Robot contro Dati: sei progetti in gara per 1 miliardo di euro

scienze

Su quale Luna vuole andare l’Europa? No, non parliamo di esplorazione spaziale (anche lì qualcosa da dire ci sarebbe, ma lo ha fatto Giovanni Bignami proprio qui un mese fa). La Luna stavolta è una metafora, e sta per l’obiettivo scientifico e tecnologico che potrebbe far fare all’Europa il “grande balzo in avanti” nei prossimi dieci anni.

All’inizio degli anni ’60 gli Stati Uniti di John F. Kennedy si diedero l’obiettivo di sbarcare sulla Luna entro la fine del decennio. Se lo diedero quando sembrava irraggiungibile, se lo diedero per sfidare la Russia che li aveva beffati con lo Sputnik, se lo diedero quasi prima di avere il tempo di pensarci, per convincersi a farlo davvero.

E perché sapevano che lo sforzo immane richiesto da quell’impresa al loro sistema scientifico e tecnologico avrebbe pagato in ogni caso.

Creando collegamenti e collaborazioni che prima non c’erano, generando nuove tecnologie che poi si sarebbero allargate a macchia d’olio in altri ambiti, insegnando una cultura organizzativa dei grandi progetti, che infatti è stata poi alla base di tutta la big science successiva, dal Progetto Genoma alla ricerca del bosone di Higgs al CERN.

Bene, l’Europa nei prossimi dieci anni vuole fare un po’ lo stesso. Con il programma Flagship – Future and Emerging Technologies (FET), che in questi mesi arriva ad un importante snodo, vuole scegliere due grandi imprese scientifiche, dichiaratamente ambiziose, di lungo termine, visionarie al limite da sembrare irraggiungibili. Che non si limitino a risolvere “un” problema, ma provino davvero a cambiare il mondo e le regole del gioco, scatenando nuove scoperte e innovazioni a cascata come ha fatto la conquista della Luna.

E per farlo, la Commissione Europea (con diverse acrobazie e giochi di incastri tra i suoi strumenti finanziari) è pronta a mettere sul piatto un miliardo di euro da spendere in 10 anni. Per i due posti in palio ci sono in gara sei proposte, ognuna con dietro consorzi di decine di centri e università e centinaia di ricercatori. Bene, due di quelle proposte sono in buona parte italiane. E visto che assicurarsi un biglietto per quella metaforica Luna vale un intero pezzo di economia, c’è da augurarsi che qualcuno dalle parti del governo se ne accorga, e dia loro una mano.

È coordinata da ricercatori italiani, per cominciare, Robot Companions for Citizens, che dietro alla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e l’Istituto Italiano di Tecnologia di Genova riunisce molto del meglio della robotica e delle neuroscienze europee.

Tutti impegnati a portare finalmente un salto di qualità nella robotica. Diciamocelo, i robot attuali sono potenti e precisi finché si vuole, ma sono incapaci di adattarsi al contesto, di imparare, di lavorare a fianco degli umani senza rischiare di far loro del male.

Robot Companion pensa a una nuova generazione di macchine, non più semplici “computer con le braccia”, ma dispositivi capaci di percepire l’ambiente circostante, confrontarlo con le esperienze, prendere decisioni. Robotsoft”, morbidi, in tutti i sensi. Morbidi i tessuti, in modo da adattarsi ad ambienti complessi (proprio la Scuola Sant’Anna, per esempio, sta sviluppano un polpo robotico per l’esplorazione dei fondali marini). E morbidi nel comportamento, per adattarsi all’ambiente e agli esseri umani. Insomma, robot che assomiglino un po’ di più ad esseri viventi. E che potrebbero fare di tutto: moltiplicare la produzione industriale, assistere gli anziani, intervenire nei disastri naturali. Utopia si dirà, visto che nemmeno sappiamo esattamente come gli esseri viventi riescano a fare quello che fanno. Per questo, Robot Companion vuole partire dalle neuroscienze pure, e in corso d’opera rispondere anche a molte domande sull’evoluzione cognitiva degli esseri viventi.

Molta Italia, anche se i coordinatori sono svizzeri e britannici, è anche infusa in FutureICT, altro contendente a cui collaborano CNR, Politecnico di Torino e le Università di Genova e Roma. Il progetto parte da una constatazione: oggi sappiamo più cose dell’Universo che non della nostra società. Possiamo prevedere come evolve una galassia, ma non abbiamo visto arrivare la crisi finanziaria, e non sappiamo cosa succederà al prezzo del petrolio da qui a un anno. O come la diffusione di Internet modificherà la politica. Eppure le risposte, le leggi che governano la società e l’economia, devono essere lì, da qualche parte, nell’enorme quantità di dati generata dalle attività sociali, economiche e scientifiche (dalle banche, ai database governativi, fino ai social newtork).

FutureICT vuole far parlare quei dati tra loro, tirarne fuori tendenze, modelli, teorie. Scovare correlazioni nascoste tra eventi su piccola scala e grandi trasformazioni (come il Progetto Genoma ha fatto per i geni e la salute, solo che qui in ballo c’è tutto il mondo). Insomma, la scienza della complessità fatta scienza applicata. L’obbiettivo finale è un gigantesco modello informatico, chiamato Living Earth Platform, in grado di prevedere crisi finanziarie, cambiamenti demografici, traiettorie dell’innovazione. Ma anche come evolveranno le organizzazioni criminali, che dimensioni assumeranno e verso che paese più probabilmente si rivolgeranno per i loro affari. Questi ultimi, in particolare, sono gli argomenti dell’Osservatorio sulla criminalità, uno dei progetti pilota del consorzio. È guidato dall’Istituto di Scienza e Tecnologia della Cognizione del CNR, che è tra i centri più quotati al mondo per la ricerca sugli “agenti artificiali”, la simulazione al computer di dinamiche sociali.

Questi due progetti se la vedono con una concorrenza agguerrita. Forse il più temibile è Grafene, un progetto a guida tedesca tutto dedicato al materiale delle meraviglie, il grafene appunto, il più promettente prodotto delle nanotecnologie, che sviluppato su grande scala potrebbe rivoluzionare i settori realtivi a energia, elettronica e meccanica.

C’è poi Guardian Angels, che vuole riempire il mondo (e tutti noi) di sensori capaci di monitorare continuamente lo stato di salute dell’ambiente e degli esseri umani. Tutto per assisterci dalla culla alla tomba in una specie di check up continuo. Si prosegue con Future of Medicine, che vuole sfruttare gli sviluppi dell’informatica per arrivare finalmente a quella medicina personalizzata che offra diagnosi e terapie su misura a partire dal DNA e dalla storia clinica.

E infine, altro progetto ambizioso ai limiti dell’implausibile, Human Brain Project, che rispolvera il vecchio sogno di una simulazione al computer del cervello umano: l’idea è di gettare in pasto a supercomputer di nuova generazione (a loro volta in parte ispirati al funzionamento del nostro cervello) l’enorme mole di informazioni generata dalle neuroscienze, per arrivare a una macchina che riproduca il cervello umano a tutte le scale (dai singoli neuroni alle funzioni cognitive principali). E prevedere, per esempio, come una lesione possa portare nel corso di anni a una malattia psichica, o come le condizioni maturate durante lo sviluppo possano influenzare la personalità.

Per ognuno dei sei progetti, la commissione ha finanziato con un milione e mezzo di euro una fase pilota. Si sta concludendo ora e ha permesso di studiare la struttura organizzativa, preparare una roadmap tecnologica, affilare le armi scientifiche. Insomma, dimostrare di essere davvero all’altezza dell’obiettivo. Ora, entro la fine dell’anno, verranno scelti i due progetti che andranno alla fase di ramp up. Pescando soldi tanto dalla Commissione Europea quanto dagli stati membri – e magari anche con coinvolgenedo partner internazionali – ognuno dei due dovrebbe avere a disposizione circa 100 milioni di euro all’anno, per dieci anni circa. Sul lunghissimo periodo, una delle proposte vincitrici potrebbe addirittura diventare un’agenzia permanente e a sé stante, un po’ come l’Agenzia Spaziale Europea.

Non ci vuole molto a capire che vincere vuol dire trovarsi al centro del futuro della ricerca (e dell’economia) in Europa. In ballo non ci sono solo finanziamenti ai ricercatori, ingenti e garantiti sul lungo termine (e di questi tempi scusate se è poco); ma anche ricadute in termini di brevetti, e un vero e proprio indotto industriale che nascerà attorno al programma. Per riprendere la metafora spaziale, per la Florida e per Houston ritrovarsi a ospitare la NASA non è stata una cosa da poco, economicamente parlando.

La partita sarà scientifica, ma in buona parte anche politica, come è ovvio che sia. Qui è l’Europa che sceglie su cosa e chi puntare per avere ancora, tra dieci anni, un posto alla tavola dell’economia mondiale. E, inevitabilmente, sceglierà anche in quali paesi mettere le leve di comando dell’innovazione. Per questo, c’è da augurarsi che i due progettiitaliani” abbiano in questi mesi tutto l’appoggio possibile da un governo che sta cercando in ogni modo di evitare che l’Italia, tra dieci anni, si ritrovi ad avere un ruolo marginale. Dopodiché, vinca il migliore. Chissà, magari entrambi.

Roma, 26 maggio 2012 NICOLA NOSENGO

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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