In un evento significativo che ha attirato l’attenzione internazionale, il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha incontrato il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, nella East Room della Casa Bianca. Questo incontro ha segnato un momento cruciale, con la presentazione di un piano ambizioso per risolvere la crisi nella Striscia di Gaza, una regione segnata da anni di conflitti.
Trump ha definito la giornata come storica, affermando che il piano potrebbe rappresentare uno dei momenti più importanti della civiltà. Con un approccio articolato in 21 punti, l’obiettivo principale è trasformare Gaza in una zona di pace, liberata dal terrorismo e ricostruita per il bene dei suoi abitanti, già provati da sofferenze inimmaginabili.
Elementi chiave del piano
Il progetto di Trump si concentra su diverse misure fondamentali.
In primo luogo, è prevista la liberazione immediata degli ostaggi israeliani attualmente detenuti da Hamas entro un termine di 72 ore. Inoltre, si richiede la restituzione dei corpi delle vittime, un passo necessario per iniziare a ricucire le ferite del conflitto.
Misure di sicurezza e smilitarizzazione
Un altro aspetto cruciale del piano è la creazione di un nuovo corpo di polizia, il cui compito sarà garantire la sicurezza nella regione. Al contempo, si prevede la distruzione delle infrastrutture militari di Hamas, come i tunnel e le fabbriche di armi, per prevenire future aggressioni. La smilitarizzazione della Striscia di Gaza sarà un processo graduale, affidato a paesi arabi che parteciperanno alla creazione di una nuova autorità di transizione.
La posizione di Trump e Netanyahu
Durante la conferenza, Trump ha sottolineato che la palla ora è nel campo di Hamas, essendo questa l’unica parte che non ha ancora accettato il piano. Ha dichiarato: “Tutti gli altri hanno dato il loro assenso. Spero in una risposta positiva da parte loro, ma se non dovesse arrivare, Israele avrà il mio pieno supporto per agire come meglio crede”.
Un consiglio di pace internazionale
In aggiunta, Trump ha annunciato la creazione di un consiglio di pace presieduto da lui stesso, con l’obiettivo di supervisionare l’implementazione del piano. Ha chiarito che si tratta di una richiesta avanzata da leader arabi e israeliani, e per questo ha accettato. Il consiglio includerà anche figure di spicco come l’ex primo ministro britannico, Tony Blair, il quale ha avuto un ruolo significativo nella stesura della proposta.
La collaborazione con diversi stati arabi e musulmani, tra cui Turchia, Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi Uniti, Egitto, Pakistan e Giordania, ha fornito un supporto internazionale per il piano.
Le dichiarazioni di Netanyahu
Netanyahu ha accolto con favore l’iniziativa, affermando che se il nuovo organismo internazionale avrà successo, questo potrebbe segnare la fine definitiva del conflitto. Ha anche avvertito che l’esercito israeliano continuerà a mantenere un perimetro di sicurezza fino a quando sarà necessario.
Riconciliazione con il Qatar
In un momento di tensione, Netanyahu ha colto l’occasione per cercare di riparare i rapporti con il Qatar, promettendo che incidenti come il bombardamento avvenuto il 9 settembre non si ripeteranno. Doha ha aperto alla possibilità di fungere da mediatore nel processo di pace.
Il contesto della conferenza è segnato da un bilancio drammatico: l’operazione militare israeliana avviata in risposta all’attacco del 7 ottobre ha causato oltre 66mila vittime, con migliaia di corpi ancora sepolti tra le macerie. Tuttavia, la conferenza ha omesso di affrontare la questione della creazione di uno stato palestinese, lasciando molte domande senza risposta.