamento. Rompiamo le liturgie e non lasciamo che siano gli altri a decidere per noi. Non aspetto i messia di turno per dirmi quello che va fatto il sardegna né chicchessia che ci dica chi e come diventa classe dirigente, è lo scorrere naturale delle cose a dirlo.

L’esempio di cui sono fiero testimone è Sardegna 2050. Un laboratorio di politiche innovative e territoriali. Il suo scopo è quello di trasformare i processi di innovazione materiale e immateriale in politiche attive che abbiano una ricaduta positiva sul territorio. E’ una rete di persone che hanno deciso di mettersi in gioco in prima persona per avere un ruolo attivo nel futuro di questo paese. E’ quindi un network di esperienze, di intelligenze, di saperi, di competenze, di diversità, che lavora unitariamente e in forma integrata per portare avanti le finalità espresse nel manifesto (www.sardegna2050.it).

Rompete gli schemi, usate tutta la vostra intraprendenza, fate vostri i grandi strumenti che oggi sono a disposizione di tutti in maniera aperta grazie alla rete, agite senza confini perché non ci sono più (né geografici né amministrativi), seguite l’intuito e l’istinto, siate consapevoli delle scelte. E’ mutato il mercato del lavoro, le tipologie contrattuali e gli scenari logistici e commerciali. Ci sono nuovi clienti per nuovi lavori in nuovi scenari. le caselle si mettono in ordine da sole… ma bisogna essere bravi, e voi lo siete!

La storia dell’innovazione ci insegna che sempre e solo le persone ed il loro talento hanno cambiato la vita a milioni di anime: nel 3000 a.C. hanno inventato il denaro, nel 2700 a.C.: l’abaco, nel 1772 a.C. diritto commerciale, nel 100 a.C. l’azione, nel 27 a.C. interesse, nel 960 moneta cartacea, nel 1129 le banche, nel 1494 la contabilità in partita doppia, nel 1714 la macchina da scrivere, nel 1823 il telegrafo, nel 1887 la carta di credito, nel 1938 la macchina fotocopiatrice, nel 1972 l’e-commerce, nel 1973 il cellulare, nel 1981 IBM lancia i PC … e poi a metà anni novanta dilaga internet e la posta elettronica ed il mondo non sarà più come prima. Internet! la più grande rivoluzione dopo il fuoco e la ruota! C’è un prima e dopo con distanze geologiche.

Gli ecosistemi dove poter fare hackeraggio civile sono giovani, sono ambienti dove si creano le condizioni abilitanti per la crescita competitiva e la trasformazione economica di un determinato contesto produttivo economico e sociale. Questo crea condizioni favorevoli alla creazione d’impresa, allo sviluppo di nuove idee, alla circolazione della conoscenza, alla creazione di valore, alla valorizzazione delle competenze ed alla creazione di nuove competenze. in questo dobbiamo investire, semplificando regole e predisponendo strumenti per rendere i territori attraenti e innovativi.

Gli ecosistemi dell’innovazione sono piccoli Cern economico sociali che, attivando gli attori del territorio e collegandoli agli altri, generano quel flusso di conoscenze e coscienza che genera idee, che diventano prodotti di nuove imprese e nuovi processi per le politiche pubbliche. E’ quindi guardando alla produzione economico culturale degli ecosistemi che si scoprono le linee di tendenza, è li che i consumatori ed i produttori generano i nuovi prodotti per i nuovi cittadini dei nuovi mercati, è li che si creano imprese, è li che si creano quindi posti di lavoro, è li che si studiano i nuovi materiali, nuovi codici, nuove linee di tendenza. In Sardegna, come altrove, oltre a Cagliari (o Pisa) ci sono tanti altri ecosistemi dell’innovazione, da scoprire, da mettere in rete, non mancano i talenti né le idee, non mancano intelligenze né competenze, non mancano neanche i soldi, serve fiducia in se stessi e negli altri, dove c’è fiducia sociale possono nascere e crescere nuovi talenti e nuovi ecosistemi.

Oggi come ieri l’innovazione è un fenomeno cooperativo, è funzione della qualità dell’interazione tra innovatori, i territorio ed i vari ecosistemi. Non contano le mura, conta il cuore. Nn ecosistema è come una distilleria, non si creano a tavolino. L’innovazione è quel momento in cui le idee diventano imprese. Questa è economia reale. Ci servono imprese di successo che impattino nella realtà.

Civic hacking è quel sano fermento che smuove le coscienze, è cura del dettaglio, è digitalizzazione dei processi, è democratizzazione della rete, è l’intelligenza che mettiamo nei soldi che fa la differenza (cit. Dettori).

Coraggio, facciamolo. Cambierà il mondo. La vera rivoluzione è sulla conoscenza e sulle classi creative, è sulla capacità di apprendimento delle comunità dai dati che essa stessa produce, è nel cloud people, è nel 4D e nel 5D, è nei new ways of living and working. La cultura dell’abbondanza e del petrolio sono finite, non hanno futuro. Nelle città di domani i bambini faranno cose che oggi non conosciamo, studieranno cose che non sappiamo. organizziamoci.

Ecco. Tutto qui. Scusate lo sfogo, ma è questo quel che ho in cuore.

Ci siamo poi goduti a margine del mio intervento una divertente pitching session, tutta incentrata sul food waste reduction, 3 team che in maniera logica benché acerba ce la stanno mettendo tutta per rendere di mercato i concetti di food sharing, di spesa sostenibile e di azzeramento degli sprechi. Bravi ragazzi! tutti giovanissimi, tutti italiani, varie provenienze, tutti fieri prodotti della pubblica istruzione italiana. Forza ragazzi, procedete, studiate, scrivete e scaricate a terra il vostro prodotto!

Li ho salutati tutti con una poesia di Rodari sul futuro, qui lo faccio con un’altra (“Storia universale” è il titolo), rubata dal libro che mia figlia custodisce gelosamente sul comodino:

In principio la terraera tutta sbagliata,renderla più abitabilefu una bella faticata.

Per passare i fiuminon c’erano i ponti.Non c’erano sentieriper salire sui monti.

Ti volevi sedere?Neanche l’ombra di un panchetto.Cascavi dal sonno?Non esisteva il letto.

Per fare una partitanon c’erano palloni;mancava la pentola e il fuocoper cuocere i maccheroni.

C’erano solo gli uominicon due braccia per lavorare,e agli errori più grossisi poté rimediare.

Da correggere però,ne restano ancora tanti:rimboccatevi le mani:c’è lavoro per tutti quanti!

Ho imparato, ho ascoltato, ho vissuto, sono cresciuto, ho conosciuto nuove persone in gamba. Il resto è noia. Ce la possiamo fare. Ci sto riuscendo io che sono partito dal codice delle pandette.

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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