Politica e analisi dei dati:perché le persone “contano”.Intervista con Harper Reed

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Le ultime elezioni politiche hanno rappresentato una pietra miliare sia nella storia del nostro Paese che nello sviluppo delle tecniche di analisi dei dati e di nuovi modelli di indagine.

Come sapete, con AIDA Monitoring abbiamo lavorato al progetto Italia2013: un’idea editoriale a cui si è affiancata l’analisi in tempo reale delle conversazioni Twitter. Nessun intento predittivo. Avevamo già ampiamente dimostrato – con un mix di analisi derivanti da Twitter, Facebook, Google Trends e regressioni lineari sui pubblici sondaggi – ai tempi delle elezioni regionali siciliane e poi per le primarie del centro-sinistra ed i relativi ballottaggi come non si potessero fare predizioni e come, invece, ciò che davvero fosse rilevante erano le “identità conversanti” online e non solo online. Subito dopo le elezioni abbiamo anche fatto il punto, collettivamente, durante il #PoliticsTTT, traendone le conclusioni citate nel nostro precedente post.

I dati osservati durante le elezioni ci hanno permesso di sviluppare ulteriormente la nostra piattaforma di real time monitoring ma alcuni dubbi sono rimasti aperti.

Abbiamo però avuto la fortuna di confrontarci a più riprese con Harper Reed, CTO della campagna di Obama e mente dietro la strategia di data analysis delle ultime presidenziali USA.

Durante l’ultima call abbiamo fatto un po’ il punto e vogliamo condividerlo con voi. Ecco la nostra intervista.

  1. Credi che i predictive analytics siano utili per meglio comprendere il comportamento degli utenti? E’ possibile ottenere nuovi insights combinando i dati raccolti online con ricerche e sondaggi offline?E’ un approccio interessante. Di certo è necessario avere a disposizione il maggior numero possibile di dati, ma la chiave sta nello spendere molto del vostro tempo a stabilire un contatto diretto con le persone (nda, durante la campagna presidenziale di Obama, molte delle interviste realizzate sono state condotte letteralmente porta a porta).

    La qualità dei dati è decisamente più rilevante della loro quantità.

  2. E’ possibile predire il risultato elettorale osservando il comportamento online degli utenti?No. Non è possibile. Il punto è che i dati certamente aiutano molto nella comprensione dei comportamenti, ma la loro vera rilevanza emerge nell’analisi del grafo delle relazioni sociali.
  3. Qual è stata la maggiore difficoltà che avete incontrato nel mettere in piedi il processo di monitoring per le elezioni presidenziali?Certamente assicurarci che tutti i dati fossero raccolti e messi in relazione tra di loro esattamente nel modo che cercavamo.Lo studio delle identità e l’individuazione del ruolo delle persone nel grafo sociale sono stati fondamentali per pulire il segnale dal rumore. Purtroppo ci sono molte conversazioni non significative, motivo per cui è fondamentale selezionare ciò che realmente conta: le persone che parlano delle loro preferenze di voto.

    C’è stato dunque un forte lavoro di filtraggio ed intelligence dietro la raccolta e l’analisi di questi dati.

  4. Avete usato dati derivanti dalla geolocalizzazione per indirizzare meglio le vostre attività live o per comprendere in quali stati Obama fosse più forte?No, non li abbiamo ritenuti rilevanti. Non erano così tanti né così significativi da essere inclusi.
  5. Noi crediamo che il vero ritorno delle attività online sia nell’ottimizzare le strategie messe in campo. Voi siete riusciti a correlare gli investimenti monetari effettuati per le attività online con il ritorno in termini di conversazioni ed engagement?E’ una domanda complessa: non erano degli indicatori di cui ci interessava granché. Eravamo più focalizzati sulle conversazioni e sui loro contenuti che non sulle spese per le attività online e il loro ritorno in termini economici.
  6. C’è qualcosa che non vi aspettavate di trovare attraverso i dati e che invece avete osservato?La vera “magia” che abbiamo scoperto era che i dati non erano sufficienti: bisognava tornare alle persone, dando importanza alle identità anche in ambito digitale e alle loro relazioni. I dati non sono la soluzione per tutto: ci hanno aiutato ad avere un quadro più ampio certo, ma il vero valore è nelle persone ed è fondamentale non dimenticarlo.

Grazie Harper!

In AIDA abbiamo lavorato e stiamo lavorando parecchio con la Social Network Analysis (qui ad esempio una delle reti generate durante le ultime elezioni) proprio perché certi che sono le persone dietro i dati a dare significati a questi ultimi.

I comportamenti, le identità e la costruzione di analytics personalizzati sembrano d’altra parte costituire il futuro della data analysis. E noi ovviamente continueremo a lavorarci sopra.Come diciamo sempre, i dati da soli non bastano: bisogna dar loro senso attraverso i modelli di analisi e, soprattutto, bisogna trasformarli in azioni concrete.Non sarà un caso se l’acronimo di AIDA significa “Actionable Insights from Data Analysis”.

Quali sviluppi dunque per gli analytics? E che ruolo ha l’analisi dei comportamenti?Ne parliamo questa settimana al Creativity Day di Reggio Emilia e al Social Business Forum di Milano: vi aspettiamo lì!

Roma, 11 giugno 2013EMANUELA ZACCONE e MASSIMILIANO SPAZIANI

Originariamente pubblicato su chefuturo.it
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