Un anno è passato da quando Alberto Trentini, operatore umanitario di 46 anni, è stato arrestato in Venezuela con l’accusa di cospirazione. La madre, Armanda Colusso, ha tenuto una conferenza stampa a Milano per esprimere il suo profondo disappunto per la mancanza di azioni concrete da parte del governo italiano in questo lungo periodo di detenzione.
La denuncia della madre
Durante l’incontro, Armanda ha affermato che fino ad agosto non c’era stata alcuna comunicazione tra il governo italiano e quello venezuelano. Questo ha sollevato interrogativi sulla reale volontà delle autorità italiane di intervenire per la liberazione di suo figlio. “Se fosse stato un loro figlio, lo avrebbero lasciato in prigione per un anno?” ha dichiarato, richiamando l’attenzione sull’ingiustizia subita.
Un anno di sofferenza
La madre ha descritto il dolore provato dalla famiglia durante questi mesi, sottolineando che Alberto ha perso un intero anno di vita, privato di momenti significativi come feste e affetti familiari. “Abbiamo vissuto notti insonni, immaginando che cosa potesse accadere a lui in prigione”, ha dichiarato, evidenziando l’impatto emotivo della situazione. La sua frustrazione è palpabile: “La pazienza è finita”, ha aggiunto, richiedendo un intervento più energico da parte del governo.
Le interazioni con il governo
Nel corso dell’anno, la madre di Trentini ha avuto solo tre brevi telefonate con la premier Giorgia Meloni e due incontri con il sottosegretario Mantovano. Nonostante ciò, Armanda ha espresso che i contatti sono stati insufficienti e che il silenzio imposto dai rappresentanti del governo non ha giovato alla situazione.
“Ci siamo fidati e abbiamo operato in silenzio, ma ora non possiamo più essere ignorati”, ha affermato, rivelando che è stata presentata un’interrogazione parlamentare per sollecitare maggiore attenzione al caso.
Le richieste della famiglia
Armanda ha ribadito che il governo italiano deve trattare la questione come se Alberto fosse un loro figlio. “Devono attivarsi in tutti i modi per riportarlo a casa”, ha esortato, sottolineando la necessità di un’azione diplomatica più incisiva. La legale della famiglia, Alessandra Ballerini, ha confermato che ci sono stati vari tentativi di negoziazione, ma la situazione politica ha complicato ulteriormente le cose.
Il supporto della comunità
Alla conferenza erano presenti anche i genitori di Giulio Regeni e di Andrea Rocchelli, fotoreporter ucciso nel Donbass, a testimonianza di una solidarietà collettiva nei confronti della famiglia Trentini.
Elisa Rocchelli, madre di Andrea, ha espresso l’auspicio che le istituzioni italiane possano finalmente ottenere risultati concreti per la liberazione di Alberto. Queste famiglie si uniscono nel richiedere una difesa più forte dei diritti dei cittadini italiani all’estero.
Il ruolo della diplomazia
La situazione di Alberto Trentini è diventata un caso emblematico per la diplomazia italiana, richiamando l’attenzione non solo del governo ma anche di organismi come il Vaticano. Il Patriarca di Venezia ha aderito a una campagna di digiuno per sensibilizzare l’opinione pubblica e le autorità sul tema. L’invito è chiaro: le autorità venezuelane, in particolare il presidente Maduro, dovrebbero considerare un gesto di apertura nei confronti dell’Italia, facilitando così il ritorno di Trentini.
Il messaggio lanciato da Milano è forte e chiaro: la questione di Alberto Trentini deve continuare a essere sotto i riflettori.
La famiglia, supportata da amici e giornalisti, spera che il governo prenda misure decisive per garantire la sua liberazione. “Dobbiamo continuare a parlare di Alberto”, ha concluso Armanda, esprimendo la sua determinazione nel non lasciare che questa vicenda venga dimenticata.


